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Sono due anni che Stefano Ruberto è il rappresentante alla sicurezza per gli oltre mille operai che operano alla costruzione della linea 4 della metropolitana di Milano. Edili, metalmeccanici e non solo. Due anni da quando in quel cantiere un capo squadra è morto per un incidente, che probabilmente si sarebbe potuto evitare se Ruberto e i suoi colleghi avessero già cominciato a svolgere la propria opera. Faticoso è stato farsi riconoscere sia dalle imprese che dai lavoratori, ma i risultati si vedono: la contrattazione e la formazione preventiva hanno scongiurato altri incidenti mortali. È l’affermazione dei diritti, non solo su salute e sicurezza. “Quando il sindacato c’è fa la differenza”
Cosa significa essere rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito della linea 4 della metropolitana di Milano?
Significa occuparsi tutti i giorni di tanti lavoratori che operano in diversi cantieri, dove si realizza un'infrastruttura importante e complessa. Significa osservarli quotidianamente in attività diverse, da quelle dell’edilizia alle attività metalmeccaniche legate all’impiantistica eccetera. Occorre tener presente che un cantiere per la realizzazione di una grande opera è un luogo assai complesso, con centinaia di persone che svolgono mansioni diverse con rischi differenti: bisogna conoscerli, riconoscerli e cercare di prevenire. Essere Rls di sito è un lavoro complesso ma anche carico di responsabilità: si ha la consapevolezza che da noi, spesso, dipende la possibilità di evitare incidenti, salvare vite.
Facciamo un passo indietro. Quante sono le aziende che operano nei diversi siti della metro quattro e quanti sono i lavoratori?
Davvero tante, attorno alle mille tra imprese edili e metalmeccaniche. Quattro sono le affidatarie, sotto di loro c'è appunto la miriade di aziende esecutrici e in subappalto. Poi ci sono i fornitori, sia quelli che si occupano di movimentazioni terra che dei gruisti, tutte ditte con personale presente in cantiere anche se, ovviamente, non tutti contemporaneamente. Questo comporta un grandissimo turn-over, quindi ogni giorno incontriamo persone diverse: è una delle concause di aumento dei rischi, tenendo conto che in periodo di lavori a pieno regime vengono coinvolti tra i 1.000 e i 1.400 lavoratori.
Quello che tu mi stai descrivendo è un grande, grandissimo cantiere, molto complesso perché contemporaneamente ci lavorano tante persone, tante aziende con mansioni diversificate. Quanta formazione per la sicurezza viene fatta? È sufficiente?
Quella ordinaria viene fatta per legge ed è preventiva all’ingresso in cantiere. Poi c’è quella aggiuntiva: per ciò che riguarda gli edili c'è l'ente di formazione bilaterale che fa formazione specifica. Più di una volta l’abbiamo sollecitata noi, anche in occasione di infortuni o di mancati infortuni, penso – ad esempio – a un corso sull’uso delle seghe circolari che abbiamo fatto in campo fermando l’attività e coinvolgendo tutte le maestranze con contratto dell’edilizia. Abbiamo fatto corsi specifici sulla movimentazione dei carichi sospesi attraverso gru o sull’utilizzo delle scale temporanee. Così come abbiamo previsto una formazione specifica tra gli addetti di aziende diverse, il cui lavoro interferisce con le altre. Spesso queste attività le realizziamo insieme al coordinatore per la sicurezza, e non è inusuale che anche le aziende promuovano in autonomia momenti specifici dedicati alla sicurezza.
Parlavi di formazione in campo, ci spieghi meglio?
È importantissima perché un conto è ragionare in aula, altra cosa è farlo in cantiere. Insomma è un vero e proprio addestramento che spesso nasce proprio a fronte di infortuni o mancati infortuni, quindi riusciamo a essere stimolo nei confronti delle imprese affinché si realizzino momenti in cantiere con tutte i lavoratori e le maestranze. Così come molto utile è il protocollo premialità che ci consente e ci ha consentito di raggiungere tutti i lavoratori dei subappalti. Con una filiera così lunga questo è importantissimo: significa che ciascun lavoratore, anche quello dell'azienda più piccola e alla fine della catena dei subappalti, è responsabilizzato e premiato come quello assunto direttamente dalla azienda affidataria, nella costruzione della sicurezza.
È più difficile convincere alla sicurezza le aziende o i lavoratori?
È una bella lotta. Nel senso che le resistenze da parte dei dipendenti sono di natura direi psicologica, in quanto il lavoratore è abituato a fare sempre così, o il timore di perdere il lavoro gioca la sua parte. A volte sono gli stessi lavoratori a mettersi in condizioni di pericolo, ma lo fanno per diverse ragioni: la precisione dei tempi di produzione incide e quindi in questo senso spesso possono capitare distrazioni che in un contesto di quel tipo possono portare all'incidente. Non più tardi di qualche giorno fa – ad esempio - un lavoratore ha perso il pollice. Noi, ovviamente, cerchiamo di sensibilizzarli tutte le mattine: a volte li fermiamo, cerchiamo insieme a loro di riflettere su quelle che potrebbero essere le procedure più sicure. Siamo consapevoli, però, che in contesti come questi con una filiera di subappalti molto lunga, le maestranze cambiano in continuazione. In ogni caso da noi c'è molta più attenzione rispetto al cantiere che sta rifacendo le facciate dei condomini, eccetera.
Poi in particolare c’è una frase che, quando la sento ripetere, mi fa suonare un campanello: “Abbiamo sempre fatto così”. La possibilità e il dovere di correggere quella forma mentale è del datore di lavoro. E qui si manifesta la strategicità della nostra funzione. All’inizio eravamo visti con sospetto: siamo stati quelli che in alcuni casi abbiamo fatto fermare le attività o fatto comminare multe, abbiamo preteso formazione aggiuntiva e cambiamenti organizzativi ma dopo questi primi momenti siamo riusciti a far riconoscere la nostra figura e costruire autorevolezza nel corso del lavoro quotidiano. Certo, il nostro occhio è prevalentemente sulla sicurezza, ma siamo figure sindacali, quindi non dimentichiamo il rispetto dei contratti o la tutela dei diritti. Ti faccio un esempio: ricordi il lavoratore morto, definito giornalisticamente "alias" perché utilizzava il badge di un altro? Ecco, noi siamo riusciti a intercettare prima che accadessero fenomeni simili e a scongiurarli. Cerchiamo sempre di alzare l'asticella della sicurezza e dei diritti, certo con non poche difficoltà, ma siamo riusciti anche a ottenere l'allontanamento di figure che avevano anche delle responsabilità aziendali. Insomma, dove il sindacato c'è i risultati ci sono.