Una novità riguarda il modo seguito dal governo per affrontare in questa legislatura i problemi del lavoro: a differenza della XIV legislatura, in cui il Libro Bianco (ottobre 2001) segnò all’inizio un disegno esplicito di attacco ai diritti del mondo del lavoro, culminati nella proposta di modifica dell’articolo18 dello Statuto dei lavoratori, qui l’azione è meno appariscente, ma non meno devastante. Se volessimo fissarla in una parola, potremmo scegliere il termine “frantumazione”. Anziché l’attacco frontale, si è scelta la via della frantumazione dei diritti, con l’obiettivo di favorire la frammentazione del mondo del lavoro, segmentare i suoi interessi, in modo da impedire, o rendere molto più difficile l’azione dei lavoratori e del sindacato.

Il tempo scelto non è casuale, non solo per la vicinanza con una vittoria elettorale e sociale di vaste dimensioni, e del conseguente sbandamento delle forze di opposizione, parlamentare e non, ma anche per un’ altra ragione: le misure che incidono sul Protocollo del 23 luglio 2007 colpiscono norme che non sono ancora per gran parte divenute esigibili, o che non sono ancora patrimonio comune dei lavoratori. Di qui la necessità di un capillare lavoro di spiegazione e orientamento nell’organizzazione a tutti i livelli, in particolare nel rapporto con i lavoratori.

Deregolare il lavoro: Il titolo potrebbe essere questo, che si raggiunge agendo su quattro filoni:
• manomettendo le misure della legge 247/07 sulle tipologie d’impiego;
• intervenendo sull’orario di lavoro, sugli appalti e sul sistema solidaristico della tutela della malattia;
• stravolgendo gli strumenti di registrazione e controllo dei rapporti di lavoro e impedendo così il controllo ispettivo;
• segmentando gli interessi salariali dei lavoratori.


TIPOLOGIE D’IMPIEGO: ABROGAZIONI E STRAVOLGIMENTI

Si cancellano norme della legge 247/07, relative a criteri di delega (il maggior costo per scoraggiare il part time fino a 12 ore), alla cancellazione (parziale) del lavoro intermittente e delle norme sui disabili; e “conseguentemente” si considerano ripristinati gli articoli del dlgs 276/03 riferiti al lavoro intermittente e ai disabili.

Si tratta di una procedura su cui pesano forti dubbi di illegittimità, dato che è scorretto “resuscitare” norme precedentemente soppresse. Il ripristino del lavoro a chiamata e delle norme sui disabili sconfessa punti esplicitamente concordati nel Protocollo del 23 luglio 2007, e ciò sottolinea il paradosso di un governo che, quando si era sottoscritto il Patto per l’italia, giustificava la successiva legislazione (legge 30 e dlgs 276/03) per “dare corso ad un’intesa sottoscritta con le parti sociali”, e che ora, in presenza di un successivo patto sottoscritto con “le parti sociali”, non si fa alcuno scrupolo di stravolgerne gli esiti. Ne consegue un tema “politico” che riguarda il rispetto dell’autonomia delle parti sociali da parte dell’attuale governo.

Si cancella le legge 188/07 sulle dimissioni volontarie. La motivazione esibita è l’eccessiva farraginosità della procedura prevista, ma non si modifica la procedura, si cancella il diritto!

Contratto a termine
• il lavoro a termine è reso possibile per “esigenze tecniche, produttive, e sostitutive, anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”;
• il vincolo dei 36 mesi, al superamento dei quali scatta la trasformazione a tempo determinato, salvo una sola nuova sottoscrizione di rapporto a termine da siglare presso la Dpl con l’assistenza di un rappresentante sindacale di gradimento del lavoratore, è derogabile dalla contrattazione collettiva a tutti i livelli (nazionale, territoriale, aziendale);
• è rimesso alla contrattazione collettiva, a tutti i livelli, il diritto di precedenza verso impieghi stabili resisi disponibili nei 12 mesi successivi a beneficio di lavoratori a termine con una durata di almeno sei mesi;
• per i soli procedimenti in corso, l’impresa che avesse usato scorrettamente il contratto a termine non è più sanzionata con la conversione del rapporto, ma con una semplice indennità per il lavoratore, compresa tra 2,5 e 6 mensilità.

Si tenta di ristabilire il principio dell’equivalenza tra lavoro a termine e lavoro stabile, lasciandolo al solo insindacabile desiderio dell’impresa. Ciò pone la norma in contrasto con la disciplina comunitaria, e con la giurisprudenza. Ne andranno pertanto contestate le fondamenta, sia sul piano contrattuale (riprendendo nei Ccnl la formulazione “il lavoro subordinato svolto nelle imprese rientranti nella sfera di applicazione del presente Ccnl si intende a tempo indeterminato, salvo le fattispecie di seguito indicate”), e attivato il contenzioso vertenziale, sia in termini di legittimità rispetto all’organizzazione dell’impresa, sia rispetto alla violazione degli obblighi comunitari. Non va sottovalutato il ruolo “derogatorio in peius” che si assegna alla contrattazione collettiva. Soluzioni analoghe ricorrono in tema di apprendistato e di orario, e fanno immaginare che lo scopo previsto per la contrattazione sia l’abbassamento delle norme di legge.

La legge abilita ogni livello contrattuale ad intervenire sul tema, il che si pone in aperto contrasto con la scelta, confermata nel testo Cgil-Cisl-Uil, di assegnare esclusivamente al Ccnl il compito di definire spazi ed ambiti di pertinenza del secondo livello. La norma sul contenzioso è palesemente incostituzionale, violando il principio di uguaglianza, e quindi chi si trovasse in quelle condizioni troverà nelle strutture della Cgil ogni sostegno per rivendicare l’incostituzionalità della norma.

Lavoro accessorio (vouchers)
Si allarga la normativa del dlgs 276/03:
• si ammette lo svolgimento di questa modalità per nuovi settori, quali la consegna di stampa e periodici;
• si introduce un nuovo soggetto, i giovani sotto i 25 anni iscritti all’università o alle scuole superiori;
• si individuano i soggetti abilitati ad emettere i vouchers: l’Inps, le agenzie di somministrazione, le camere di commercio, comuni, scuole secondarie e università , le organizzazioni sindacali di lavoratori e datori di lavoro, gli enti bilaterali;
• il lavoro con voucher potrà essere svolto da chiunque.

Anziché limitare questo strumento a specifici spicchi di lavoro dove il sommerso avrebbe potuto essere aggredito (il lavoro aggiuntivo rispetto al normale lavoro domestico), la scelta è di usare i voucher come strumento di destrutturazione di interi settori lavoratori, come quelli dove i giovani lavorano d’estate (turismo stagionale, pubblici esercizi, ecc.). In questo modo si raggiunge l’obiettivo opposto a quello conclamato, ossia far “emergere spezzoni lavorativi frammentati”. Da notare anche che nel voucher è incluso il contributo previdenziale, per cui in agricoltura si tradurrà in un calo delle giornate accreditate e quindi nell’abbassamento degli anni di contribuzione maturati, oltre che nell’irrilevanza di queste giornate per il raggiungimento delle soglie ai fini dell’indennità di disoccupazione. Idem dicasi ai fini dell’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti.

Oltre ad affermare che gli enti bilaterali di fonte pattizia non sono per noi abilitati all’emissione del voucher (è necessaria una modifica statutaria), bisognerà impedire che nei settori “strutturati ma a rischio” (agricoltura, pulizie, turismo, ecc.) possa prendere piede l’attività del pagamento delle prestazioni con il voucher, attraverso una attenta e rigorosa attività di vigilanza e di diffida per le imprese che volessero usare i vouchers in alternativa all’applicazione del Ccnl.

Apprendistato professionalizzante
Si escludono le Regioni dalla titolarità sulla formazione dell’apprendista se svolta interamente nell’impresa. In tal caso l’intera partita, dalla definizione di cosa sia formazione, alla sua durata, al riconoscimento dei risultati e alla trascrizione nel libretto formativo, è di pertinenza degli attori della contrattazione collettiva, a qualsiasi livello, e degli enti bilaterali. Viene eliminata la durata minima di due anni.

È pendente, per l’anno 2008, una delega al governo per riformare “previa intesa con le Regioni e le parti sociali” il contratto di apprendistato: il nuovo governo ha proceduto come se non ci fosse, intervenendo sul merito dell’istituto in modo del tutto contraddittorio con i criteri definiti dalla legge 247. Ne consegue che, singolarmente e/o d’intesa con le Regioni, vanno indagati i motivi per un’eccezione di incostituzionalità. L’eliminazione di una durata minima, che renderebbe possibile lo svolgimento dell’apprendistato per periodi incompatibili con la formazione.

L’esclusione del ruolo dell’attore pubblico in caso di formazione svolta solo in azienda è antitetica al concetto di “contratto a causa mista”, proprio dell’apprendistato. Si configura l’uso distorto di un rapporto di lavoro con costo inferiore e di formazione solo “adattativa” nel migliore dei casi. Lo stesso ruolo della contrattazione collettiva rischia di subire slittamenti anche in questo caso.


ORARIO, APPALTI E TUTELA DELLA MALATTIA

Riposo settimanale
Si prevede che “il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni”.

Si infrange un principio costituzionale (art. 36 della Costituzione); di qui un’indicazione affinché i testi contrattuali siano coerenti con questo principio e, nel caso, si attivi un contenzioso mirato.

Deroghe contrattuali
Si prevede che le norme sui riposi giornalieri, le pause, il lavoro notturno e le modalità per la sua introduzione sono derogabili tramite specifiche disposizioni dei Ccnl, altrimenti possono intervenire i livelli contrattuali territoriali e aziendali.

Siamo in presenza di un uso inaccettabile del ruolo della contrattazione, e di un esplicito attacco alla gerarchia delle fonti contrattuali. E ciò si innesta in un campo, quello della contrattazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che è tipico della contrattazione svolta in azienda o addirittura sul posto di lavoro, e che normalmente viene ammessa come articolazione e integrazione di quanto disposto dal Ccnl, in particolare sull’articolazione degli orari.

Di fatto si tratta di uno schema in base al quale non esiste altro che un’infinita serie di “accordi” di posto di lavoro, ma sono sparite regole comuni, che, oltre a tutelare le persone, dovrebbero avere il valore di “regole concorrenziali comuni”. si prevede anche la soppressione di sanzioni riguardanti le violazioni delle misure sui riposi, e sulle ferie.

Appalti
Si cancellano le norme previste dalla cosiddetta legge “Visco Bersani” (legge 248/06) che prevedevano al strumentazione applicativa del principio di solidarietà tra committente e appaltatori: è rimasto il principio, ma senza strumenti applicativi. Si prevede la soppressione delle sanzioni per chi non impone, negli appalti, l’obbligo di portare il cartellino identificativo personale.

Dietro il termine “semplificazione” si abbassano i livelli di tutela.

Malattia
Si prevede l’esonero dal pagamento del contributo di malattia all’Inps (2,44% sull’imponibile contributivo) per le imprese che corrispondano interamente ai propri dipendenti l’indennità in caso di malattia.

Sotto le spoglie dell’invarianza del trattamento per i lavoratori si cela un attacco gravissimo alla natura solidaristica del welfare. Infatti, si incentiverà così un comportamento che spingerà le imprese con bassa incidenza degli eventi morbosi a pagare direttamente ai propri dipendenti l’indennità di malattia, uscendo così dal finanziamento del sistema pubblico, che si vedrà “costretto” a diminuire le prestazioni.


“SEMPLIFICARE”

Il libro unico del lavoro
Vengono soppressi il libro matricola, il libro presenze, il libro paga e sostituiti da un “libro unico del lavoro”, in cui i datori di lavoro, eccetto nel lavoro domestico, devono annotare, per ogni dipendente, collaboratore e associato in partecipazione, il codice fiscale, il nome e il cognome, la retribuzione base, l’anzianità di servizio e la posizione assicurativa. Mensilmente, vanno segnate le ore di straordinario, ogni emolumento percepito, le trattenute operate, il numero di ore giornaliere effettuato, le ferie e i riposi. Le annotazioni sul libro unico vanno fatte entro il 16° giorno del mese successivo.

Con la consegna al lavoratore di copia delle “scritturazioni” del libro unico, è assolto l’obbligo di consegna della busta paga. Il libro unico può essere anche compilato e conservato presso lo studio di un commercialista iscritto all’albo. In tal caso il datore di lavoro deve comunicare la sua scelta alla Dpl. Il libro unico non deve essere più conservato per dieci anni dalla fine del rapporto con l’impresa, come avveniva prima, ma solo per cinque.

Dietro la parola “semplificazione” si opera una manomissione degli strumenti in grado di consentire al lavoratore e alle funzioni ispettive di operare un controllo delle condizioni di lavoro. Con l’alibi della comunicazione obbligatoria on line, che rimane, si eliminano gli strumenti in grado di far svolgere efficacemente all’ispettore la sua funzione di controllo.


SEGMENTARE GLI INTERESSI, DETASSAZIONE DI STRAORDINARIO E PREMI AZIENDALI

Si introduce sperimentalmente, dal 1° luglio al 31 dicembre, una tassazione separata al 10% di alcuni istituti, riservata ai lavoratori dell’impiego privato il cui reddito 2007 sia stato inferiore a 30.000 euro, e nel limite massimo di 3.000 euro. Gli istituti interessati sono:
• premi connessi all’andamento dell’impresa;
• straordinario;
• supplementare e clausole elastiche per i lavoratori part time assunti prima del 1° luglio 2008.
La tassazione al 10% fa sì che queste somme non entrino nel reddito individuale ai fini fiscali, mentre sono computabili ai fini delle prestazioni previdenziali e assistenziali. È fatta salva la facoltà della persona di optare per il vecchio regime di tassazione.

Premi: la definizione non è limitata a quelli frutto della contrattazione collettiva, ma solo a quelli connessi agli andamenti aziendali, il che fa rientrare nelle agevolazioni le erogazioni unilaterali dell’impresa.

Supplementare: il paradosso è che si decide di premiare fiscalmente chi fa meno ore di chi svolge solo l’orario pieno contrattuale! Oppure, il che è lo stesso, si decide di premiare uno solo di due ipotetici lavoratori che fanno 40 ore, solo perché uno dei due è un part time! L’ulteriore conseguenza è che viene pesantemente compromessa la scelta, da sempre perseguita dal sindacato, di battersi per il consolidamento del lavoro supplementare, svolto in via non occasionale, nell’orario contrattuale del part time: adesso la convenienza è quanto meno dubbia, dato che il vantaggio economico è per lo svolgimento in sé della prestazione supplementare, e non per la sua inclusione nell’orario contrattuale, che sposterebbe le ore in più nell’area della tassazione “pesante”. È comunque evidente che la nuova normativa si tradurrà in una spinta per le imprese a privilegiare rapporti a part time con poche ore, potendo confidare sulla spinta delle persone ad integrare il reddito con il supplementare fiscalmente sgravato, il che è l’esatto contrario del governo processuale della flessibilità dell’organizzazione del lavoro che è sempre stata la nostra scelta.

Cessazione delle agevolazioni: si prevede la fine delle esenzioni fiscali per i sussidi occasionali per Le vittime di usura e di estorsione! Che lo straordinario possa trasformarsi in incremento di produttività è un postulato mai dimostrato, dato che è noto che gli orari di lavoro italiani sono, nella classifica internazionale, nella metà superiore.

* Coordinatore Dipartimento Politiche attive del lavoro Cgil nazionale