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I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, di azienda o di territorio, sono figure importanti per la prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro e per la tutela della salute. È innanzitutto nei confronti dei colleghi che svolgono una funzione determinante. Spesso gli incidenti capitano per poca conoscenza dei rischi, per troppa sicurezza di sé e del proprio modo di lavorare, per la fretta o per i carichi di lavoro eccessivi. Agli Rls il compito di svelare i rischi e correggere. E poi nei confronti dell’azienda, per il rispetto di leggi e protocolli.
“Si riesce a fare sicurezza dove i datori ce l’hanno in tesata. Se il datore di lavoro ci crede a cascata arriva anche all’ultimo lavoratore”, così sostiene Biagio Bonomo, Rlst di Monza e Brianza arrivato a ricoprire questo ruolo proprio a seguito di un incidente. Era occupato in un’azienda metalmeccanica con circa 300 dipendenti, un giorno del 2003 un collega subì l’amputazione di una mano a causa della movimentazione di uno stampo meccanico di 200 chili. Non fu errore umano, quelle attrezzature non erano a norma. “Da quel momento in me e in alcuni altri colleghi è scattata una molla che ci ha fatto chiedere cosa potessimo fare noi per evitare che accadesse di nuovo. E così mi sono candidato e sono stato eletto come Rls”.
È come se quell’incidente avesse svelato che non si trattava di fatalità ma che si poteva operare per mettere in sicurezza i lavoratori. Ma non è stato facile, dice ancora Bonomo: “quella era un’azienda dell’alta Brianza e il titolare aveva l’atteggiamento del padre padrone. Al corso per Rls mi avevano spiegato che avrei dovuto sedere a un tavolo rotondo e collaborare con l’azienda per migliorare le condizioni dei lavoratori sotto l’aspetto della salute e della sicurezza. Tutti i miei buoni propositi si sono scontrati con questa figura che alzava veri e propri muri”. Bonomo più volte si è rivolto agli organi di vigilanza e più volte sono stati stilati verbali ed erogate multe. Magra consolazione perché ai lavoratori interessano soprattutto gli investimenti per la sicurezza.
Nel 2016 Bonomo cambia ruolo e assume la responsabilità di rappresentare i lavoratori a livello territoriale. “Il primo problema che ho dovuto affrontare – illustra – è stato quello di riuscire a entrare nelle aziende perché i datori di lavoro non ti riconoscono e all’inizio non ti riconoscono nemmeno i lavoratori”. Certo è che non si è lasciato scoraggiare e nel 2018 segnalò al titolare di un’azienda che su alcuni macchinari le protezioni non erano a norma. Ci fu una discussione a più tappe, accesa perché l’imprenditore sosteneva che tutto fosse a posto. Dopo poco più di un mese l’incidente che portò via un dito a un addetto proprio a quei macchinari. La testimonianza di Bonomi al medico dell’Ats fece aumentare la sanzione comminata all’azienda.
A Firenze, Siena e Arezzo opera come Rlst Antonio Puoti, per fortuna non si è mai trovato a dover affrontare incidenti gravi, sostiene l’importanza del suo ruolo previsto dal contratto dei metalmeccanici perché: “Consente di entrare anche nelle piccole aziende, quelle che non hanno gli Rls. Certo – aggiunge – bisogno all’inizio affrontare la diffidenza dei datori di lavoro e dei lavoratori. Ma è proprio in quei luoghi che c’è più bisogno di una presenza visto che spesso i lavoratori non se la sentono di esporsi e quindi una figura che arriva dall’esterno e che ha una preparazione tecnica è fondamentale. Mi è capitato - aggiunge - di arrivare in piccole realtà e trovare in uso sostanze tossiche pericolose adoperate senza precauzione perché si era fatto sempre così”. Consapevolezza, ecco la parola chiave usata da diversi nostri interlocutori, Rls e Rlst hanno come obiettivo -appunto - far aumentare la consapevolezza dei rischi sia ai lavoratori e alle lavoratrici, che ai datori di lavoro. Solo così si possono ridurre i rischi.
“Una buona organizzazione del lavoro è indispensabile alla sicurezza” afferma Laura Sardelli, anche lei Rlst di territorio ma per il commercio e l’artigianato. Che sostiene: “Tutti si indignano ma non si sa bene dove mettere le mani. Bisogna parlarne e contrattare i tavoli continui di confronto che si erano costituiti per fronteggiare la pandemia, devono diventare strutturali per fare il salto di passo nella costruzione di salute e sicurezza”. Parla con passione e riflette sul suo ruolo. Diverso è essere Rls o di territorio, sostiene avendo svolto tutti e due i ruoli. Il territoriale deve rappresentare lavoratori che non conosce e che appartengono a settori assai diversi e quindi corrono rischi differenti. Sardelli, ad esempio si occupa di artigianato andando dai parrucchieri alle aziende metalmeccaniche artigiane, lavori diversi rischi differenti.
“Fare il rappresentante territoriale è decisamente un po’ più complesso, certo si ha più tempo per studiare e per formarsi ma è più complicato anche perché chi devi tutelare e rappresentare non lo conosci, non lo frequenti quotidianamente e loro si devono fidare di me. Occorre più tempo sia per conoscere le diverse mansioni e i diversi rischi, sia per instaurare un rapporto di fiducia sia con i lavoratori che con l’azienda”. A lei è capitato di esser chiamata, in quanto Rlst, dagli organi ispettivi dopo alcuni incidenti, per fortuna non gravi, per far ripartire l’azienda in questione. “In questi casi, se l’imprenditore è minimamente sensibile capisce che, al di là della sanzione, il nostro ruolo è proprio quello di far i modo che si possa riprendere l’attività in sicurezza, e allora è possibile fare delle buone azioni di prevenzione”.
“Però – aggiunge – occorre avere la capacità di capire che bisogna fare sicurezza non per essere a posto con i fogli. Bisogna fare formazione continua, anche ai più esperti, a quelli più giovani per iniziare a fargli capire che si può fare 100 volte la stessa attività e alla 101esima può capitare qualcosa e che quindi la confidenza è il peggior nemico di ogni lavoratore insieme agli eccessivi carichi di lavoro e alla fretta”.
Diego Ferraro lavora a Malpensa, da 25 anni, svolge il ruolo di agente di rampa, supervisiona e coordina tutte le operazioni dall’arrivo dell’aeromobile alla partenza, imbarco e sbarco dei passeggeri e dei bagagli, rifornimento carburante ecc. Viene da una famiglia tutta sindacalizzata, sia il padre che la madre sono stati delegati e oggi sono iscritti alla Spi e gli hanno trasmesso l’attenzione alla sicurezza. “La battaglia più importante che sto cercando di portare avanti è quella di far capire ai miei colleghi che tutte le norme vanno rispettate e applicate. Se noi per primi non ci opponiamo alle regole sbagliate che ci dà l’azienda, allora tutto è più difficile. Penso ad esempio alla mancanza di sponde sulle scalette tecniche per accedere alle stive degli aerei, se io non fermo l’azione fintanto che non ho l’attrezzatura adeguata – visto che abbiamo sempre fatto così – sbaglio”.
E riflette ad alta voce: “La legge è cambiata e la nostra responsabilità deve cambiare. Se non abbiamo le attrezzature adatte dobbiamo fermarci finché non si ristabilisce la condizione di sicurezza”. Le riflessioni di Ferraro sono tanto più opportune se si considera che nel 2019 un incidente, che a suo dire si poteva evitare, c’è stato. Un aereo privato sostava troppo vicino allo spiazzo dove erano in sosta anche quelli di linea, pioveva, era notte, la visibilità era scarsa e un trattorino adibito allo scarico e carico merci ha urtato il jet privato e si è ribaltato. “Era evitabile? – si domanda Ferraro – Probabilmente sì se il gestore avesse optato per una diversa allocazione degli aeromobili. Io avevo segnalato che la presenza dei jet privati in quel piazzale era rischiosa. Per fortuna in quell’occasione ci sono stati solo feriti, ma abbiamo rischiato molto”.