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Ci sono aree del nostro Paese nelle quali la crisi da Covid-19 si innesta in una condizione dei lavoratori da tempo compromessa. È il caso della Campania, come ci spiega il segretario generale della Fillea Cgil regionale, Enzo Maio, per il quale l’attuale situazione deve essere un’occasione per riflettere sull’esistente perprocedere con un cambiamento di rotta. Nella sua regione alcune drastiche misure erano state prese ancor prima che il governo centrale emanasse le norme sullo stop alle produzioni non essenziali. “Nei canteri si auspicavano le decisioni prese, per il clima di paura nel quale operavano i lavoratori”, ci racconta Maio, spiegando che nella sua regione la struttura delle azienda è frammentata ancora di più di quelli che sono i parametri nazionali e il 90 % delle imprese è al di sotto dei 5 dipendenti. La Campania negli anni scorsi è stata interessata dal fenomeno della destrutturazione aziendale, si sono persi poli di eccellenza e le imprese con centinaia di dipendenti oggi sono diventate piccole o piccolissime realtà.
“Questa dimensione di impresa - prosegue - ha messo il settore in fibrillazione assoluta, perché è ancor più difficile capire cosa possa garantire questi lavoratori anche sotto il profilo di tutela della salute. Nei grandi cantieri, come quello dell’alta velocità, abbiamo visto gruppi di operai che volontariamente si sono astenuti dal lavoro. Quindi i provvedimenti rispondono alle paure, ma non vanno in linea con tutte le necessità: è giusto che il Paese si fermi per tamponare la diffusione del virus, ma è necessario continuare a garantire un minimo di produttività, di lavoro”.
In questi giorni la Fillea Cgil campana sta ricevendo numerose comunicazioni di cassa integrazione da aziende sconosciute, del legno, del cemento, dei laterizie, con 3, 4, 5,6 dipendenti ed è difficile in questo momento seguirle tutte facendo opera di sindacalizzazione di tutela dei lavoratori. Ma chi è ancora più difficile tutelare sono i lavoratori in nero, che non sono beneficiari di alcun ammortizzatore. Uno dei motivi per i quali “la sicurezza in Campania è un ossimoro - afferma Maio - sta nei dati delle statistiche dell’Ispettorato del lavoro: viaggiamo attorno al 70/74% di lavoro nero e i dati delle casse edili fanno emergere anche il cosiddetto ‘grigio’, perché dal monte ore versato pro capite è chiaro che le norme contrattuali non sono rispettate. Questo accade anche per le opere pubbliche, ad esempio, sempre nei cantieri dell’alta velocità, assistiamo a fenomeni di dumping contrattuale, come Fillea sta denunciando da tempo, così come salario non corrisposto, elementari diritti negati. Stiamo parlando di una grande opera pubblica dove il committente è Fri, è lo Stato che costruisce”.
Maio lamenta quindi la mancanza di sostegno da parte delle istituzioni. Benché sollecitato a fare rispettare le norme, l’Ispettorato territoriale non interviene, “quando le Prefetture vengono interessate, perché sono i garanti dei protocolli sottoscritti, non intervengono”. “È una condizione paradossale - conclude il segretario generale della Fillea Cgil della Campania -, ma questa ondata di difficoltà dovrebbe farci riflettere e metterci di fronte a cosa eravamo ieri per non esserlo domani. Lo Stato non sa cosa accade sul territorio e così non può mettere in campo politiche adeguate a dare risposte. Dovremmo scendere dal teatrino ed entrare nel palcoscenico della vita reale, mettere piede nei cantieri per capire di cosa ha bisogno la gente”.