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Un accordo importante. Che chiude una trattativa lunga (ben 14 mesi) per un contratto – quello del comparto Istruzione e ricerca 2019-21 – che interessa un milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici di scuola, università, ricerca e Afam.
A fine 2022 era stata trovata l'intesa sulla prima sequenza economica, un'intesa che aveva portato a un aumento medio lordo mensile di 98 euro. Il nuovo accordo prevede – oltre a tutta la parte normativa – ulteriori incrementi stipendiali per tutto il personale. Sul sito della Flc Cgil sono disponibili schede specifiche su scuola, università, ricerca e Afam ed è possibile scaricare il testo dell'ipotesi di contratto che nei prossimi giorni dovrà essere approvata da lavoratrici e lavoratori.
Con Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, commentiamo questo risultato significativo, anche se lo sguardo va subito al futuro: “Abbiamo la necessità – ci dice – di aprire immediatamente una vertenza col governo per ottenere le risorse necessarie per il rinnovo del Ccnl 2023-24. Bisogna rispondere in maniera adeguata all’emergenza salariale nei settori della conoscenza”.
Quali sono i risultati più importanti che avete conseguito con il rinnovo?
In linea generale, e al di là dei contenuti specifici che riguardano i singoli settori, credo che l’aspetto più significativo sia quello di aver riconquistato spazi importanti di contrattazione che negli ultimi anni interventi di legificazione avevano ridotto.
Se dovessi indicare per ciascuno dei quattro settori alcuni delle conquiste più rilevanti, quali indicheresti?
Per quanto riguarda la scuola sicuramente il nuovo ordinamento del personale Ata, poi tutti i capitoli su formazione e mobilità e i diritti in più ottenuti per il personale precario (ad esempio i 3 giorni di permesso, ndr). Per l’università molto importante essere riusciti a “definalizzare” 25 dei 50 milioni stanziati dalla legge di bilancio e che in questo modo potranno andare per l’indennità di ateneo e per i redditi più bassi, mentre prima erano riservati a progetti non meglio definiti. Rispetto alla ricerca siamo stati costretti a “mandare a sequenza”, cioè a rimandare a settembre, la parte ordinamentale perché mancano le risorse per metà degli enti di ricerca, cioè quelli non vigilati dal Mur. La convocazione è già per il 7 settembre, e per quella data bisognerà trovare le risorse necessarie, altrimenti gli incrementi salariali andrebbero solo a metà del personale. Infine l’Afam, l’alta formazione artistica e musicale, dove il tema salariale era molto importante. In questo caso abbiamo fatto operazioni di rilievo sia sugli ordinamenti sia sulle risorse per alcune indennità importanti.
Il contratto nazionale è uno strumento di grande importanza nella tenuta di un sistema d’istruzione pubblico e universale e per questo è importante la firma all’Aran. Contemporaneamente però il governo, con provvedimenti quali il dimensionamento scolastico e l'autonomia differenziata, procede in direzione opposta, verso una vera e propria frammentazione di quel sistema. Come avete intenzione di agire?
Sul dimensionamento presenteremo un ricorso a settembre; i nostri legali sono al lavoro. La misura produrrà infatti un’ulteriore e gravissima riduzione della presenza delle istituzioni sul territorio. Sull’autonomia seguiremo ovviamente quello che farà la Confederazione, non rinunciando alle nostre specificità. Per la conoscenza sarebbe un’ipotesi devastante, folle: non abbiamo bisogno di fotografare le diseguaglianze, che già ci sono, ma di forti investimenti per ridurle
Insomma, a settembre ci sarà da lottare…
Se mettiamo insieme dimensionamento scolastico, autonomia differenziata e l’attacco che è in atto nella scuola secondaria – con un’idea di privatizzazione di interi pezzi del sistema pubblico di istruzione – ebbene sì, siamo pronti a un settembre di iniziative e mobilitazioni.
Poi c’è, purtroppo sempre attuale, la questione degli organici. Temete sempre le “solite” 200 mila supplenze nella scuola per il prossimo anno?
Più che temiamo, ne siamo certi.
Il governo però ha appena annunciato 50 mila immissioni in ruolo…
Che però non risolvono affatto il problema del precariato. Un tema che vale per tutti i settori: anche per università, ricerca e Afam. Si tratta di una vera e propria precarizzazione di Stato che non è più accettabile.
Per la scuola, in particolare, cosa chiedete?
Innanzitutto immissioni in ruolo per tutti i posti disponibili. Vanno stabilizzati – soprattutto nel sostegno – quei posti che a oggi sono nel cosiddetto organico di fatto e che dunque non possono essere stabilizzati. L’organico di fatto non può essere utilizzato in maniera così massiccia, perché alimenta, appunto, una precarietà di Stato. Va utilizzato solo per piccoli aggiustamenti, “limature”.
Il governo ha annunciato la lotta alla dispersione scolastica. Il ministro Valditara ha presentato in pompa magna l’Agenda Sud…
Si tratta di una minisperimentazione che riguarda 150 scuole. Ma la dispersione la si affronta con le “persone” e rafforzando il sistema. Dunque: personale, tempo scuola, attività aggiuntive, didattica inclusiva, orari più lunghi, investimenti sulla scuola dell’infanzia. Da almeno 30 anni sappiamo che la frequenza di un nido rappresenta un’arma fondamentale contro la futura dispersione scolastica.