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Nel condannare Ntc alla trasformazione del contratto, al risarcimento a favore del lavoratore (9 mensilità parametrate al 2° livello del ccnl metalmeccanico) e alle spese legali, il giudice ha richiamato sia un pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea sia la sentenza della Corte d’Appello di Lecce favorevole a un altro lavoratore di Ntc iscritto alla Cgil. E richiamandosi alla giurisprudenza e alla legge emerge in sentenza come Ntc abbia di fatto messo in piedi un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, mascherandolo da interinale attraverso una sequela di contratti in somministrazione. In tal modo l’azienda ha eluso (si legge in sentenza) la natura temporanea del lavoro interinale, come da direttiva comunitaria 2008/14.
Per il giudice Carbone, il punto di riferimento interpretativo da seguire in materia di violazioni della normativa sul lavoro interinale è rappresentato dal pronunciamento della Corte di Giusitiza dell’Ue del 14 ottobre 2020, che stabilisce tre parametri fondamentali: se i contratti sottoscritti dal lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducono a una durata dell’attività più lunga di quanto possa essere ragionevolmente qualificato come «temporaneo», ciò può denotare un ricorso abusivo a missioni successive (nuovi contratti di lavoro in somministrazione); missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice eludono le disposizioni della direttiva 2008/104 e costituiscono un abuso di tale forma di rapporto di lavoro perché compromettono l’equilibrio tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima; quando, in un caso concreto, non viene fornita alcuna spiegazione oggettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata ricorra ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, spetta al giudice nazionale verificare se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata.
La successione di rinnovi contrattuali, che fotografano un rapporto di lavoro interinale lungo circa 17 anni, fa ritenere al giudice che tra il lavoratore e la Ntc si fosse instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il 2° livello di inquadramento del ccnl metalmeccanici. Nei contratti, poi, l’indicazione è nominativa: il fatto che sui contratti il nome del lavoratore fosse stampato meccanograficamente per il giudice Amato è la riprova che tra Ntc e agenzia interinale ci fosse preventivo accordo sul nome del lavoratore da somministrare. E qui interviene il riferimento alla sentenza della Corte d’Appello di Lecce su ricorso presentato (e accolto) da un altro lavoratore iscritto alla Cgil: “La nominativa individuazione, da parte dell’utilizzatore, del lavoratore che si richiede in somministrazione comporta un’alterazione dell’istituto della somministrazione per come disegnato dalla legge nei suoi contorni di liceità, nonché una deviazione causale rispetto alla sua funzione tipica. Ed invero, la scelta del singolo lavoratore a cui affidare la prestazione esprime un potere datoriale pieno, che, esercitandosi su aspetti fondamentali del rapporto sin dalla sua nascita, assume la consistenza propria del contratto di lavoro subordinato, il quale, infatti, tipicamente viene stipulato in maniera diretta tra lavoratore e destinatario della prestazione e presuppone una selezione fiduciaria”.
La somministrazione di lavoro, invece, si attua attraverso il collegamento tra due contratti e tre soggetti - somministratore, utilizzatore e lavoratore - e attraverso la scissione tra la titolarità del rapporto di lavoro e la gestione della prestazione lavorativa. Considerando tutto, il giudice ha stabilito che la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e che Ntc abbia violato lo schema legale.