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Il 47,2% dei laureati italiani si dichiara disponibile a trasferirsi all’estero per lavoro. Il 32,1%, inoltre, è addirittura pronto a trasferirsi in un altro continente. Si rileva una diffusa disponibilità ad effettuare trasferte anche frequenti (27,8%), ma anche a trasferire la propria residenza (49,3%). Solo il 2,9% non è disponibile a trasferte. E’ quanto emerge dai Rapporti 2019 AlmaLaurea sul Profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati.
Nel 2018 il tasso di occupazione (che include anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita) è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 72,1% tra i laureati di primo livello e al 69,4% tra i laureati di secondo livello del 2017. Il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno in cui si sono osservati i primi segnali di miglioramento), risulta aumentato di 6,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 4,2 punti per i laureati di secondo livello. Si tratta di segnali positivi che, tuttavia, non sono ancora in grado di colmare la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-17,1 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi).
La retribuzione mensile netta – si evince sempre da dati AlmaLaurea – a un anno dal titolo è nel 2018, in media, pari a 1.169 euro per i laureati di primo livello e 1.232 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +13,4% per i laureati di primo livello, +14,1% per quelli di secondo livello. L’aumento rilevato, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-22,4% per il primo livello, -17,6% per il secondo livello).
Nel 2018, a un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati. Oltre la metà degli occupati, a un anno, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.
Sempre nel 2018, ma a cinque anni dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari all’88,6% per i laureati di primo livello e all’85,5% per i laureati di secondo livello. Tali tassi risultano in tendenziale aumento, rispetto al 2015, di 3,0 punti percentuali e di 0,8 punti percentuali, rispettivamente (si è scelto il 2015 perché rappresenta l’anno in cui si sono osservati i primi, generali, segnali di miglioramento). Resta però vero, anche in questo caso, che questi segnali positivi intervengono dopo anni di significativa contrazione del tasso di occupazione che, tra il 2012 e il 2015, è diminuito di 5,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 5,7 punti per quelli di secondo livello.
A cinque anni dalla laurea, la retribuzione mensile netta è pari a 1.418 euro per i laureati di primo livello e 1.459 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto al 2015 si rileva un aumento delle retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) sia tra i laureati di primo livello (+2,4%) sia tra quelli di secondo livello (+4,1%), intervenute dopo le generalizzate contrazioni degli anni precedenti: nel periodo 2012-2015 la contrazione è stata pari a -3,0% e -5,0%, rispettivamente, per i laureati di primo e secondo livello. La forma contrattuale più diffusa è il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato, che riguarda oltre la metà degli occupati. Quasi due terzi degli occupati, a cinque anni, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.
In dieci anni sono aumentati i contratti non standard
AlmaLaurea segnala che l’attività autonoma (liberi professionisti, lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) riguarda il 13,7% dei laureati di primo livello e il 10,9% dei laureati di secondo livello. Il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 24,5% degli occupati di primo livello e il 24,6% di quelli di secondo livello. I laureati assunti con un contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato) rappresentano il 39,9% dei laureati di primo livello e il 35,8% di quelli di secondo livello.
L’analisi della tipologia dell’attività lavorativa restituisce un quadro strettamente connesso con gli interventi normativi susseguitesi negli anni più recenti. Per tali motivi, si riporta il confronto rispetto al 2008, che evidenzia un deciso incremento del lavoro non standard (+16,0 punti percentuali tra i laureati di primo livello e +14,5 punti tra i laureati di secondo livello) e un calo del lavoro alle dipendenze a tempo indeterminato (-17,3 punti percentuali tra i laureati di primo livello e -6,9 punti tra quelli di secondo livello). Più contenute le altre variazioni.