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Gli assistenti sociali in Italia svolgono un lavoro fondamentale, eppure la maggioranza di loro ha un contratto precario, oltre il 75% del totale: in pratica è precario l'intero sistema sociale del nostro Paese. E non solo perché la crisi innescata dall'epidemia di Covid-19 incontra una rete fragile di servizi sociali e socio-sanitari, sottodimensionata e sottofinanziata già oggi rispetto ai bisogni, prima ancora dell'aumento della povertà e dell'esclusione sociale. Il settore era già precario prima del virus: hanno contratti atipici la maggioranza delle lavoratrici e lavoratori, dei professionisti che affrontano quotidianamente disagi e fragilità.
Una ricerca avviata dalla Fondazione nazionale degli assistenti sociali, e anticipata dall’Ordine degli assistenti sociali agli scorsi Stati generali mostra come “oltre il 75% dei professionisti coinvolti per le misure di contrasto alla povertà siano essi stessi precari, con contratti in scadenza” entro pochi mesi. Sono migliaia gli assistenti sociali a tempo determinato, legati a progetti finanziati dai fondi europei come i Pon, ai fondi del reddito di cittadinanza o che operano attraverso le cooperative, che garantiscono, a fianco di un sempre più ridotto numero di operatori a tempo indeterminato dei servizi sociali professionali.
In sanità, dove si occupano di salute mentale. consultori familiari e delle dipendenze, ad esempio, non va meglio: negli ultimi anni gli assistenti sociali sono passati da 9 mila a 6 mila, di cui la metà con oltre di più di 60 anni di età. E grazie al decreto rilancio se ne prenderanno altri 600 nelle Usca (le Unità speciali di continuità assistenziale). Un elemento positivo se non fosse, come rileva la Fp Cgil, che questi lavoratori verranno assunti con contratti di collaborazione in scadenza il 31 dicembre di quest’anno.
Un quadro drammatico secondo la Funzione pubblica, che “va contrastato attraverso assunzioni certe e stabili di assistenti sociali, sia nel comparto della sanità che in quello degli enti locali”. La fase che il paese sta attraversando, e che ancor di più segnerà i prossimi mesi, infatti, osserva Enzo Bernardo che per la Fp Cgil segue gli assistenti sociali, “richiede una ‘gestione’ dell’are del disagio ancor maggiore. Potrebbe allargarsi la fascia di povertà e di esclusione sociale, determinata dagli effetti del Coronavirus, che non possiamo pensare di affrontare con un esercito di precari professionisti, che si sommano ad un personale, stile, con un’età media molto alta, sulla soglia dei 60 anni. Se è vero che nessuno si salva da solo, abbiamo bisogno di una mole ingente di assunzioni nella rete dei servizi sociali e socio sanitari, per rendere il sistema sociale meno precario e capace così di rispondere alla domanda aggiuntiva di servizi nata dalla crisi pandemica”, conclude il sindacalista (E.D.N.).