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La salute non si può più considerare una merce, ma bisogna ripensarla come diritto inalienabile dell'individuo che rientra anche nell'interesse della collettività. È il messaggio che arriva dal palco di Piazza Plebiscito a Napoli, oggi (sabato 28 settembre) nel corso di Effepiù, le Giornate nazionali dei servizi pubblici, a cura della Fp Cgil. Il tema della sanità è stato al centro di un dibattito pubblico, a cui hanno partecipato – tra gli altri – il ministro della Salute Roberto Speranza e il segretario generale della Fp Serena Sorrentino. Uno scambio denso che ha investito anche l'azione del nuovo governo, dopo l'annuncio (dello stesso Speranza) dell'intenzione di rifinanziare il servizio sanitario nazionale. Rivolta al ministro, Sorrentino ha detto: “Ci fa piacere l'inversione di rotta. Sappiamo che non si può avere tutto e subito, ma vogliamo vedere una prospettiva e il primo passo verso quella prospettiva”.
Ad aprire il dibattito è stata Rosy Bindi, già ministro della Salute: “La Cgil negli anni ha sempre tenuto alti i valori della Costituzione, tra cui il diritto alla salute – ha esordito -. La più grande modernità della Carta sta proprio nell'articolo 32: la salute è diritto della persona e interesse della comunità. Questo va considerato un tesoro da custodire, una perla preziosa da mantenere: oggi sono passati quarant'anni dall'istituzione del servizio sanitario nazionale, dobbiamo interrogarci sullo stato della sanità e sulla salute degli italiani”. Riferendosi all'esecutivo, ha proseguito: “Sono contenta che voglia affrontare il tema: da troppi anni è coniugato solo come malasanità e costi, non come bene irrinunciabile. Tra le tante priorità del governo – dunque - ci deve essere anche la sanità”. La forza del sistema universalistico, ha spiegato Bindi, è “che non dipende dalle disponibilità delle persone: ciascuno paga secondo le sue possibilità e usufruisce secondo i suoi bisogni, si tratta di un principio rivoluzionario. La diseguaglianza più odiosa è proprio quella davanti alla malattia – a suo avviso -, perché tocca gli aspetti più profondi della persona. Non fidiamoci allora degli attacchi alla sostenibilità del sistema, che sono solo ideologici. Lo dicono i numeri: il sistema finanziato dalla fiscalità generale è quello che costa meno. Se non fosse stato sottofinanziato negli ultimi vent'anni, non avrebbe i problemi attuali”. Quindi adesso "si riprenda la stagione degli investimenti, servono risorse pari agli altri Paesi europei, bisogna investire sul personale”. L'obiettivo è combattere “la più grande iniquità che c'è in Italia, quella sui servizi alla persona”.
A portare la voce dei territori è stato Danilo Bono, della Conferenza delle Regioni. “Non è facile tenere insieme le Regioni davanti a una presenza leggera del ministero – ha detto -: la sfida è rendere compatte tante realtà diverse tra loro, ma oggi le Regioni ci sono e stanno lavorando sul nuovo Patto per la salute per dare una svolta a questo periodo di transizione. C'è però bisogno di svolte: la prima si chiama finanziamento”. Poi, ha aggiunto, “serve una seria programmazione: abbiamo molti dati che non sfruttiamo per pianificare il futuro, per questo bisogna investire anche in studio, dobbiamo capire come sarà la sanità tra qualche anno”. Rivolto al ministero, Bono ha specificato che “serve una forte regia affinché le Regioni applichino meglio le regole”.
Il servizio sanitario nazionale sta progressivamente perdendo l'ossigeno. Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe: “I tagli sono stati pagati soprattutto dai lavoratori, che hanno stipendi ormai largamente inadeguati. Se non ci sarà una politica di rilancio del personale, è ovvio che i giovani che operano nella sanità andranno a lavorare all'estero, perché in Italia hanno retribuzioni dimezzate rispetto agli altri Paesi”. Non si tratta di un rilancio di poco conto: “Servono decine di milioni di finanziamento – a suo avviso -, e soprattutto non si può sostenere di rilanciare la sanità senza farne seguito nei documenti di finanza pubblica: mi auguro ci siano già segnali positivi nella nota di aggiornamento al Def”.
Per questo governo il dialogo con le parti sociali sarà la regola. Lo ha assicurato il ministro della Salute Roberto Speranza. “Chiudiamo la stagione dell'arroganza – ha dichiarato -, in cui si pensava che chiusi a Palazzo Chigi si potessero risolvere i problemi: la politica deve decidere, naturalmente, ma il confronto sarà per me irrinunciabile. Il mio programma come ministro della Salute sarà proprio la Costituzione, dentro c'è già tutto. Le parole contano: la salute viene definita come diritto fondamentale dell'individuo, non si dice 'cittadino' ma 'individuo', perché la cittadinanza si acquisisce, individui lo sono tutti”. A guidare il nuovo dicastero sarà l'universalità del servizio: “Una parola che va spiegata alle persone – secondo Speranza -, perché a volte viene sottovalutata: universalità significa che se stai male vieni curato e non conta quanti soldi hai, di chi sei figlio, in quale Regione vivi e di che colore è la tua pelle. Si tratta del punto più alto della nostra civiltà costituzionale”. Serve una svolta “prima di tutto culturale”, a suo giudizio: “Le risorse che si mettono nella sanità non vanno considerate una spesa, ma un investimento nella salute dei cittadini. Ora serve un salto: sto lavorando affinché si assuma un impegno, agiremo per approvare subito il Patto per la salute con le Regioni”.
Ha preso quindi la parola il segretario generale della Fp Cgil Serena Sorrentino. “La Cgil non ha mai smesso di credere nella straordinaria forza della Costituzione e nella legge del 1978 – ha esordito -: crediamo nell'idea che la persona vada presa in carico e curata da un sistema universale, perché il modello pubblico è l'unico modo per garantire il benessere”. I nostri sono stati anni difficili “per colpa dell'ubriacatura neoliberista”, ha notato: “Quando si taglia troppo arriva l'amputazione: nella vita reale le persone si vedono la negazione di diritti che dovrebbero essere di tutti”. Adesso la battaglia ha bisogno di un salto di qualità. “Non ci limitiamo a denunciare lo stato del servizio sanitario nazionale, ma facciamo parte della mobilitazione per riconquistarlo. Cgil, Cisl e Uil hanno presentato una piattaforma, valida anche per questo governo, e abbiamo fatto appello alla società civile. Registriamo un'inversione di tendenza, ma non basta: vogliamo vedere un progetto”.
Per Sorrentino “sulla prevenzione siamo ormai intorno allo zero, sulla riabilitazione siamo quasi alla privatizzazione del settore. Abbiamo rinunciato all'idea che il sistema pubblico possa non solo curarti, ma anche farti tornare ad essere cittadino attivo”. Ora, come sindacato, “vogliamo stimolare un dibattito diverso: chiediamo politiche nuove che siano orientate dalla Costituzione, come dice il titolo delle nostre Giornate. Qualcuno in anni recenti ha scelto di inserire il pareggio di bilancio nella Carta: quello forse è stato un errore”. La ricetta per risollevare la sanità “non è aumentare la differenza tra regioni che competono tra loro, ma capire che il nostro Paese compete con il resto del mondo e rischia di andare indietro: competendo tra i nostri piccoli territori si allargano solo le diseguaglianze”. Oggi, ha ribadito il segretario, la sanità pubblica è “depauperata” e siamo alla “desertificazione dei servizi”, eppure i lavoratori della sanità sono fondamentali e “non hanno mai interrotto il servizio malgrado i bassi salari, le aggressioni e la valorizzazione inesistente del personale”. E ancora: “Siamo arrivati a un punto in cui il privato rischia di avere una funzione sostituiva del pubblico”. Sulla sanità privata, infine, migliaia di lavoratori aspettano il rinnovo: “Bene il tavolo aperto dal ministro Speranza – ha concluso -, che arriva dopo 13 anni di attesa: ora il contratto lo dobbiamo fare”.