La legge sull’autonomia differenziata aumenta i divari e le diseguaglianze, non solo a danno del Mezzogiorno, ma negando la crescita dell'intero Paese”. Per il segretario generale Cgil Maurizio Landini, intervistato oggi (lunedì 1° luglio) dalla Stampa, il provvedimento “colpisce il diritto all'istruzione e alla sanità, compresa l'azione di prevenzione per gli incidenti nei luoghi di lavoro”.

L’autonomia differenziata

Il leader sindacale evidenzia che la nuova legge “mette in discussione il contratto nazionale di lavoro e non vi saranno più politiche industriali e infrastrutturali valide per tutti”. Riguardo in particolare i ccnl, rimarca che “con l'autonomia differenziata nei fatti si torna alle gabbie salariali superate alla fine degli anni Sessanta”.

L'autonomia differenziata, insomma, è “una controriforma, il trionfo della retorica delle piccole patrie. È in campo un pericoloso tentativo di modificare la Costituzione. Noi vogliamo difendere la nostra democrazia praticandola. E su questa contrarietà si sta costruendo un fronte ampio di sindacati, partiti e realtà associative, a partire da quelle della Via Maestra”.

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La legge di bilancio

Entro fine settembre il governo deve presentare la bozza della legge di bilancio per il 2025. “Non siamo disponibili a nuovi tagli a sanità, salari e pensioni, chiediamo il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego”, argomenta il leader sindacale: “Non si può continuare a pagare così male insegnanti, medici e infermieri, vedere professionisti e giovani laureati fuggire all'estero in cerca di una vita più dignitosa. Il governo deve cambiare registro. Diversamente estenderemo la mobilitazione”.

Riguardo l’annoso tema delle risorse, Landini ricorda che “in Italia ci sono 90 miliardi di evasione fiscale. La Corte dei conti ci ricorda che viene recuperato solo il 20% delle tasse non versate. Su profitti ed extraprofitti il governo non ha chiesto un euro. Anzi, con la delega fiscale prosegue con i condoni e il concordato preventivo, alimentando evasione fiscale e contributiva”.

Il dialogo con l’esecutivo, dunque, sembra davvero difficile. “Il governo – aggiunge il segretario generale Cgil – non sta riconoscendo il ruolo del sindacato. Fino ad ora non ha accettato di aprire una vera trattativa sulle piattaforme presentate su fisco, sanità, pensioni e sicurezza sul lavoro”.

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Il caporalato

Sabato 6 luglio la Cgil sarà a Latina per una manifestazione nazionale contro il caporalato: “Di fronte alla morte disumana di Satnam Singh, alla strage continua di morti sul lavoro, all'impoverimento e alla precarietà di chi per vivere ha bisogno di lavorare, è il momento di una mobilitazione permanente”.

Nella tragica vicenda di Latina, Landini non vede soltanto “il caso di un imprenditore che ha commesso un gravissimo reato di omissione di soccorso e lasciato morire un giovane lavoratore. Non c'è solo la responsabilità di un imprenditore dentro un sistema sano, come sostiene il governo”. La realtà è che “il caporalato e il lavoro nero stanno ovunque: in agricoltura, nell'edilizia, nella logistica, nei servizi, nel commercio, nella moda. È un sistema che trasforma le persone in merce”.

Per il leader sindacale occorre anzitutto “cambiare la legge Bossi-Fini. Solo il 20 per cento di chi arriva con il decreto flussi ottiene il permesso di soggiorno e un contratto di lavoro regolare. Tutti gli altri sono costretti alla clandestinità”.

Ma c’è di più. “In Italia ci sono tre milioni di lavoratori in nero”, prosegue Landini: “Con l'attuale numero di ispettori si può sperare in un controllo per azienda ogni sedici anni, e infatti nei primi mesi del 2024 il numero di morti sul lavoro è cresciuto. Nel Pnrr ci sono 200 milioni da investire nell'accoglienza e nelle abitazioni per superare i ghetti: che si investano”.

L’ultima battuta è sull’impegno del sindacato contro il caporalato. “Insieme alla Flai abbiamo dato vita alle brigate per il lavoro”, conclude il segretario generale Cgil: “A Modena c'è stato un lavoratore edilizio che veniva pagato un euro l'ora. Ha avuto un infortunio, si è rivolto alle nostre strutture, che hanno aperto una vertenza e c'è stata una sentenza grazie alla quale al lavoratore è stato concesso il permesso di soggiorno, riconoscendo il grave sfruttamento. È il primo caso in Italia”.