Non c’è solo un problema di calo degli occupati in Italia, sebbene le ultime rilevazioni Istat riportino dati drammatici. C’è anche e soprattutto un problema di qualità dell’occupazione, legata a elementi come la precarietà, l’involontarietà, i bassi salari, il rapporto fra inattività e disoccupazione. Basti pensare che sono 5 milioni le persone con un lavoro precario, involontario e con forte disagio salariale, a cui si aggiungono i disoccupati, pari a 2,5 milioni. Numeri che nascondono una realtà, quella del nostro mercato del lavoro, fatto di scarsi diritti, poche tutele sociali, bassi compensi, caratteristiche declinate in modo diverso a seconda delle differenti tipologie di contratto, la marea in parte inesplorata di rapporti di lavoro esistenti.
Si è partiti da questi numeri preoccupanti e dallo studio “La precarietà occupazionale e il disagio salariale”, realizzato dalla Fondazione di Vittorio e illustrato dal ricercatore Nicolò Giangrande, nell’incontro del Nidil dal titolo “La riforma che manca: il lavoro”, che si è svolto nell’ambito delle Giornate del lavoro delle categorie e delle tutele individuali della Cgil, a cura della confederazione e di Futura. “Una fotografia che contribuisce a sfatare un mito, quello della cittadella dei ‘garantiti’ che si contrappone alla sterminata moltitudine dei ‘non garantiti’ – ha dichiarato Andrea Borghesi, segretario generale Nidil -, e la conseguente semplificazione che vede la soluzione per questi ultimi nella cessione di diritti, salario e altre tutele da parte dei primi. Il problema non è così semplice: anche tra i lavoratori a tempo indeterminato ci sono coloro che hanno difficoltà reddituali, soprattutto i part-time con discontinuità, mentre chi ha contratti a termine ma senza discontinuità vive una condizione reddituale migliore ma minori tutele sociali”.
E anche quando entriamo nel campo del lavoro garantito, quello che dovrebbe dare maggiori condizioni, scopriamo che nessun lavoratore in Italia è in un’ipotetica zona verde, perché paghiamo un importante differenziale salariale con gli altri Paesi europei. Da qui la necessità di interventi di riforma mirati, capaci di ridurre i differenziali esistenti, in parte condivisa anche da coloro che sono intervenuti al dibattito, Iunio Valerio Romano, vicepresidente della commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia al Senato, Romina Mura, presidente della commissione Lavoro alla Camera, e Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle finanze.
Una riduzione delle tipologie lavorative esistenti, tanto per cominciare, per normalizzare un mercato come quello italiano troppo frammentato, in modo da diminuire almeno i differenziali tra i lavoratori. Un esempio tra tutti, i tirocini extracurriculari i cui ambiti di impiego dovrebbero essere più stringenti: oggi è possibile attivarli in qualsiasi settore e per qualsiasi persona, giovane o meno con determinati requisiti, e sono spesso il primo canale di accesso e fonte inesauribile di vero e proprio sfruttamento, peraltro in opposizione al contratto di apprendistato. E poi una legge sulla rappresentanza, che definisca i soggetti titolari della contrattazione sul fronte dei lavoratori e delle imprese, con l’obiettivo di ridurre i contratti collettivi, fissare regole che valgano per tutti, evitare la concorrenza sleale tra imprese e le differenti retribuzioni. “In questo ambito si dovrebbe definire un salario minimo che faccia riferimento alla contrattazione, ma che stabilisca un pavimento non sfondabile e valido non solo per il lavoro dipendente” ha affermato Borghesi.
E ancora, sul versante delle tutele sociali, gli ammortizzatori ma non solo, bisognerebbe rivederle in senso universalistico e inclusivo per tutti, dipendenti e autonomi, in caso di riduzione o fine attività o in caso di malattia, maternità, infortunio. Tutte proposte condivisibili, che potrebbero trovare attuazione con la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, considerato da tutti una grande occasione da non sprecare, purché gli obiettivi che si pongono siano definiti volta per volta, progetto per progetto, per la realizzazione di buona occupazione, lavoro di qualità.