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Dopo gli scioperi di novembre e dicembre, la Cgil riparte dalle tante questioni aperte. “Dai problemi non risolti: l'emergenza salari, la precarietà, una riforma fiscale progressiva, il sistema industriale e sociale che non tiene più”, spiega il segretario generale Cgil Maurizio Landini in un’intervista apparsa oggi (lunedì 22 gennaio) sulle pagine di Repubblica.
“Ci sono 12,5 milioni di lavoratori che aspettano il rinnovo del contratto, sia nel pubblico sia nel privato”, prosegue il leader sindacale: “Il lavoro povero sta esplodendo: solo il 16,5% dei contratti attivati lo scorso anno è stabile. Gli altri sono precari e aumenta il ricorso al part-time involontario. L'evasione viene legalizzata con il concordato preventivo biennale”.
La Cgil chiede al governo di ritirare la delega sul lavoro. “Mai successo che il governo si faccia dare la delega dal Parlamento per reintrodurre le gabbie salariali e modificare la contrattazione senza coinvolgere le parti sociali”, argomenta Landini: “Sono otto anni che la Cgil, in Italia e in Europa, chiede che i contratti nazionali abbiano valore di legge e i loro minimi retributivi estesi a tutti. Fino alla definizione di un salario orario minimo che cancelli i contratti pirata”.
La Cgil, oltre ad avversare la Lega sui salari differenziati, è anche contraria all’idea della ministra del Lavoro Calderone di agire sul contratto di secondo livello. “La difesa e l'aumento del potere d'acquisto sono compiti dei contratti nazionali, non di quelli aziendali”, illustra il segretario generale: “Il governo pensa a una contrattazione adattiva, che aggiusta l'inflazione seconda dove sei. Per noi è inaccettabile. Un modo per mettere in discussione i contratti nazionali e abbassare i salari”.
Per contrastare l’inflazione la Cgil chiede “a governo e imprese di sostenere i rinnovi. Anche con la detassazione degli aumenti contrattuali, lato governo. E con il ritorno al tavolo delle trattative, lato imprese”. Landini rileva che “la busta paga di gennaio sarà la stessa di dicembre. Il taglio Irpef vale tra 7 e 10 euro lordi al mese per i salari bassi. Nel frattempo il carrello della spesa non si è abbassato”.
Le categorie stanno presentando le piattaforme per i rinnovi: “Solo nel commercio, turismo e servizi contiamo 12 contratti scaduti da anni. Nessuna risposta, nonostante lo sciopero unitario. Poi toccherà a metalmeccanici, tessili, edili, artigiani. Oltre ai lavoratori pubblici: di fronte a un'inflazione del 17% tra 2022 e 2024, il governo ha stanziato solo il 5% per il pubblico impiego”.
Altro tema centrale è la previdenza. Il governo ha “peggiorato la Fornero, ridotto l'indicizzazione, aumentato l'età di uscita anche dei medici. Dovrebbero smettere di prendere in giro le persone. La prima riforma per i giovani è cancellare la precarietà, dare lavoro stabile e dignitoso. Se sei precario per 20-30 anni, la pensione non ce l'avrai. Per questo rivendichiamo una pensione di garanzia e il riconoscimento del lavoro di cura”.
Grande preoccupazione c’è anche per l’acuirsi delle crisi industriali. “Abbiamo bisogno di strategie di sviluppo”, dice Landini: “Dobbiamo fare scelte strategiche per guidare le transizioni ambientale e digitale, invece siamo in ritardo. Non abbiamo una politica industriale, andiamo avanti solo con incentivi e marchette elettorali”.
A soffrire è l’automotive, con il governo che vuole da Stellantis un milione di vetture prodotte all'anno: “Detto così il milione non significa nulla. Se si includono i veicoli industriali della Sevel, siamo a meno di 700 mila vetture. Il tema non è risolto. Poi c'è la componentistica, richiesta dall'estero perché siamo bravi. Eppure assistiamo solo a svendite, come accaduto alla Magneti Marelli. Chiediamo a proprietari e governo di attivare tavoli per dare un futuro a tutto il settore”.
Landini evidenzia che un secondo produttore auto si può ottenere solo “investendo in ricerca e innovazione, e ricostruendo le filiere. Dare incentivi senza condizioni è buttare soldi. L'Italia è l'unico Paese con un solo produttore di auto. Non è così in Francia, Germania, Giappone. Tutti gruppi che hanno una presenza pubblica nel capitale. Fare politica industriale non è lasciar fare al mercato”.
Il segretario generale Cgil, pur sottolineando che “l’intervento all'ex Ilva è anche una nostra richiesta per garantire un futuro a produzione, impianti e lavoratori”, conclude rilevando che “siamo a una svendita di asset strategici del Paese col solo obiettivo di fare cassa, senza una strategia. Come con Tim, facendo uno spezzatino dell'azienda e vendendo la rete a un fondo americano. Un conto è cercare capitali stranieri, un conto è avere una politica industriale. Questo governo non ce l'ha”.