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“Lo Stato è al tuo fianco!”. Questa lo slogan scelto dal governo Meloni per la campagna di comunicazione sugli strumenti che dovrebbero sostituire il Reddito di cittadinanza. Quale Stato è al fianco di quegli uomini e quelle donne che in Campania percepivano il sostegno e che dal primo luglio non ricevono più niente? E soprattutto, ci domandiamo, quale lavoro potranno trovare visto che il numero di domande registrate sulla nuova piattaforma è assai più alto del numero di posti di lavoro registrati?
La questione è tutta qui. Si continua ad affermare che il Rdc andava tolto perché considerato, anziché strumento per arginare la povertà, fabbrica di poltronismo e impedimento per quegli imprenditori alla ricerca estenuante di manodopera. Ed allora via l’assegno che ha consentito a milioni di persone di sopravvivere, al suo posto la promessa di un posto, in attesa del quale frequentando un corso di formazione si avrà diritto a circa 350 euro al mese per un anno.
Ma quante offerte di lavoro sono sulla piattaforma Sisil? Sono e saranno sufficienti per tutti gli occupabili? In Campania certamente no.
Tempi e modi
Ai primi 160 mila percettori l’assegno non è più arrivato dal 1 luglio, avvisati attraverso un sms scritto nel tipico e poco intellegibile linguaggio burocratico e firmato Inps. In cambio, dice il governo e annuncia via spot tv a reti quasi unificate, dal 1 settembre ci si potrà iscrivere alla “piattaforma Sisil” voluta dal ministero del Lavoro e realizzata dall’Istituto nazionale di previdenza. I molto fortunati troveranno un’offerta di lavoro sperando di piacere all’ipotetico datore, gli altri fortunati, ma un po’ meno, dovranno aspettare l’avvio di corsi di formazione di cui a oggi non si ha notizia per, in costanza di frequenza, ricevere i 350 euro. Nel frattempo, fino alla prima busta paga da lavoro o fino al primo assegno da frequenza, come sopravviveranno non si sa.
Accade in Campania
Secondo Jamal Qaddorah, coordinatore Inca Cgil regionale, tra i tanti occupabili che si sono rivolti agli sportelli del Patronato solo poche centinaia sono riusciti a presentare la domanda. Le ragioni sono sostanzialmente due, da un lato la farraginosità della procedura che, benché facilitata dall’aiuto dell’operatore dei servizi, prevede la scannerizzazione di una serie di documenti che spesso chi vorrebbe inoltrare la domanda non ha. E poi perché chi si iscrive deve necessariamente indicare tre agenzie per il lavoro a cui far capo ma quasi nessuno di loro ne conosce nemmeno una. Senza questa indicazione la domanda non viene nemmeno registrata.
Il lavoro che non c’è
Al momento in Campania risultano inserite in piattaforma oltre 4.000 domande, e solo 343 offerte di lavoro, significa che per ogni posto disponibile ci sono già più di 10 aspiranti lavoratori e lavoratrici. È assai preoccupato Nicola Ricci, segretario generale della Cgil regionale, che commenta: “Le offerte di lavoro sono poche perché da noi il lavoro non c’è, e quello che si offre è precario e concentrato nei servizi, nella ristorazione, nei bar e nella giungla degli appalti. Questi numeri dimostrano in maniera inoppugnabile che i percettori del Rdc non sono e non erano fannulloni ma uomini e donne che vedono il lavoro come un miraggio. Certo non hanno trovato lo Stato al loro fianco, ma solo disperazione e sfruttamento. E poi, quando va bene lavoro nero, quando va male la camorra”.
E non finisce qui
Se le uniche offerte di lavoro riguardano ristorazione e turismo, immaginiamo che gli imprenditori cercheranno personale - magari di “bella presenza” - in grado di colloquiare con turisti e avventori. Jamal Qaddorah, però, racconta che la stragrande maggioranza degli occupabili ha più di 50 anni e se va bene ha conseguito solo il diploma di terza media. Quanti di loro verranno allora assunti? “In realtà – aggiunge Ricci - gli imprenditori e le agenzie per il lavoro non sono in grado di attivare un mercato del lavoro aperto".
La trappola della formazione
Non solo non c’è lavoro, ma non esistono nemmeno i corsi di formazione. Almeno non ancora. Sempre il segretario generale della Cgil campana sostiene: “Gli ex percettori andrebbero sicuramente formati ma prima di gennaio i corsi non sono previsti e, peraltro, la Regione ha già detto di non essere nelle condizioni di attivare tutti gli occupabili. Per di più credo sia indispensabile consentire la partecipazione ai corsi anche mentre si lavora”. Ma se questa è la situazione dal 1 a luglio a gennaio - se va bene – come faranno a sopravvivere queste persone? La verità è che più si cerca di capire la reale situazione più lo spot del governo appare come una sonora presa in giro.
Le preoccupazioni della Cgil
Da tempo Nicola Ricci, e con lui a onor del vero gli altri segretari della Cgil delle regioni del Sud, cerca di alzare il livello di attenzione sulla realtà, la situazione a lungo andare può diventare davvero complicata. Certamente per chi non ha più alcun sostegno economico, che non sono certo fannulloni né cittadini di serie B, ma anche dal punto di vista della tenuta sociale. Dice ancora il leader campano: “Temiamo, per come è stata fatta la legge, che se ci sarà un incremento di offerte di lavoro a ridosso delle festività natalizie e di fine anno, saranno part time e contratti a termine”.
E allora finite le feste finito il lavoro? Questa è la preoccupazione, tanto più che proprio in queste ore l’Istat ha segnalato un rallentamento dell’economia e una riduzione della produzione industriale. “Come Cgil – conclude Ricci - abbiamo chiesto una proroga dei termini perché nel Mezzogiorno, con una disoccupazione a doppia cifra e una crisi trasversale dei settori produttivi e del terziario, non si potrà dare sbocco e futuro agli ex percettori del Rdc in tempi brevi. Lo abbiamo detto più volte al governo, sottovalutare la realtà è ingiusto e rischioso, solo Campania prevediamo tra 120 e 130 mila persone coinvolte e da occupare”.