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“Quando costruirai una casa nuova, farai un parapetto intorno alla tua terrazza, per non attirare sulla tua casa la vendetta del sangue, qualora uno cada di là”. Queste parole si trovano nell’Antico Testamento, esattamente nel Deuteronomio, e sono state scritte nel sesto secolo avanti Cristo. Circa duemilaseicento anni dopo, bloccati nel traffico della Collatina, periferia est di Roma, Gianni Lombardo s’affaccia dal finestrino della sua auto, allunga una mano tra i gas di scarico per indicare una palazzina in costruzione. E ci dice: “Vedete lì? Manca il parapetto, il rischio che qualcuno cada è altissimo. Questo cantiere non è a norma”. Se un luogo di lavoro presenta o meno dei rischi, ormai, lui lo capisce al primo colpo d’occhio.
«Un mio collega si tranciò tutte e cinque le dita, ma non avevamo nulla per soccorrerlo. Oggi succede lo stesso»
Gianni, infatti, da qualche anno di mestiere fa l’Rlst (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale), una figura a cui il Testo unico sulla sicurezza affida il compito di vigilare nei cantieri in cui non sia stato eletto un responsabile interno. Oggi controlla circa 250 aziende sparse per le province di Roma, Frosinone e Rieti. I cantieri li conosce davvero a fondo, anche perché prima ci lavorava: “A 22 anni ho iniziato a fare il gruista. E all’epoca era un buon lavoro, pagato anche bene. Erano gli anni del boom dell’edilizia, si lavorava parecchio”. Niente a che vedere con la crisi che oggi ha ridotto i 65.000 edili romani di 10 anni fa a meno di 21.000. E che ha portato, secondo i dati diffusi dall’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) a una perdita complessiva di 69 miliardi di investimenti nell'edilizia per l’Italia, con 620.000 posti di lavoro in meno dal 2008 ad oggi. Anche da semplice operaio, però, Gianni ha assistito ad alcuni “infortuni micidiali”. Come quella volta in cui un suo collega stava tagliando una tavola con una sega circolare e si tranciò di netto tutte e cinque le dita di una mano. “Immaginate la scena di noi che raccoglievamo queste dita per metterle in un fazzoletto, perché non avevamo niente per soccorrerlo – racconta ancora angosciato –. Succede pure adesso, è la situazione che trovo molto spesso nei cantieri che ispeziono”.
CANTIERE DOPO CANTIERE
In edilizia, in realtà, si muore soprattutto per cadute dall’alto, come nella Giudea del VI secolo avanti Cristo. Nella sola provincia di Roma, nel 2018, sono morte sul lavoro complessivamente 64 persone, nei primi due mesi del 2019 le vittime sono già 8. In edilizia l’ultimo incidente mortale ha coinvolto un operaio a Ciampino, che è precipitato in una voragine con la piccola pala meccanica che stava manovrando. E in effetti tra i cantieri che visitiamo, soltanto uno sembra rispettare per davvero le regole: gli operai indossano i caschi, le impalcature sono sistemate a norma, i parapetti ci sono, e sono ben fissati. Molti altri sono chiusi causa crisi, in altri invece gli scavi sono scoperti, con barre d’acciaio che spuntano minacciose dal terreno a poche decine di centimetri dal ciglio della strada. Gli operai e i capicantiere accolgono Gianni con un misto di deferenza e sospetto, poi si tranquillizzano un poco, ma comunque parlano a mezza bocca. Non gli va a genio la presenza di estranei.
“La situazione è peggiorata negli ultimi anni – spiega Lombardo –, la crisi sta imponendo una riduzione dei costi, e quasi sempre chi ne paga le conseguenze sono i lavoratori. Eppure basterebbe davvero poco. Basterebbe rispettare le regole minime descritte nel Pos (Piano operativo di sicurezza, il documento che un datore di lavoro deve redigere prima di iniziare le attività operative in un cantiere esterno, ndr)”.
«Una ditta ha segnalato come rappresentante della sicurezza un uomo morto da tre anni»
Il problema è che la maggior parte delle imprese comunica delle cose e poi non le fa. “Il 90 per cento delle volte i cantieri sono irregolari, soprattutto i più piccoli. Una ditta, qualche tempo fa, aveva addirittura segnalato come responsabile un collega morto da più di tre anni. Questo perché la sicurezza viene considerata un costo, un adempimento formale fatto di pezzi di carta da fotocopiare, una bega burocratica da sbrigare in fretta”. O magari su cui guadagnare qualcosa. Le cifre che appaiono sul cartello di un grosso cantiere su via Collatina, in effetti, sono impressionanti: su un importo lavori di 3 milioni e mezzo di euro, 265.000 sono stanziati esclusivamente per la sicurezza. “Con quella cifra si poteva fare di tutto, rendendo questo posto un gioiello di sicurezza”. Invece sulle terrazze non ancora finite i parapetti non ci sono, tutto è ricoperto da uno spesso strato di polvere e terra, il cancello è chiuso. L’impresa non ha mai concluso i lavori. E ora s’attende un nuovo appalto. “Prima di farci entrare qualcuno, però, bisognerà lavorarci su parecchio”.
LA SICUREZZA SI TAGLIA
“Ovviamente esistono anche ditte virtuose – racconta ancora Gianni – che capiscono che la prevenzione è anche un risparmio enorme. Lì si riesce anche a fare un bel lavoro, ma se poi non vengono aiutate e tutti gli altri risparmiano sulla sicurezza, non ce la fanno a reggere la concorrenza sleale”. Un colpo al lavoro sicuro, in effetti, è arrivato recentemente dal governo gialloverde con il taglio agli incentivi alla prevenzione per 100 milioni di euro l'anno e di 50 milioni per la premialità alle imprese virtuose che investono di più in sicurezza. “A Roma invece – racconta Lombardo – la giunta Raggi ha messo ai margini l’Osservatorio sulla sicurezza del Comune. Prima, tre volte a settimana, andavamo con i vigili urbani, un funzionario del Comune e con i tecnici dell'ente paritetico nei cantieri comunali a fare delle ispezioni minuziose nei cantieri comunali. C'era un controllo capillare che la giunta ha deciso di abolire dopo la fusione dell’assessorato al Lavoro con quello al Turismo. Dai 250 controlli l'anno siamo passati agli attuali 30. Ed era pure gratuito”.
Intanto, però, i lavoratori in Italia continuano a morire. L’ultimo report dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering su dati Inail parla chiaro: nel 2018 in Italia hanno perso la vita 1.133 persone, oltre il 10 per cento in più rispetto al 2017. La maggior parte, circa il 43 per cento, aveva più di 55 anni. Quello delle costruzioni, tra l’altro, è uno dei settori più falcidiati con 125 morti, quasi il 16 per cento del totale.
CONCORRENZA SLEALE
Nel 2017, le denunce per infortuni non mortali sono state addirittura 641.429. Una cifra enorme, che non conteggia tra l’altro tutti gli incidenti non denunciati, che sono molti e che molto spesso riguardano i lavoratori dell’indotto. “Nelle ditte in subappalto si risparmia ancora di più sulla sicurezza. C’è meno disponibilità finanziaria, si tagliano i costi, e quindi magari si usa un trabattello vecchio, un ponteggio non regolare, o magari si usano delle vecchie tavole di legno marcio giusto per far vedere che ci sono, ma che non reggono il peso di un corpo in caduta”. È una semplice asse robusta che spesso salva la vita a un operaio.
«Scopro sempre più imprese che non applicano il contratto edile, è molto pericoloso»
Un altro problema che impatta sulla sicurezza nei cantieri edili è sicuramente il dumping contrattuale e la fuga verso l’applicazione di contratti meno onerosi: “Scopro sempre più spesso imprese che non applicano il contratto dell'edilizia. È un problema enorme, perché in quei casi abbiamo a che fare con lavoratori che vengono assunti come florovivaisti, facchini o metalmeccanici”. Quelle imprese, quindi, non si rivolgeranno all’ente paritetico dell'edilizia per fare formazione sulla sicurezza, ma a società private che nulla hanno a che vedere con il mondo delle costruzioni. “Questo, però, è un settore specifico, il cantiere è un posto di lavoro particolare e ad alto rischio. Cosa ne può sapere un florovivaista o un facchino? La formazione andrebbe fatta tenendo conto di dove si lavora”.
IN PIAZZA ANCHE PER IL LAVORO SICURO
Anche per questo, il 15 marzo, Gianni sarà in piazza a Roma per lo sciopero generale unitario indetto da Feneal, Filca, Fillea. Tra le rivendicazioni dei sindacati che da mesi hanno presentato una piattaforma con proposte concrete per difendere il lavoro che c’è e per crearne di nuovo, infatti, oltre a un piano di rilancio per il settore, ci sono anche maggiore prevenzione, lotta al dumping e una revisione mirata del Codice degli appalti, che salvaguardi i diritti dei lavoratori e le imprese virtuose. Passaggi decisivi per affermare la cultura della sicurezza sul lavoro. Gli edili, insomma, chiedono una politica industriale in grado di rilanciare l’intera filiera delle costruzioni, sotto ogni punto di vista.
Il traffico ora è scemato un poco, le auto procedono più spedite. “Morire in cantiere non è mai una fatalità – conclude Lombardo, mentre percorre a ritmo sostenuto la Tiburtina –. In Italia siamo molto indietro, eppure rendere i cantieri sicuri sarebbe davvero semplice. Basterebbe rispettare le regole e i diritti di tutti. Si muore perché non si previene e non ci sono i controlli. O per risparmiare le poche decine di euro che servono a costruire un parapetto a norma. Questa è la semplice verità”.
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Fotoreportage di Marco Merlini