PHOTO
Marta Barone vive a Brescia e ha 30 anni. La sua storia lavorativa è costellata da rapporti precari, contrattini a tempo e paghe da fame. Dice di aver avuto tutti gli inquadramenti possibili e immaginabili, compresi i voucher che andava a riscuotere in tabaccheria a fine mese. Si sente un po’ il modello della lavoratrice sfruttata anche perché a quest’età vorrebbe sposarsi e avere un figlio ma “come faccio – ci chiede -, prima di tutto viene il lavoro, senza il lavoro non vivo! Se ci riesco bene, altrimenti rimarrò zitella. E dire che sono anche nelle categorie protette ma nonostante i mille punti che ho, l’ufficio di collocamento non mi aiuta, non mi tutela, non mi sostiene. Devo fare tutto da sola. Ho problemi fisici a causa dei quali mi hanno chiuso molte porte in faccia”.
Marta è un nome di fantasia e di fantasia è la sua città perché la vicenda che vi stiamo per raccontare non è ancora conclusa. La nostra protagonista però tiene a precisare che si svolge nella ricca, avanzata, civile e rispettosa delle regole Lombardia, a dimostrazione che certe storture non sono solo appannaggio delle regioni del Sud. “Dopo aver preso un attestato per assistente all’infanzia e alla persona, sono stata chiamata per un tirocinio extracurriculare part-time, 20 ore settimanali per sette mesi – racconta -. Mi ero diplomata da poco e anche se il compenso era basso, 350 euro al mese, a me andava bene, avrei fatto pratica affiancata da un assistente all’infanzia”.
E in effetti Marta ha iniziato a lavorare seguita da un responsabile, a contatto diretto con i bambini del nido, da zero a tre anni, con tutte le grandi responsabilità e l’impegno che i piccolini richiedono. “Dopo nemmeno un mese mi viene chiesto di firmare un foglio e dare le dimissioni – spiega -. In pratica mi stavano mandando via. È così che ho fatto la scoperta: stavo sostituendo un educatore andato in congedo non retribuito, che adesso voleva rientrare. Quindi si trattava di sfruttamento bello e buono. Mi sono rivolta al Nidil, dove mi conoscevano già per via di precedenti vicissitudini. E grazie al sindacato ho ottenuto un contratto a tempo determinato, con tre mesi di prova”.
Adesso Marta guadagna 600 euro al mese per un part-time e fa un lavoro che le piace, a contatto con i bambini, quello che ha sempre sognato. “Chissà se proseguirà - conclude -, ma tanto vivo alla giornata, ci sono abituata, anche se non ti nascondo che sono un po’ stanca di cambiare lavoro ogni tre-quattro mesi”.