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Sono aumentati del 66% gli infortuni sul lavoro in Abruzzo nel periodo gennaio-maggio 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021. Un dato peggiore di quello del resto d'Italia, dove la crescita è stata del 48%. In virtù di questi numeri la regione è al terzo posto in questa triste classifica, superata solo da Campania e Liguria. "Le cifre confermano tutte le preoccupazioni denunciate dalla Cgil nei mesi scorsi ma che paiono essere cadute nel vuoto", si legge in un report firmato dal segretario regionale Cgil Abruzzo Molise, Francesco Spina, e dal coordinatore regionale Inca Cgil Abruzzo Molise, Mirco D'Ignazio.
.Sono stati complessivamente 7.628 gli infortuni nei primi 5 mesi dell'anno, 3.046 in più del 2021. Di questi, 2.333 in provincia di Chieti (+56%), 1.411 a L'Aquila (+45%), 1.567 a Pescara con una crescita del 55%. Chiude la provincia di Teramo che con 1.208 infortuni raddoppia il dato dello scorso anno attestandosi, con +109%, tra le province in Italia in cui più alto è stato l'aumento percentuale degli incidenti sul lavoro.
"Un aumento causato in particolare da scelte organizzative volte ad affrettare i tempi di lavorazione sia per ragioni di offerta commerciale, che per la 'corsa al bonus'. Non è un caso, infatti, che se si escludono gli 'infortuni Covid'. A essere maggiormente colpiti sono i settori del trasporto e magazzinaggio (794 infortuni) e quello delle costruzioni (367).
A ciò si somma la sempre più elevata precarizzazione del mondo del lavoro (ogni 10 nuovi contratti, 8 sono precari e 3 di questi di durata inferiore a un mese). Una condizione che espone maggiormente al rischio infortuni: scarsa conoscenza della professione, formazione spesso assente, elevata ricattabilità di chi rischia di non vedersi rinnovato il contratto nel caso denunci problemi di sicurezza, sono il 'mix perfetto' perché aumenti il rischio di incidenti.
Non può più quindi essere rinviato un intervento energico e risolutivo che metta la sicurezza sul lavoro al centro di azioni preventive e di controllo. Le aziende devono investire in sicurezza, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte e dell'esposizione ai rischi; la cultura della sicurezza deve diventare una costante nella formazione, a partire dai percorsi scolastici; gli enti preposti ai controlli devono essere messi in condizione di operare davvero, aumentando le somme a disposizione per evitare che arrivino sempre e solo troppo tardi.
Il lavoro, sicuro, stabile e retribuito in maniera adeguata, deve essere lo strumento di crescita di un Paese e di una Regione, in cui va invertita la tendenza che continua a scaricare su lavoratrici e lavoratori i costi sociali di scelte che non vengono fatte".