Ogni giorno porta la sua pena, anzi di media ne porta tre. È il penoso conto delle vittime del lavoro che non si arresta, anzi. Lo scorso 16 marzo due sono stati gli incidenti che hanno avuto esito mortale. A Cartura in provincia di Padova un 25enne, Daniele Bianchi, è rimasto folgorato mentre potava i rami di un cedro, secondo le prime ricostruzioni avrebbe toccato un filo dell’alta tensione. A San Gennaro Vesuviano, invece, nelle stesse ore un operaio di origine albanese di 55 anni è rimasto vittima di un incidente mentre lavorava nella ditta di logistica dove era regolarmente assunto.

 

Quanti ne abbiamo contati prima e quanti saremo costretti a contare ancora. Sono settimane, forse mesi, visto l’aumento degli infortuni, che governo e Parlamento, a parole, dicono occorre intervenire per arginare un fenomeno che oltre a costi di dolore, ne ha anche sociali ed economici per la collettività. Epperò poco o nulla è stato fatto, nonostante le richieste e le mobilitazioni di Cgil Cisl e Uil.

“Il numero degli incidenti in Italia è direttamente proporzionale alla violazione delle regole in materia di sicurezza”. Lo spiega a Collettiva Bruno Giordano, direttore generale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, “Noi le norme le abbiamo, dobbiamo applicarle. E soprattutto dobbiamo pretendere che tutti coloro che devono applicare le norme facciano il loro dovere. Non mi riferisco soltanto ai datori di lavoro, alle imprese. Mi riferisco anche alla pubblica amministrazione, alle parti sociali, alle associazioni di categoria e ai controllori”.

Il 17 marzo 2022 l’Osservatorio nazionale morti sul lavoro di Bologna contava 235 lavoratori morti sul lavoro da inizio anno: di questi, 124 hanno perso la vita sui luoghi di lavoro, i rimanenti sulle strade e in itinere. Numeri più alti rispetto a quelli dell’Inail, perché l’Osservatorio considera anche i lavoratori e le lavoratrici non assicurati, sono circa 4 milioni, e quanti lavorano in nero. E questi incidenti non sono soltanto il prodotto di una disattenzione o di una violazione da parte del datore di lavoro, ma sono anche il prodotto di un sistema che non funziona come dovrebbe. A cominciare proprio dalle ispezioni. Poche, troppo poche.

“Le ispezioni, come tutti i controlli, contribuiscono a evitare i reati, come accade in qualsiasi settore della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico, della sicurezza privata”, prosegue il suo ragionamento Giordano, che aggiunge: “Nel campo del lavoro questo rapporto è ancora più diretto, più specifico. I controlli servono non soltanto a sanzionare e quindi a prevenire, ma anche a informare, a intervenire in un momento in cui l'impresa stessa può ringraziare di avere avuto un'ispezione che spiega quali sono gli errori in materia di sicurezza o le omissioni che non sono sempre dovute alle mancanze, alle inadempienze del datore di lavoro. E l'unico modo per evitare gli incidenti, non soltanto quelli mortali, è quello di fare prevenzione. Ci vuole innanzitutto informazione, ci vogliono controlli e ci vuole anche capacità tecnica di intervento da parte di tutti, controllori e controllati”.

Se è vero che esiste questo rapporto diretto tra prevenzione degli incidenti e ispezioni, allora il numero di chi si occupa delle ispezioni è fondamentale. Proprio per questa ragione il 18 marzo gli ispettori e le ispettrici del lavoro hanno scioperato, per chiedere assunzioni. La risposta, in questo caso, sembra esserci. Secondo quanto comunicato dal Inl, il prossimo 1 aprile prenderanno servizio i primi 300 nuovi funzionari amministrativi dell’Ispettorato nazionale del lavoro, tutti destinati alle sedi territoriali. Seguirà, entro maggio, l’immissione in ruolo di 900 ispettori e 131 funzionari amministrativi. Inoltre, sono scaduti nei giorni scorsi i termini per partecipare al concorso - pubblicato in Gazzatta Ufficiale lo scorso 11 febbraio - per 1174 ispettori tecnici, 50 funzionari statistici e 25 funzionari informatici; la procedura concorsuale dovrà concludersi – secondo quanto stabilito dalle disposizioni inerenti il Pnrr - entro il 30 giugno. In totale, l’Ispettorato nazionale del lavoro sta assumendo – nell’arco di sei mesi - 2.580 persone, che vanno ad aggiungersi ai 4023 dipendenti attualmente in servizio.

Tutte le statistiche affermano, a partire proprio da quelle redatte sulla base delle ispezioni dell’Inl, che esiste un rapporto diretto tra incidenti e regolarità del lavoro. “Piu il lavoro è irregolare, meno sicurezza c'è”, afferma con forza il direttore generale dell’Istituto, Insomma, la sicurezza si costruisce su tre grandi pilastri, la regolarità del rapporto di lavoro, la stabilità, il rispetto delle norme sulla sicurezza a partire dalla loro conoscenza.

Per ridurre il numero degli infortuni, e non solo di quelli mortali, è necessario costruire una diffusa cultura della sicurezza. E non solo nei luoghi di lavoro. Non è un caso che durante la settimana di mobilitazione voluta dalle tre confederazioni, il segretario della Cgil Maurizio Landini sia andato in una scuola a ragionare con ragazze e ragazzi.

Giordano sottolinea, infatti: “Cultura della sicurezza vuol dire formazione, competenza, specializzazione.  E vuol dire, soprattutto, attenzione a tutti gli aspetti non solo di salute, ma anche di organizzazione del lavoro. Gli incidenti si verificano non soltanto perché manca una cintura di sicurezza quando si sale su un ponteggio, o una misura di protezione, quando si lavora a una macchina, ma anche perché manca l'attenzione per l'organizzazione del lavoro e per la gestione della sicurezza. Per questo occorre insistere sulla formazione”.

“Quando c'è un incidente – conclude - la vittima non è soltanto il lavoratore insieme alla sua famiglia, lo è la stessa azienda, lo è il contesto sociale e ambientale in cui quella persona opera. Non dobbiamo mai confinare questo tema al luogo di lavoro o all'ambiente di lavoro. L'incidente può avvenire sul lavoro, ma è un incidente che tocca la vita, non soltanto il lavoro”.