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Accade anche questo: che ti presenti al lavoro, come ogni giorno, e trovi chiusi i cancelli della tua fabbrica. È successo ai 44 dipendenti della Italoforme di Este (Padova), storica azienda di modelleria e forme per calzature attiva da più di un secolo (precisamente dal 1897). L’azienda era in crisi da tempo, ma nessuno immaginava un epilogo così traumatico.
Lunedì 10 luglio, appunto, i lavoratori hanno trovato i cancelli serrati. Il giorno seguente (martedì 11) Italoforme ha annunciato la chiusura dell’attività, comunicando anche il deposito al tribunale di Rovigo dell’istanza di liquidazione giudiziale e il forte indebitamento societario. Immediata la protesta della Fillea Cgil, che ha organizzato per martedì 18 luglio, alle ore 8, un presidio davanti allo stabilimento (in via Callido 6).
La situazione dell’azienda
“La situazione era irreversibile”. Così Marco Favaro, avvocato dell’azienda (di proprietà dai primi anni Quaranta della famiglia Benetti), in un breve colloquio con il Gazzettino di Padova: “Auspichiamo che nuovi soggetti si facciano avanti e propongano offerte di acquisto o di affitto di azienda”. L’avvocato ha anche precisato che “Il Tfr non andrà perduto e, da quel che risulta, gli stipendi sono stati erogati”.
L’azienda era da anni in difficoltà. Basti pensare che nel 2009 il personale ammontava a 90 unità, ora è meno della metà. Nel quadriennio 2015-2018 il fatturato era calato di oltre il 30%, mentre nel 2019 si riuscì a evitare una tornata di esuberi mediante un mix di prepensionamenti ed esodi incentivati. Ma le difficoltà sono continuate, fino alla drammatica situazione attuale.
La posizione della Fillea Cgil
“Più di quaranta persone e famiglie hanno perso il posto di lavoro e sono stati lasciati a casa”, commentano il segretario generale Fillea Cgil Padova Gianluca Badoer e il segretario Simone Ferraretto: “Senza preavviso, senza discussione, senza possibilità di confronto con le organizzazioni sindacali e i rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici”.
Al di là delle difficoltà aziendali, per gli esponenti sindacali “non è accettabile trattare le persone come oggetti e sbarazzarsene quando non servono più. Quest’azienda ha trattato i dipendenti come utensili, utilizzandoli e abbandonandoli davanti ai cancelli, senza nessuna riflessione su un percorso di accompagnamento alla pensione, senza nessuna creazione di un percorso di formazione e reinserimento in altre realtà produttive”.
La Fillea assicura il massimo impegno “per tutelare i posti di lavoro e la dignità delle famiglie che vivono nel territorio” e chiede “il reintegro immediato delle lavoratrici e dei lavoratori”. Badoer e Ferraretto, inoltre, sollecitano le istituzioni a farsi carico della situazione: “È inaccettabile che fatti di questo tipo avvengano nel cuore di una provincia come la nostra. Questa è la cartina tornasole dello sviluppo che, come ricco Veneto, dichiariamo di avere: massima attenzione al capitale e nessuna alla dignità delle persone”.
La categoria Cgil, in conclusione, ritiene necessaria anche “una riflessione sulla recente riforma in tema di diritto fallimentare, che permette agli imprenditori di chiudere in un giorno un’azienda senza nessuna comunicazione scritta ai lavoratori, ma non prevede contestualmente per quest’ultimi l’erogazione degli ammortizzatori sociali per cui bisogna attendere diversi mesi”.