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La Cgil sta per dare inizio a un percorso di rilancio delle idee e dei principi che stanno alla base del sindacalismo: inclusione, partecipazione, rappresentanza. Le proposte e le iniziative di Corso Italia si dovranno misurare con problemi molto complessi in una situazione sociale ed economica messa a dura prova dalla pandemia e dalle rapidissime trasformazioni del mondo del lavoro. Il compito del sindacato è reso poi ancora più impegnativo a causa degli attacchi mediatici che arrivano da più parti, come è successo in agosto per la questione vaccini e green pass. Oggi, 14 settembre, a Milano il primo appuntamento importante: l'assemblea nazionale delle delegate e dei delegati. Ce la spiega Ivana Galli, segretaria confederale responsabile dell'organizzazione.
Segretaria, si riuniscono a Milano le delegate e i delegati della Cgil. Quale sarà il tema all’ordine del giorno e che tipo di partecipazione è prevista?
La giornata di oggi, in Piazza Arco della Pace, sarà un grande momento di partecipazione. Tremila delegate e delegati da tutta l’Italia vi prenderanno parte in modalità mista tra presenza in piazza e collegamenti da remoto, nel pieno rispetto delle regole anti Covid-19. Ci confronteremo in assemblea sui temi della giustizia e della coesione sociale, perché il mondo del lavoro e il Paese sono in un momento di grande difficoltà, anche ma non solo in seguito alla pandemia. In un’Italia divisa, frammentata, incattivita, impaurita, impoverita, le parole d’ordine per la ripartenza e il cambiamento devono essere necessariamente coesione e giustizia sociale.
L’assemblea di Milano sarà la prima tappa di un lungo percorso che porterà alla Conferenza di organizzazione e poi al Congresso. Al centro della discussione i temi dell'inclusione, della partecipazione e della rappresentanza. Ci puoi spiegare il senso di questa scelta?
Questi tre temi sono da sempre il fulcro del nostro modo di fare sindacato, sono le parole d’ordine che muovono il nostro agire. In una fase così complessa e delicata quale quella della pandemia da Covid-19 ritengo che sia ancora più importante far riemergere questi valori, riprendere le buone pratiche, imparare anche a declinare questi concetti attraverso mezzi nuovi per dare sempre maggiore concretezza al nostro lavoro. In questi ultimi due anni le lavoratrici e i lavoratori, le disoccupate e i disoccupati, le pensionate e i pensionati, le studentesse e gli studenti, le bambine ed i bambini si sono trovati ad affrontare condizioni difficilissime. Condizioni che sono in continuo mutamento, ma che non torneranno in modo naturale al “prima” e che hanno prodotto nella maggior parte delle persone un grande senso di frustrazione, rabbia, solitudine, paura. Per questo è necessario più che mai uno sforzo di tutta la Cgil, ad ogni livello, per rimettere al centro dell’attenzione i temi di democrazia, partecipazione, rappresentanza. Al centro del dibattito pubblico e al centro delle pratiche della politica, ma anche del nostro agire quotidiano. Perché la rabbia, la paura, la solitudine possono essere combattute solo attraverso una presa in carico collettiva dei problemi e delle soluzioni necessarie a risolverli.
La riflessione che si sta avviando all’interno della Cgil riguarda più in generale la contrattazione. In particolare si parla del rilancio della contrattazione inclusiva e della contrattazione sociale. Ci puoi spiegare meglio, oltre ai concetti di contrattazione inclusiva e di contrattazione sociale, il percorso che avete immaginato e quali sono le possibili novità dal punto di vista organizzativo?
La contrattazione inclusiva è molto semplice da spiegare e molto difficile da realizzare: si tratta di tenere in considerazione allo stesso modo, in fase di contrattazione, i diritti e i bisogni di diverse categorie di lavoratrici e lavoratori, siano essi diversi per ccnl applicato, tipologia contrattuale, orario di lavoro, mansioni, età, esigenze di conciliazione vita-lavoro e così via. Più è ampio il bacino a cui ci si riferisce – ad esempio per la contrattazione di sito o di filiera - e più aumentano le variabili da tenere in considerazione. La Cgil, con il suo approccio confederale, da sempre è impegnata su questo fronte e negli anni abbiamo concretizzato questo concetto in centinaia, migliaia di esperienze più o meno conosciute su tutto il territorio nazionale. Negli ultimi decenni l’aumento della frammentazione del mondo del lavoro ha reso la contrattazione inclusiva un obiettivo di primaria importanza del nostro agire sindacale. La contrattazione sociale – la cui esperienza più fortunata è quella di tipo territoriale, grazie al contributo fondamentale delle Camere del Lavoro sparse sul territorio - è quella pratica di contrattazione che ci permette di utilizzare gli stessi principi della contrattazione inclusiva per ricollegare i diritti nel lavoro con i diritti di cittadinanza. Il percorso che immaginiamo si basa su una maggiore condivisione e passa da molti punti, la maggior parte dei quali ancora da costruire insieme nel percorso che ci apprestiamo a fare della Conferenza di organizzazione. Sicuramente la chiave è aumentare la responsabilizzazione di ogni livello della Cgil su questi temi, ed allargare la partecipazione con strumenti via via adatti al tipo di vertenza in questione.
Si parlerà appunto anche di una nuova centralità delle Camere del lavoro che in questi anni hanno subito una lenta trasformazione. Che cosa vuol dire rilanciare la loro centralità?
Le Camere del lavoro sono il nostro presidio più vicino alle lavoratrici e ai lavoratori subito dopo le Rsu/Rsa. Sono anche il primo presidio in assoluto per le lavoratrici e i lavoratori che, per i motivi più disparati, non hanno una rappresentanza dentro il posto di lavoro. Sono il luogo fisico in cui esercitare la nostra azione confederale, in cui permettere un confronto costante e costruttivo tra categorie, in cui sperimentare pratiche inclusive organizzative e contrattuali. Le Camere del lavoro sono anche, spesso, il luogo in cui hanno sede i nostri servizi, unendo così il valore della rappresentanza collettiva a quella individuale. Rilanciare la loro centralità significa trovare dei modi – siano essi antichi ma ormai dimenticati o nuovi e tecnologici – per far vivere i valori della Cgil sul territorio, per mettere a sistema le buone pratiche le categorie, per ricostruire e rafforzare un presidio di democrazia e rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori che sia visibile e aperto a tutte e tutti.
La Cgil rilancia il tema della partecipazione in un momento molto complicato delle nostre società, che sono state messe alla prova della pandemia. Individualismo e solidarietà sono in continua tensione. Guardando il tema della partecipazione anche dal punto di vista del coinvolgimento dei lavoratori, che valutazione fate dell’andamento del tesseramento?
Il tesseramento del 2020, considerata l’eccezionalità legata alla pandemia e all’impossibilità di fare proselitismo nelle modalità che abbiamo sempre conosciuto, è pienamente soddisfacente. La Cgil ha dato prova di grande senso di responsabilità e ha saputo mantenere vivo il rapporto con le lavoratrici e i lavoratori che hanno avuto bisogno di noi, anche sviluppando canali virtuali e sfruttando a pieno i sistemi digitali che già avevamo. È evidente però che la pandemia ha reso ancora più grandi le distanze tra lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e lavoratori precari e, dentro il contenitore della precarietà, tra le varie tipologie di contratti e condizioni. È proprio su questo che vogliamo intervenire ed è per questo motivo che ci serve un grande percorso di partecipazione e democrazia, per riportare l’attenzione su questi temi che stanno dilaniando il Paese e che rischiano di mettere ai margini in modo irrimediabile i giovani, le donne, i migranti, quelle lavoratrici e quei lavoratori cioè che hanno pagato e stanno pagando maggiormente il prezzo della crisi pandemica.
È partita in questi giorni una grande campagna nazionale sulle vaccinazioni e la lotta contro il Covid. Si tratta di un appuntamento importante che darà la possibilità alla Cgil di comunicare e mettersi in sintonia con tutte le componenti della società. Ce ne puoi parlare?
Quella che è partita è una campagna capillare, in tutti i luoghi di lavoro, che ha come scopo sensibilizzare alla vaccinazione, ma soprattutto far arrivare la corretta informazione sull’obbligo vaccinale e la posizione della Cgil: anche alla luce di una campagna mistificatoria, che ha cercato di scaricare sul sindacato scelte che spettano al governo e al Parlamento. La campagna si articola attraverso volantini, manifesti, social network e tante assemblee sui luoghi di lavoro, perché va garantita la sicurezza "per noi stessi e per gli altri".