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L’Intelligenza artificiale porterà una crescita del Pil da qui al 2035 fino a 38 miliardi, pari al +1,8%. Ma sei milioni di lavoratori nel mondo sono a rischio sostituzione, mentre nove milioni potrebbero vedere l’Ia integrarsi con le loro mansioni. Per un totale di circa 15 milioni di lavoratori esposti agli effetti dell’Ia. Sono i dati resi noti con il Focus Censis Confcooperative “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?”.
Maggiore è il grado di istruzione del lavoratore maggiore dovrebbe essere il rischio di essere sostituito o di vedere le proprie mansioni integrate dall’Intelligenza artificiale, afferma lo studio. Motivo per il quale le professioni più toccate sono quelle intellettuali: ai primi quattro posti ci sono i matematici, i contabili, i tecnici della gestione finanziaria e gli statistici, mentre i più integrabili sono i direttori, i dirigenti della finanza e dell’amministrazione, dell’organizzazione, della gestione delle risorse umane e delle relazioni industriali, come anche gli avvocati.
I meno coinvolti hanno già pagato il loro tributo
Viceversa, nella classe dei lavoratori a basso rischio di sostituzione o integrazione il 64% non raggiunge il grado superiore di istruzione e solo il 3% possiede una laurea. Stiamo quindi parlando di lavori manuali, di operai, di rider, di chi lavora nei campi, e di una serie di altre figure.
Alessio De Luca, responsabile della riconversione green e della ricerca dell'Area delle Politiche per lo sviluppo della Cgil nazionale, spiega che le professioni intellettuali sono maggiormente interessate dalle trasformazioni dovute all’Ia perché siamo in una “fase ulteriore di trasformazione dovuta in particolare all'intelligenza artificiale generativa, quindi capace di produrre pensiero”, in grado di creare contenuti originali, come testi, immagini, video, audio o codici software.
Chi svolge lavori manuali, in realtà, “è già stato interessato pesantemente dall’innovazione tecnologica, dalla digitalizzazione, che sinora ha visto l’intelligenza artificiale non generativa applicata ai processi produttivi non intellettuali”.
Prosegue De Luca: “Già avevano prodotto processi di sostituzione, pensiamo a tutti i livelli intermedi impiegatizi, a tutta l'area dei servizi, ma anche al pubblico impiego, all'area dei bancari. Qui è già stata fatta un'operazione di sostituzione e riduzione occupazionale nel corso degli ultimi anni, tanto è vero che sono intervenute anche operazioni di cassa integrazione e non solo”.
Sicuramente le figure professionali hanno subìto un processo di cambiamento: “La robotizzazione nelle fabbriche già l'abbiamo vista, ed è una forma di Intelligenza artificiale, come abbiamo già visto negli Stati Uniti i robot umanoidi inseriti in alcuni stabilimenti. In Cina alcune imprese di automotive utilizzano addirittura umanoidi che hanno proprio le sembianze di una persona e la manualità e la gestualità quasi umana”.
Una trasformazione onerosa
Non è però chiaro quanto tutto questo sia economicamente positivo per un'impresa. “Nonostante i robot dei quali ho parlato, il lavoro manuale al momento è la parte ovviamente meno sostituibile dall'intelligenza artificiale generativa”, continua De Luca: “La domanda è se conviene la sostituzione della manodopera con l'utilizzo di strumenti tecnologicamente onerosi che richiedono poi una gestione altrettanto onerosa, perché devono essere aggiornati e necessitano del lavoro di tecnici o professionisti che siano in grado, nei singoli luoghi di lavoro, di adattarli e renderli funzionali ai singoli processi produttivi. Per questi motivi gli studi ci dicono che l'impatto sui lavori non strettamente intellettuali potrebbe essere tra il 20 e il 40%, quindi molto più basso di quell'80% stimato per le figure apicali”.
Dopodiché c'è tutto il mondo vasto dei liberi professionisti o di quel mondo di mezzo, ci dice De Luca, “per esempio chi fa attività di carattere autoriale, come registi, scrittori, giornalisti, artisti. Pensiamo alle preoccupazioni dei traduttori: ormai l’Intelligenza artificiale è in grado di tradurre perfettamente dal punto di vista tecnico e linguistico, anche se poi per tradurre un testo letterario servono cultura, consapevolezza e conoscenza del testo, del periodo storico, e creatività. Conterà molto la capacità di queste figure di sapere utilizzare gli strumenti tecnologici avanzati e di adeguare anche la propria professionalità”.
Secondo il Focus le previsioni per il 2030 sul fronte occupazionale ci dicono che il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato, anche se in Italia c’è un ritardo significativo nell’adozione dell’Intelligenza artificiale rispetto ad altri paesi europei, perché secondo il Government AI Readiness Index 2024, l’Italia si posiziona al 25° posto, dietro a 13 Paesi europei.