A due mesi dall’approvazione del Decreto legge 112, il giudizio della Cgil rimane sostanzialmente immutato. Si tratta di una manovra “sbagliata e inadeguata”, le cui linee guida determinano uno scenario preoccupante. La questione centrale è che la manovra è depressiva e non affronta le emergenze del paese, a partire dal recupero del potere d’acquisto di salari e pensioni. Se salari e pensioni non vengono sostenuti non solo la crescita economica diventa una chimera ma si rischia un’ulteriore compressione dei consumi e degli investimenti. (Non è questo l’oggetto del nostro intervento – sul tema si sofferma più avanti Susanna Camusso – ma va comunque ricordato che, fermo restando il giudizio della Cgil sul documento di Confindustria, al fine di garantire il potere d’acquisto delle retribuzioni è indispensabile avere un sistema contrattuale nel quale il contratto nazionale tuteli il salario dall’inflazione, quella vera, affidando poi alla contrattazione di secondo livello il compito di redistribuire al lavoro la produttività.) Il pericolo, quindi – ritornando alla manovra dell’esecutivo – è che si attivi un circuito perverso tra misure depressive, minori entrate e maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Il governo ha sovrastimato le previsioni di fabbisogno per il 2008 di circa 2,5 miliardi, come è emerso anche da rendiconto del sottosegretario all’Economia Giuseppe Vegas nei giorni passati, il che significa che già oggi esistono le risorse per poter ridurre le tasse su salari e pensioni. Va reso esplicito che tra il 2002 e il 2007 il reddito disponibile delle famiglie italiane è aumentato di circa 12mila euro per imprenditori e liberi professionisti e si è ridotto di 2500 e 3mila euro rispettivamente per operai e impiegati. Circa il 50% delle famiglie, secondo i dati Istat, evidenziano difficoltà di varia natura nel far fronte alle spese già previste e soprattutto al sopraggiungere di imprevisti, trovandosi così in condizioni di estremo disagio. I debiti delle famiglie a dicembre 2007 avevano raggiunto il 50% del reddito disponibile, crescendo di circa 17 punti rispetto al 2001. Questo in una situazione in cui il salario netto mensile di un lavoratore dipendente, a fine 2007, è di circa 1200 euro. Negli ultimi anni gli elementi di diseguaglianza sono notevolmente cresciuti.

Può essere utile, per capire cosa sta accadendo, guardare agli scostamenti che oggi si possono rilevare in tema di salario netto mensile. Se il lavoratore dipendente standard, infatti, guadagna 1198 euro al mese, quello del Mezzogiorno percepisce il 13,4% in meno. Continuando nell’elenco, la lavoratrice ha una retribuzione ancora più bassa (il 17,9% in meno); il lavoratore della piccola impresa (1-19 addetti) un pessimo -26,2%; il lavoratore immigrato extracomunitario il - 26,9%; il lavoratore giovane (15-34 anni), infine, un -27,1%. Si tratta di diseguaglianze sociali destinate a diventare più vistose per i motivi che di seguito sintetizziamo.

•Il governo ha previsto per il 2008 un’inflazione programmata all’1,7%, mentre l’inflazione effettiva si attesta tendenzialmente al 3,8% e quella dei beni di più largo consumo a circa il 6%. Infatti, per coloro che guadagnano meno di mille euro, circa 7 milioni di persone in maggioranza donne, e per 10 milioni di pensionati che guadagnano meno di 800 euro e 1 milione di precari che gravitano a malapena sugli 800 euro, per tutti costoro l’inflazione effettiva non è il 4 ma il 6%.
• Negli ultimi quattordici anni, quando ha governato il centro destra, l’inflazione programmata è sempre stata molto lontana da quella reale.
• Tale gap costa ai lavoratori circa mille euro, tra perdita di potere d’acquisto e fiscal drag, per il solo 2008. • Con un’inflazione al 3,8%, la mancata restituzione del fiscal drag (decreto legge n. 69/1989) produce, su uno stipendio medio, una perdita nell’anno in corso di 362 euro, una conseguente riduzione di potere d’acquisto di circa il 30% e un aumento del prelievo fiscale nei fatti tra lo 0,2% e lo 0,5%, con una pressione fiscale che si attesta al 43%. Se questo è il quadro, le risposte all’emergenza salariale messe in campo dal governo non possono considerarsi adeguate.
• Per quel che riguarda la detassazione di straordinari e premi di produttività, la misura coinvolge circa 2,5-3,5 milioni di lavoratori contro i 17 milioni di lavoratori dipendenti italiani e i 12 milioni di pensionati, escludendo di fatto le donne, i lavoratori atipici e del Mezzogiorno, senza considerare chel’esclusione in toto dei lavoratori del settore pubblico è incostituzionale.
• Il valore della “detassazione” è di 15 euro mensili su un premio medio di 900 euro l’anno mentre per chi fa lo straordinario il beneficio sarà di 30-35 euro se raggiunge le 44- 45 ore settimanali. In sostanza un beneficio pari al fiscal drag ma solo per una parte molto limitata della popolazione che lavora.
• La cosiddetta “carta acquisti” per le persone più disagiate, invece, è una misura compassionevole e i soli 200 milioni per il 2008 (ancora da definire il 2009-2010) non sono, nei fatti, fruibili.

Come andranno i salari di fatto nel 2008? A oggi possiamo dire che difficilmente staranno al passo con l’inflazione reale in quanto con un prevedibile 3,8%-3,9% di inflazione a dicembre le retribuzioni reali potrebbero attestarsi fra il 3,3 e il 3,4 con una riduzione del potere d’acquisto di circa lo 0,4% che, combinato con la mancata restituzione del fiscal drag, porta a una perdita complessiva quasi doppia. Da qui la nostra proposta per affrontare l’emergenza salariale, che resta quella di aumentare le detrazioni per il reddito di lavoratori dipendenti, collaboratori e pensionati di circa mille euro nel triennio: 500 euro già nel 2008 e la restante metà nel 2009 e 2010. Per un lavoratore dipendente, che mediamente guadagna 24.890 euro lordi annui, l’eventuale aumento delle detrazioni produrrebbe un beneficio pari a circa 500 euro nel 2008, per arrivare a mille euro nel triennio: oltre alle detrazioni di cui sopra, con un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente e per le pensioni (come proposto nella Piattaforma unitaria di novembre 2007) nel 2009 e nel 2010, da aumentare se la crescita sarà più sostenuta rispetto alle previsioni. In pratica, 500 euro nel 2008 più 250 nel 2009 più 250 nel 2010. Gli stessi criteri andranno applicati ai pensionati per i quali, come ricorda sopra Carla Cantone, si dovrà tener fermo quanto previsto dalla loro piattaforma unitaria sia in materia di tutela del potere d’acquisto delle pensioni rispetto all’inflazione reale, che di estensione della quattordicesima mensilità, già prevista nel Protocollo del luglio 2007 per le pensioni fino a 650 euro, anche a coloro che percepiscono una pensione di 1300 euro.

* segretario confederale Cgil