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"Nella terra di Di Vittorio ci sono ancora le dimissioni in bianco firmate dalle donne che si impegnano a non rimanere incinta prima di accettare l’ingaggio in campagna. Ci sono ancora le dimissioni 'vivamente consigliate' per eludere il blocco dei licenziamenti previsti dall’emergenza Covid, ci sono ancora pulmini e furgoni sovraccarichi di braccianti, anche se negli elenchi anagrafici il numero degli iscritti e delle giornate lavorate sembrerebbe in netto calo. Persone fragili, deboli e ricattabili, non solo dal Coronavirus o dalle sue varianti". Inizia con queste parole la denuncia della segretaria della Flai Cgil di Taranto, Lucia La Penna, che nei giorni scorsi ha lanciato il suo grido d’allarme nell’ambito del comitato direttivo del sindacato di categoria.
"Il settore primario, quello che ha consentito di rassicurare e sfamare gli italiani quando la paura della pandemia correva nelle pagine di cronaca degli ultimi 12 mesi, resta secondo il sindacato dei lavoratori agricoli della Cgil la faccia oscura di una crisi che coinvolge nel tarantino ben 27mila lavoratori e lavoratrici.
Il rischio che registriamo è che la categoria dell’agroalimentare, già invisibile, di fronte a questa crisi prolungata faccia notevoli passi indietro – commenta La Penna - alla faccia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che invece proprio allo sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista della qualità del lavoro avrebbe dovuto puntare.
La fotografia del lavoro nei campi in provincia di Taranto è impietosa.
I lavoratori iscritti negli elenchi anagrafici 2020 sono 26.484. Meno 571 rispetto al 2019. Le giornate lavorate nel 2020 sono state quasi 2milioni e 700mila. Circa 2mila e 200 in meno rispetto al 2019.
Ma il settore in realtà non si è fermato mai – spiega la segretaria della Flai Cgil di Taranto – e assistiamo al paradosso di un incremento di lavoro nero nei campi, da parte di migranti e di braccianti italiani che hanno scelto di accedere al reddito di cittadinanza o di emergenza, ma rinunciando di fatto al sostegno al reddito previsto dalla disoccupazione agricola.
Pannicelli caldi figli della ricattabilità di un settore che non riceve secondo il sindacato ionico la giusta attenzione neanche dagli organi istituzionali preposti.
Sono i lavoratori fondamentali per il Sistema Italia ma non hanno il riconoscimento per il 2020 del trascinamento delle giornate lavorative che li aiuterebbe ai fini contributivi, previdenziali e assistenziali – dice La Penna – così come risultano non esistere quando si tratta di mettere in atto maggiori tutele nel trasporto, depotenziando così il potere dell’intermediario di manodopera o caporale.
La Flai Cgil denuncia anche ritardi nel rinnovo dei contratti agricoli provinciali e assenze nelle politiche per il sostegno alla madri di figli minorenni.
Disimpegni che si registrano, sempre secondo Lucia La Penna, anche su tavoli come quello dell’Inail.
Il ruolo dell’ente dovrebbe essere quello di gestire l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali – dice la segretaria della Flai di Taranto - ma di fatto assistiamo a vere e proprie campagne demotivanti ad esercitare un sacrosanto diritto, nei confronti dei lavoratori.
Una vertenza che brucia da anni nelle coscienze della Puglia agricola, esattamente come bruciavano le campagne di Taranto e di Crispiano alcuni giorni fa.
Quegli incendi hanno responsabilità forse dolose, ma raccontano anche di un disimpegno continuo nei confronti di una categoria, come quella forestale – commenta La Penna.
Il Pnrr offrirebbe possibilità per restituire dignità a una filiera che è il vero oro della nostra provincia – termina la segretaria generale della Flai Cgil Taranto – incentivi che potrebbero interessare anche il settore della pesca e dell’acquacoltura. Si tratta di capire ora quale istituzione o ente sia pronto a lavorare a questo progetto di libertà e diritti. La Regione, i Comuni, gli enti di controllo battano un colpo!".