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A leggere i quotidiani – purtroppo con rarissime eccezioni – pare che per un insegnante basti avere 55 anni e un po’ di paura del covid per dichiararsi lavoratore fragile e non andare a scuola. Il virus delle fake news, come se non bastasse quello sanitario, rischia di portare altri elementi di tossicità in un anno scolastico che si preannuncia molto complicato. Nelle ultime settimane è scoppiata una polemica priva di sostanza sul gran numero di insegnanti che si starebbero rifiutando di sottoporsi al test fisiologico.
In realtà da un'indagine a campione realizzata dalla Flc Cgil le richieste di rientrare nella categoria dei lavoratori fragili sono inferiori al 3 per cento. Un dato molto basso, se si considera anche l'età media avanzata del personale della scuola. Ma, attenzione: parliamo di richieste, perché poi c’è una procedura rigorosa che dovrà certificare chi può rientrare in questa categoria, il che poi non significa “stare a casa”: le scuole dovranno trovare le modalità organizzative per farli lavorare in sicurezza. Un esempio: un collaboratore scolastico "fragile" che arriva al lavoro con i mezzi pubblici, non è detto che debba prendere servizio alle 8, quando l'assembramento crea rischi maggiori di contagio, ma magari più tardi, anche a mezzogiorno.
La materia in ogni caso è regolata da norme e regole stringenti che hanno un solo obiettivo: tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola. Per la ripartenza delle attività, infatti, è necessario garantire condizioni di sicurezza, a maggior ragione per quei lavoratori che, per particolari condizioni di salute, potrebbero essere più esposti al rischio di contagio. D’altro canto è bene sottolineare che i lavoratori fragili saranno in ogni caso chiamati, nelle forme idonee, a garantire comunque le loro prestazioni. Il ministero, spiegano alla Flc Cgil (che sulla materia ha realizzato un utile approfondimento), “si è impegnato, sottoscrivendo il Protocollo nazionale sulla sicurezza, a fornire disposizioni chiare in materia, prevedendo anche uno specifico confronto con le organizzazioni sindacali al fine di individuare le possibili forme di utilizzazione di questo personale. Auspichiamo che prima dell’inizio delle lezioni tutti i dubbi e i problemi trovino le necessarie soluzioni”. Vediamo nel dettaglio come sarà regolato questo capitolo così importante per lavoratori e famiglie.
Chi sono i lavoratori fragili
Il decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, emanato in seguito all’emergenza sanitaria, ha introdotto la “sorveglianza sanitaria eccezionale”, che riguarda i “lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da morbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità”. Insomma: il concetto di fragilità va individuato nelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alle patologie preesistenti (due o più patologie) che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto. Questa sorveglianza sanitaria eccezionale deve essere assicurata dal datore di lavoro a richiesta del lavoratore interessato che può appunto chiedere di essere sottoposto a una specifica visita medica. La visita dovrà essere svolta dal medico competente o da medici del lavoro dei servizi territoriali dell’Inail.
Dopo la visita
Se attraverso la visita viene accertato che le condizioni del lavoratore sono effettivamente a rischio più elevato per eventuale contagio da Covid-19, il medico competente indica al datore di lavoro le misure o le limitazioni temporanee da adottare a tutela della salute del lavoratore fragile. Il che non significa necessariamente “stare a casa”, ma anche utilizzare ulteriori dispositivi di sicurezza (ad es mascherine Ffp2); trovare nuove modalità organizzative, essere assegnati a un’altra postazione e, naturalmente, per gli Ata operare a distanza, cioè con forme di lavoro agile. Tali misure dovranno essere commisurate dal medico competente in base allo stato di salute del lavoratore e in rapporto alla tipologia di lavoro e alle specifiche condizioni di sicurezza presenti nel posto di lavoro”. Solo “se nessuna delle prescrizioni sopra indicate è attuabile, il lavoratore potrà essere riconosciuto temporaneamente inidoneo, fino alla data indicata dal medico competente e comunque almeno sino alla fine del periodo di emergenza”, sottolineano in Flc. Importante, dal punto di vista sindacale, il fatto che questa eventuale inidoneità non può comportare il licenziamento del lavoratore.
Un po’ di confusione
Il dl 104/2020 ha escluso la possibilità che il personale scolastico, diversamente da tutti gli altri lavoratori pubblici, possa essere utilizzato in modalità agile per tutto l’anno scolastico. A questa grave mancanza ha messo una toppa il dl 83/202 che ha prorogato fino al 15 ottobre 2020 alcune misure già adottate adottate nel passato anno scolastico, in particolare la proroga delle disposizioni relative al “lavoro in modalità agile” per “i lavoratori Ata maggiormente esposti a rischio di contagio”. Questo significa che per i lavoratori fragili il lavoro a distanza resta un diritto fino alla fine dello stato di emergenza.
I problemi irrisolti
In conclusione sono due i problemi irrisolti. Il primo è che non sono state ancora definite quali sono le prestazioni lavorative in ambito scolastico che possono essere svolte a distanza, in modo tale che qualora un lavoratore venisse dichiarato “fragile” sarebbe chiaro immediatamente come poterlo utilizzare. L’altro problema è che le scuole spesso non hanno a disposizione il medico competente, con la conseguenza che il lavoratore può avere difficoltà o comunque ritardi nell’essere sottoposto a visita. Su questi temi il governo nel protocollo del 6 agosto 2020 si era impegnato a intervenire, ma questo ancora non è accaduto. Insomma: altro che lavoratori “furbetti”, qui a essere chiamata in causa per un inizio dell’anno scolastico sicuro per tutti è la responsabilità del governo.