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“Il futuro è servizi pubblici”. Queste le parole d’ordine alla base della manifestazione indetta da Cgil, Cisl e Uil del pubblico impiego per sabato prossimo, 8 giugno. Bisogna intervenire con urgenza perché la pubblica amministrazione è al collasso, rischia l'implosione con gravi conseguenze sui lavoratori e sulla tenuta dei servizi per i cittadini. È quanto emerso oggi (5 giugno) dalla conferenza stampa congiunta di Fp Cgil, Cisl Fp, UilPa e UilFpl che si è svolta a Roma a Palazzo Valentini.
"La situazione del pubblico impiego è diventata insostenibile, come dimostrano i recenti casi nella sanità. Con l'uscita di 500 mila lavoratori nei prossimi tre anni il sistema rischia di non reggere, per questo è importante andare in piazza sabato. Stiamo registrando una vasta adesione, la manifestazione sarà molto partecipata". Lo afferma il segretario nazionale della Fp, Fabrizio Rossetti. La rotta va invertita subito: rinnovo di tutti i contratti, un piano straordinario di assunzioni e maggiori risorse per i servizi sono le richieste principali dei sindacati. "Dalla piazza chiederemo concretezza - aggiunge -: per il ministro Bongiorno la soluzione è prendere le impronte digitali dei lavoratori, questo dimostra la profonda spaccatura tra il governo e il Paese reale".
Sulla stessa linea gli altri sindacati. Il segretario nazionale della UilPa, Sandro Colombi, rilancia l'allarme: "Se andiamo avanti in questo modo la pubblica amministrazione italiana rischia proprio di sparire, per essere sostituita da qualcos'altro". Così Franco Berardi, segretario nazionale della Fp Cisl: "Nel Def c'è scritto che arriveranno 10 miliardi in tre anni da privatizzazioni: l'intenzione del governo è privatizzare servizi pubblici, l'ha messo nero su bianco".
Un decennio devastante
Nel periodo 2008-2017 il numero dei dipendenti pubblici si è ridotto complessivamente di 257.661 unità, pari al 7,5% del totale. In Italia 13 lavoratori su 100 operano nel pubblico, 7 in meno della Francia: per raggiungere la dotazione organica adeguata per il carico di lavoro servirebbe assumere oltre 250 mila persone. Con l'entrata in vigore di Quota 100 dai comparti usciranno almeno 500 mila unità, mentre la manovra 2019 ha previsto 33 mila assunzioni straordinarie che dovrebbero consentire l'iniezione di nuove risorse, ovviamente insufficienti a coprire le uscite dall'impiego. Non va meglio sul fronte dell'età media, che è passata dai 47,19 anni del 2001 ai 50,64 anni del 2017. Le retribuzioni sono ferme: dal 2010 al 2017, negli anni più duri della crisi, nulla è cambiato nelle buste paga pubbliche per effetto della riduzione di spesa e del blocco dei contratti: I numeri dicono che la media annua è pari a 34.687 euro nel 2010 contro 34.491 nel 2017: vengono stimati oltre 3.000 euro persi solo per il mancato recupero del potere d'acquisto. Questi, in sostanza, i numeri ribaditi dai sindacati.
Le richieste di Cgil, Cisl e Uil
Tanti i motivi alla base della mobilitazione. Nello specifico, le sigle di categoria chiedono lo sblocco immediato del turn-over, un piano straordinario di assunzioni e la stabilizzazione di precari, perché avere meno personale "significa non solo carichi di lavoro insostenibili, ma anche una penalizzazione per la qualità e quantità dei servizi che si è in grado di offrire ai cittadini". Poi è necessario arrivare al rinnovo di tutti i contratti pubblici, per i quali oggi non ci sono risorse adeguate, e alla firma dei contratti privati. Il caso più clamoroso è quello della sanità privata: "Parliamo di persone che si occupano della nostra salute, della nostra assistenza e di quelli dei nostri cari e delle persone più fragili", ricordano.
Inoltre occorre "cancellare le iniquità e le disparità nel sistema previdenziale sia nel settore pubblico riguardo al trattamento di fine rapporto, sia su quota 100 e sui lavori gravosi nei settori pubblici e privati". Serve una contrattazione piena sui processi di riorganizzazione e sulle questioni del personale per dare più valore alla contrattazione decentrata, tutelare la dignità dei lavoratori contro ogni forma di delegittimazione della funzione e contro ogni forma di controllo invasivo, dalle impronte alle telecamere. Le sigle rivendicano più investimenti nei servizi pubblici, per il loro rafforzamento e per contrastare i processi di esternalizzazione che determinano dumping contrattuale e mancata universalità dei diritti per i cittadini.
Rossetti: tre motivi per scendere in piazza
“Sanità, ministeri, enti previdenziali, enti locali, servizi sociali, tutte le professionalità degli addetti alla cura della persona e alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini: in migliaia scenderanno in piazza per manifestare la loro rabbia e frustrazione rispetto alle politiche del governo”. Così Fabrizio Rossetti interpellato da Rassegna Sindacale.
Sono tre i grandi temi che i sindacati porteranno in piazza. Innanzitutto “il contratto scaduto e non finanziato”; poi c’è la richiesta di “un piano occupazionale straordinario e immediato che provi a mettere in sicurezza i servizi pubblici, perché nei prossimi due o tre anni circa mezzo milione di lavoratori lasceranno la pubblica amministrazione. Questo processo di uscita – sottolinea Rossetti – rischia di mettere in ginocchio i diritti dei cittadini che il pubblico garantisce”. E infine il sistema di welfare per il quale i sindacati chiedono maggiori risorse: “Servono più soldi per la sanità, per i servizi sociali e per quella rete garantita dalle autonomie locali e dal sistema sanitario nazionale che supplisce e aiuta i cittadini a maggior ragione durante un periodo di crisi profonda come quello che stiamo vivendo”.
Il corteo di sabato
Appuntamento sabato a Roma, in piazza della Repubblica alle ore 9. Da qui partirà un corteo che sfilerà lungo via Vittorio Emanuele Orlando in direzione largo di Santa Susanna, per poi passare in piazza Barberini e risalire da via Sistina verso piazza della Trinità dei Monti, quindi riscendere fino a piazza del Popolo, dove si terranno gli interventi conclusivi. Alla manifestazione parteciperanno i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, oltre che i segretari delle categorie dei servizi pubblici, Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli, Michelangelo Librandi e Nicola Turco.