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Contratto nazionale, integrativo aziendale, rispetto della normativa sugli appalti ed emergenza sanitaria, questi i temi sui quali Flai e Filt hanno deciso, insieme ai delegati sindacali, di proclamare lo sciopero per il 7 giugno che coinvolge quasi 1.000 lavoratori dello stabilimento Inalca di Castelvetro di Modena, dipendenti sia di Inalca che di Gescar, la società detenuta al 100% da Inalca e che svolge le lavorazioni in appalto per conto di Inalca stessa. Dopo l’apertura dello stato di agitazione e le richieste sindacali dello scorso 13 aprile, nessun segnale è arrivato dalle aziende, per questo motivo le due sigle di categoria della Cgil che rappresentano i lavoratori dell’alimentare e della logistica hanno deciso di proclamare la protesta per il prossimo lunedì, per le ultime quattro ore del turno di lavoro. Con lo sciopero, si terrà anche un presidio davanti ai cancelli (via per Spilamberto 30/C, Castelvetro di Modena) dalle 9 alle 13.
"Da mesi, i nostri delegati chiedono misure straordinarie per fronteggiare la pandemia, come l’adesione alla campagna della Regione Emilia Romagna sugli screening periodici nelle aziende mediante tamponi a tutti i dipendenti, visti anche i focolai già manifestati delle scorse settimane. Cosa che Inalca si è sempre rifiutata di fare. A questo, va aggiunto il fatto che le aziende Inalca e Gescar hanno deciso – in modo completamente unilaterale – di diminuire il premio aziendale per chi è stato obbligato a casa in quarantena, oppure per chi è stato messo in cassa integrazione a causa del Covid. Quindi, tutti quei lavoratori che sono andati a lavorare nonostante tutto, con grande senso di responsabilità - e si sono ammalati, oppure sono stati costretti a casa in cassa integrazione (e quindi a stipendio ridotto) - si sono anche visti diminuire il premio di produzione", denunciano i sindacati.
"Produzione che, fortunatamente, non si è mai interrotta, ma che è stata portata avanti dall'azienda anche facendo un uso spregiudicato del personale in appalto, cioè sostituendo il personale assente con personale degli appalti. Una modalità in netta violazione alla normativa prevista dal Codice, che vieta, appunto, la commistione fra dipendenti diretti (Inalca) e dipendenti di aziende in appalto (Gescar). A tale scenario, si aggiunga poi che Inalca e Gescar, oltre ad essere tra le poche aziende a livello nazionale a non aver ancora firmato il ccnl dell’industria alimentare, ci hanno comunicato di non voler rinnovare il contratto aziendale. Un integrativo non più attuale, sia economicamente che dal punto di vista normativo, scaduto da tre anni e fatto in un periodo in cui nessuno poteva immaginarsi una emergenza sanitaria di questa portata. Una situazione paradossale,in quanto, dai dati forniti dalle aziende stesse, nell’ultimo anno - e nonostante la pandemia - il lavoro e l’impegno dei dipendenti ha portato a forti miglioramenti sia di qualità delle lavorazioni che di produttività", concludono le organizzazioni sindacali.