Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, è tornato a parlare di sicurezza sul lavoro e della morte del bracciante indiano a Latina, a margine dell’iniziativa per i 50 anni della Cgil Toscana.

È una strage, lo diciamo da tempo. Quello che emerge è un modello di fare impresa che uccide, che è fondato sulla riduzione dei diritti e dei costi. Il lavoro è considerato una merce da comprare e vendere. A Latina è stato un atto di schiavismo disumano e sentire il commento dell’imprenditore, sentirgli dire che il bracciante è morto per una sua leggerezza, è come sentirgli dire che quello che è successo è un prezzo che si deve pagare a quel modello di fare impresa. Io credo che sia non più accettabile, bisogna cominciare ad agire, bisogna vietare di fare impresa in quel modo, vanno applicate le leggi che esistono nel nostro Paese. Qui parliamo di lavoro nero, caporalato, di persone clandestine: e allora bisogna cancellare la Bossi-Fini, muoversi in una misura completamente diversa. Non a caso noi stiamo facendo questa campagna referendaria: vogliamo cancellare leggi sbagliate perché questo modello di fare impresa in realtà è frutto della legislazione che negli ultimi venti anni si è affermata nel nostro Paese che ha reso possibile l’appalto, il subappalto, il lavoro precario, la logica fondata sulla riduzione dei diritti e non su qualità e innovazione. Il governo dia risposte e faccia leggi in questa direzione e anche il sistema delle imprese deve cominciare a prendere le distanze. Bisogna salvaguardare gli imprenditori seri, che rispettano i lavoratori e i diritti. In ballo c’è la libertà delle persone: una persona non è libera quando è precaria, quando rischia di morire al lavoro, quando non ha un salario dignitoso. E questa libertà bisogna affermarla con tutti gli strumenti a disposizione, dal referendum alle lotte, alla mobilitazione, ai contratti

Maurizio Landini

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