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Sciopero di otto ore venerdì 9 febbraio, con presidio a Roma presso il ministero delle Imprese, delle lavoratrici e dei lavoratori dei due stabilimenti di Industria italiana Autobus (Iia). A indire la protesta sono Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic e Ugl metalmeccanici.
“Industria italiana Autobus è un’impresa in mano pubblica in virtù delle partecipazioni azionarie di Invitalia e Leonardo”, spiegano i sindacati: “Iia produce beni per la collettività, operando nel settore del trasporto pubblico. I suoi ‘clienti’ sono le amministrazioni locali. Opera in un settore in forte allargamento, a fronte della transizione energetica e ambientale, e anche a fronte degli ingenti investimenti che dovranno essere messi in campo per riqualificare il trasporto pubblico”.
Le cinque organizzazioni ritengono che “la crisi di Industria italiana Autobus è un paradosso di difficile comprensione. Essa scaturisce dall’assenza di una chiara volontà politica di rilanciare l’azienda”.
I sindacati evidenziano che “in questo contesto, se l’assetto societario deve modificarsi prevedendo l’ingresso di nuovi investitori, le condizioni da preservare sono due: lo Stato deve rimanere dentro la compagine societaria come elemento di garanzia e responsabilità; il nuovo (o i nuovi investitoti privati) deve dimostrare solidità patrimoniale e definire un piano industriale serio, concreto, solido e realistico”.
Il rilancio di Iia “non può che passare attraverso la concretizzazione di questi due pilastri. Un rilancio che sia di lunga e stabile prospettiva per i lavoratori, fino a prevedere un allargamento occupazionale, che mantenga l’attività produttiva in entrambi gli stabilimenti di Bologna e Flumeri e che preveda un forte investimento in ricerca e sviluppo”.
I sindacati chiedono da tempo “la riconvocazione del tavolo presso il ministero delle Imprese. Le decisioni non possono essere prese sopra la testa dei lavoratori. Non accetteremo scelte che consideriamo sbagliate. Iia è stata difesa in questi anni dai lavoratori. Ogni scelta dovrà passare attraverso il loro consenso. Tutti devono essere consapevoli di questo. Nel caso di perdurante indifferenza del ministero, ci rivolgeremo direttamente a Palazzo Chigi”.