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Dopo un biennio di trattative iniziato nel maggio 2023, la rottura del novembre scorso e lo sciopero di dicembre 2023, il negoziato con Aica Federturismo-Confindustria per il rinnovo del contratto nazionale dell’industria turistica s’interrompe “ancora una volta per le posizioni irrispettose e irresponsabili delle parti datoriali, che continuano ad accanirsi contro le lavoratrici e i lavoratori del settore”. È quanto si legge in una nota sindacale.
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dichiarano lo stato di agitazione e proclamano un pacchetto di 16 ore di sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti delle aziende associate ad Aica e Federturismo, da realizzare a livello territoriale.
Le organizzazioni hanno chiesto, ripetutamente e unitariamente: di procedere celermente alla definizione del nuovo contratto, escludendo l’introduzione di ogni elemento che potesse anche minimamente peggiorare le condizioni esistenti; di introdurre elementi nuovi, migliorativi e qualificanti il nuovo contratto; di definire aumenti salariali dignitosi e misure di contrasto alla precarietà.
Per tutta risposta, Federturismo e Aica non solo hanno respinto tale impostazione, ma hanno chiesto di introdurre elementi fortemente peggiorativi su istituti fondamentali: flessibilità dell’orario, apprendistato, tempo determinato e l’introduzione della reperibilità.
“Un atteggiamento miope per il turismo e offensivo per le lavoratrici e i lavoratori – proseguono i sindacati -, troppo spesso ingiustamente additati come svogliati e scansafatiche, negando che le maggiori criticità del settore sono proprio le condizioni di lavoro e le retribuzioni”.
A sei anni dalla scadenza del contratto, le cui retribuzioni sono ormai lontanissime dall’attuale costo della vita, “mentre la stagione estiva sta registrando numeri da record, anche superiori allo scorso anno, per le associazioni datoriali gli addetti alle aziende a loro associate non meritano rispetto, non meritano un contratto dignitoso, non meritano condizioni di lavoro sostenibili”. Le posizioni assunte dai datori, concludono, “non possono passare sotto silenzio”.