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L’Italia si conferma il Paese europeo con il maggiore squilibrio generazionale tra le persone occupate. A dirlo è il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), che nel rapporto intitolato “Demografia e forza lavoro”, curato dal consigliere Alessandro Rosina e approvato dall’Assemblea lo scorso 18 dicembre, analizza una preoccupante dinamica: a parità di forza lavoro, la componente degli under 35 è significativamente più debole rispetto a quella dei lavoratori più maturi.
I dati comparativi più recenti, forniti da Eurostat e citati nel rapporto, evidenziano che in Italia la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni conta quasi un milione di occupati in meno rispetto alla fascia tra i 55 e i 64 anni. In termini assoluti, si tratta di poco meno di 4,2 milioni di giovani occupati contro oltre 5,1 milioni di lavoratori più anziani. Questo si traduce in una differenza percentuale di quasi il 20% a favore dei più maturi.
Francia la più virtuosa
In un confronto europeo, il divario italiano appare particolarmente marcato. In Germania, ad esempio, la differenza tra le stesse fasce d’età è del 10% a favore dei lavoratori senior, mentre in Spagna si registra un sostanziale equilibrio. La Francia, al contrario, presenta un quadro opposto, con circa il 20% di occupati in più nella fascia 25-34 rispetto a quella 55-64. Questa situazione, sottolinea il rapporto, rappresenta un significativo svantaggio competitivo per l’Italia nei processi di crescita e sviluppo rispetto agli altri grandi Paesi europei.
Un’inversione generazionale senza precedenti
Il fenomeno dello squilibrio generazionale in Italia è il risultato di un processo di trasformazione demografica e sociale che ha subito un’accelerazione drammatica negli ultimi 25 anni. Negli anni ’90, la fascia d’età compresa tra i 15 e i 34 anni contava circa 3 milioni di persone in più rispetto alla fascia 55-74. Oggi, il quadro si è completamente ribaltato: i lavoratori più anziani superano i giovani di circa 4 milioni di unità.
Questa inversione è il risultato di molteplici fattori, tra cui il declino della natalità, l’invecchiamento della popolazione e una persistente difficoltà ad integrare i giovani nel mercato del lavoro. I dati suggeriscono che le nuove generazioni faticano non solo ad accedere al lavoro, ma anche a consolidare percorsi professionali stabili e remunerativi, in un contesto spesso caratterizzato da precarietà e bassi salari.
Un appello per politiche mirate
Il rapporto del Cnel si conclude con un appello urgente: il Paese ha bisogno di politiche che favoriscano l’ingresso e la stabilizzazione dei giovani nel mercato del lavoro. Interventi mirati alla formazione, all’innovazione e alla promozione di condizioni lavorative più eque potrebbero aiutare a riequilibrare una situazione che, al momento, rischia di compromettere il futuro economico e sociale dell’Italia.
Rimanere indietro in termini di inclusione giovanile non è solo una questione di numeri, ma di competitività e sostenibilità. Se non si interviene rapidamente, il divario generazionale potrebbe diventare ancora più difficile da colmare, con ripercussioni dirette sulla crescita del Paese e sul benessere delle generazioni future.