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Premi per chi va a lavorare anche in tempi di Coronavirus. Ma soprattutto accordi sindacali per garantire la salute e la sicurezza dei dipendenti in tutti gli stabilimenti e per impegnare le aziende a coprire in busta paga la quota di cassa integrazione che lo Stato non versa. Il settore alimentare, aperto perché essenziale, in attività anche se a ranghi ridotti, in produzione sebbene ridimensionata, è in prima linea nella battaglia al contrasto e al contenimento della pandemia, perché garantisce con continuità i rifornimenti dei negozi e dei supermercati, e in definitiva consente che il cibo arrivi sulle nostre tavole. E in queste settimane si distingue anche per i comportamenti virtuosi.
La sicurezza prima di tutto
“Innanzitutto le aziende hanno affrontato insieme ai sindacati il tema della sicurezza - spiega Ivano Gualerzi, segretario nazionale Flai Cgil, sindacato di categoria -. In tutte le imprese e in tutti i siti produttivi siamo riusciti a ottenere la costituzione del Comitato composto dalle Rsa e Rls e dalla direzione, previsto dal protocollo firmato tra governo e parti sociali. In alcuni casi c’è voluto più tempo, in altri meno, ma per essere operativi senza indugi la norma è stata subito applicata”. Al primo posto quindi sono state messe le persone e la salute dei lavoratori. E per farlo, in molti casi è stata rallentata la produzione, alleggerito le linee, ridotto l’impegno degli stabilimenti, l’unico modo per creare le condizioni di sicurezza indispensabili per proseguire le attività.
Calo delle produzioni
Queste riduzioni hanno coinciso nella maggior parte delle aziende con un calo degli ordini sulle produzioni, per via delle chiusure di ristoranti e trattorie, bar, gelaterie, e così via. La Barilla per esempio, ha applicato una riduzione del 50 per cento della produzione di pasta, con una rotazione delle squadre e l’introduzione di un’organizzazione diversa del lavoro. “Ma non si creda che arrivare a questi risultati sia stato una passeggiata, anzi - prosegue Gualerzi - abbiamo dovuto lavorare nel quotidiano per chiedere di aprire una discussione vera su tutto ciò che era necessario per consentire a lavoratori di andare a lavorare. Un confronto che andasse al di là delle carte e della burocrazia, con soluzioni che portassero a casa un risultato di reale sicurezza”. Soprattutto nei territori maggiormente colpiti dalla pandemia, nei momenti di picco più alto di contagi, i sindacati e le aziende si sono ritrovati a dover affrontare il problema dell’assenteismo, provocato da diversi fattori: dalle famiglie in situazioni drammatiche, colpite da malattie e lutti, alla paura di contrarre il virus, indipendentemente dalle condizioni garantite sul posto di lavoro.
Proteggere il reddito
Dopo aver salvaguardato sicurezza e produzione, si è passati quindi a proteggere il reddito dei lavoratori, il potere di acquisto delle famiglie. In che modo? Chiedendo alle aziende di coprire la quota della cassa integrazione non a carico dell’Inps, e quindi garantire a tutti i dipendenti il 100 per cento della retribuzione mensile. Un risultato significativo a fronte di una situazione così complicata, che assicura il governo e la gestione di una fase delicata senza gravare ancora di più sui lavoratori. “Abbiamo sottoscritto accordi ad hoc in Peroni, Granarolo, Ferrero, Heineken, Nestlè Italiana e Sanpellegrino, in tutti i siti - racconta Sara Palazzoli, segretaria nazionale Flai Cgil -. Gli accordi raggiunti sono segnali importanti di come le positive relazioni industriali saranno decisive per rilanciare l’economia del nostro Paese e il reddito dei lavoratori, con una rinnovata sensibilità sul tema della salute e della sicurezza”.
E poi ci sono i bonus
Alcune aziende, poi, soprattutto grandi gruppi, hanno deciso di premiare i lavoratori presenti in fabbrica durante l’emergenza sanitaria, un riconoscimento a tutti i dipendenti che garantiscono la continuità produttiva, con un bonus o una quota percentuale della retribuzione. Peroni, Ferrero, Granarolo, Nestlè Sanpellegrino, solo per fare alcuni esempi. “I bonus, decisi unilateralmente dalle aziende hanno risonanza, anche sui media, anche perché le aziende li pubblicizzano – conclude Gualerzi della Flai -. Ma gli accordi sindacali che abbiamo chiuso e quelli stiamo discutendo vanno ben al dì là dei bonus da 3-400 euro: danno una risposta ai lavoratori che perdono salario e sono nel solco di una corretta pratica sindacale”.