PHOTO
Il 13 gennaio scorso l'azienda Lafert Spa del Gruppo Sumitomo ha comunicato ai sindacati e alle Rsu di tutti gli stabilimenti italiani la chiusura del sito di Fusignano, provincia di Ravenna, prevista per il 31 marzo prossimo. A perdere il posto saranno 60 lavoratrici e lavoratori.
“Una decisione grave e inaccettabile – commentano le organizzazioni e i rappresentanti – visto e considerato che si possono ancora utilizzare gli ammortizzatori sociali per gestire il perdurante vuoto di lavoro. Tale decisione unilaterale non può essere presa in considerazione, vanno riviste le scelte e, soprattutto, si avvii quanto prima un confronto nel merito dei carichi di lavoro e degli investimenti previsti, atti a fronteggiare la drammatica situazione di Fusignano, ma anche quanto sta accadendo sui siti del veneziano da ormai troppo tempo coinvolti con la cassa integrazione”.
“A giugno scorso il piano industriale presentato prevedeva il rilancio e investimenti a Fusignano mantenendo stabile l’occupazione. A distanza di sette mesi – scrivono i sindacati – ci viene comunicata la chiusura. Investimenti praticamente assenti in tutti i siti: la situazione non può che preoccupare le parti sociali, i lavoratori, le lavoratrici e le istituzioni del territorio interessate al futuro di un’azienda storica come la Lafert”.
“I mancati investimenti si traducono anche in mancati interventi sul tema della sicurezza, dove non c’è un confronto serio e costruttivo con le Rsu, anche riguardo le innumerevoli segnalazioni fatte dai lavoratori, circa 170 nei due siti veneziani. Nelle giornate del 21 e 22 gennaio si sono svolte le assemblee con tutte le lavoratrici e i lavoratori durante le quali è stata illustrata la situazione e votato all’unanimità un pacchetto di ore di sciopero”.
Le prime due ore ci saranno oggi, 23 gennaio, con un presidio dalle 9.00 alle 11.00 nei due siti veneziani. “Nel frattempo – concludono i sindacati – chiediamo all’azienda di fare un passo indietro riguardo la chiusura del sito di Fusignano e di non procedere a nessun trasferimento di mezzi, impianti e prodotti dalle linee di produzione. Se non avremmo notizie soddisfacenti nel breve termine siamo pronti ad alzare il livello della mobilitazione a difesa dei salari, della sicurezza e di tutti i posti di lavoro”.