PHOTO
La trasparenza dei lavoratori, il monitoraggio continuo, la ridotta visibilità del management sono gli elementi attraverso cui si concretizza la sorveglianza digitale sui lavoratori. Uno spazio di azione ampio e sempre più diffuso che consente di accrescere le dinamiche del controllo e dello sfruttamento delle persone.
Premio di laurea
Parte da questo assunto la tesi di Arianna Petrosino che si è aggiudicata il premio di laurea “Voce dei rider”, istituito dal Nidil Cgil in collaborazione con l’università di Napoli Federico II, in memoria di Antonio Prisco, militante e dirigente del sindacato prematuramente scomparso nel 2021. La tesi dal titolo Il rapporto tra automazione e controllo: il caso Amazon come spazio della sorveglianza automatizzata è stata presentata il 3 maggio nel corso dell’iniziativa “Il lavoro nell’era delle piattaforme digitali”, che si è tenuta a Napoli, durante la quale si è sviluppato un dibattito di approfondimento tra docenti universitari, esperti e sindacalisti.
Controllo da manuale
Un’analisi puntuale dei meccanismi messi in campo dal colosso delle vendite on line per effettuare una sorveglianza automatizzata dei lavoratori e di come, nell’era digitale, automazione e controllo vadano a braccetto.
Le modalità adottate da Amazon sono da manuale: si limita il potenziale conflitto e la messa in discussione delle decisioni manageriali; si intensificano i ritmi, con un aumento dello stress, degli infortuni o delle malattie professionali; si automatizza il lavoro, sottraendo la conoscenza delle persone; si esercita il controllo e la supervisione, integrandoli nelle attività di routine.
Il tutto infiocchettato dal tentativo di costruire consenso e adesione con la promozione di uno slogan ripetuto in modo pervasivo “work hard, have fun, make history”, lavora duro, divertiti, fai la storia.
Le leggi non mancano
Ma come mettere un argine a questo potere di controllo e monitoraggio? Servono nuove norme, regole più puntuali? “A noi le leggi non mancano – risponde Alessandra Ingrao, docente di Diritto del lavoro e sindacale e relazioni industriali all’università di Milano -: basti pensare all’articolo 3 dello Statuto dei lavoratori, che disciplina il controllo del sorvegliante umano. E all’articolo 4 che prevede il meccanismo di autorizzazione sindacale preventiva all’installazione di dispositivi che possono realizzare raccolte di dati sui lavoratori. Quello che va fatto è rafforzare il contro poterecollettivo. È un processo culturale, di formazione e informazione, di rafforzamento dell’organizzazione sindacale e quindi anche della democrazia e dell’accesso e del potere di contrattare i flussi di dati”.
Epoche diverse, stessi sistemi
In questa direzione va la nuova direttiva europea sul lavoro su piattaforma che prevede un obbligo di informazione e consultazione sindacale sui sistemi informatizzati e decisionali. D’altra parte i meccanismi messi in atto oggi dalle piattaforme digitali sono simili se non del tutto sovrapponibili a quelli adottati negli anni Settanta nelle catene di montaggio: il controllo, la valutazione dell’efficacia, la concorrenza tra i lavoratori, il cottimo.
“Oggi però abbiamo strumenti maggiori per conoscere, capire e dire che non è l’unica strada – afferma la sociologa del lavoro Giustina Orientale Caputo, dell’università di Napoli Federico II –. Ci si deve opporre a tutto questo, alla pervasività e alla penetrazione nella vita delle persone di questi meccanismi. Come? Con il governo delle tecnologie attraverso l’azione politica e sindacale. Perché Amazon è uno dei mille luoghi dove si consuma questo sistema di sfruttamento, ma ha anche una dimensione lavorativa formale dove si possono fare lotte e battaglie. Qui si possono chiedere maggiori diritti, più salute, adeguamenti salariali”.
Algoritmi, nè buoni nè cattivi
Perché non ci sono algoritmi buoni e algoritmi cattivi, così come non ci sono tecnologie buone o cattive. “Noi accettiamo la tecnologia, il controllo e la sorveglianza quando ci proteggono – afferma Antonio Pescapè, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni al dipartimento di ingegneria elettrica informatica e tecnologie dell’informazione della Federico II di Napoli –. Li riteniamo utili e anzi indispensabili se ci evitano incidenti e infortuni, se ci salvano la vita”.
Per lo studioso “oggi un algoritmo è in grado di fare una diagnosi che prima non sapeva fare, di riconoscere un melanoma meglio di un occhio umano, perché ha visto centinaia di migliaia di immagini. È bravo in funzione dei dati su cui viene addestrato. Quindi la domanda è: cosa ne facciamo di questa tecnologia, come la usiamo? Una questione che non riguarda e non interessa solo noi, perché è un tema globale”.
Occupazione precaria
Una realtà come Amazon pone anche altre questioni, soprattutto sul versante delle condizioni del lavoro e della precarietà dell’occupazione. A differenza di altre piattaforme digitali impiega rapporti di lavoro formali, ricorre in modo massiccio ai contratti di somministrazione, in numero pari se non superiore a quello dei dipendenti, usa moltissimo la flessibilità.
Il valore del lavoro
“Non basta. Ad serve una quantità enorme di occupazione, ma non ha bisogno di costruire grandi professionalità e qualità della prestazione – afferma Andrea Borghesi, segretario generale Nidil –. Questo è uno dei temi che abbiamo di fronte anche nella difficoltà di raggiungere dei livelli ulteriori di interlocuzione. Lo si vede dal modo in cui recluta i somministrati: la stragrande maggioranza appartiene alla categoria degli svantaggiati, cosa che consente di cambiare continuamente i lavoratori e di effettuare un turn over velocissimo”.
Conclude Borghesi: “Una delle questioni sulle quali stiamo ragionando infatti è come assicurare continuità occupazionale nella prospettiva della stabilizzazione. Il lavoro e il suo valore come strumento di realizzazione e di emancipazione degli uomini e delle donne non sono centrali nell’organizzazione delle piattaforme e questo ci riporta alle condizioni di sfruttamento che erano proprie dell’inizio del secolo scorso”.