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Non è la criminalità la prima causa di morte violenta tra le forze dell’ordine italiane. È il suicidio. Dall’inizio dell’anno, infatti, sono 44 gli appartenenti alle forze di polizia che si sono tolti la vita. E nella maggior parte dei casi, con l’arma di ordinanza. Un morto a settimana, finora. Questo dato impressionante, raccolto a livello nazionale dall’associazione “Cerchio Blu” (che si occupa di sostegno psicologico per le forze italiane), è stato reso noto in un recente dibattito, organizzato presso la Camera del lavoro di Torino, e rivolto agli operatori del settore.
Entrando nel dettaglio, nell’86% dei casi ci si toglie la vita utilizzando la pistola d’ordinanza. I picchi si registrano nel Nord Italia: 42% contro il 31,4% degli eventi avvenuti nel Sud e nelle isole. La fascia di età più a rischio è quella trai 45 e 64 anni (58,13% di suicidi). Segue poi la fascia tra i 25 e i 44 anni, con il 34,48%. Picchi si registrano inoltre tra i 43 e 44 anni, e tra i 49 anni e i 52 . Il 30,7% lo ha fatto in un luogo privato, il 27,9% sul posto di di lavoro. Il 31% dei casi è avvenuto in estate, il 24% inverno.
“Sono dati impressionanti che dovrebbero indurre i vertici delle varie amministrazioni a riflettere. Non cerchiamo colpevoli, ma antidoti. Se non iniziamo a interrogarci sul fenomeno, rischiamo di piangere altri morti”, ha commentato Roberto Loiacono della Fp Cgil di Torino. “Bisogna affrontare il problema con estrema cautela, perché i casi sono in aumento – ha spiegato invece Graziano Lori, dell’associazione “Cerchio blu” –; ci sono paesi, come la Francia, dove la situazione è addirittura più drammatica della nostra”.
In effetti, nel 2014 i suicidi erano stati 43, 34 sia nel 2015 sia nel 2016, 28 nel 2017 e 29 nel 2018. Poi il picco di quest’anno. Le polizie locali o municipali registrano il più alto tasso di suicidi femminili: il 52,6%. Infatti, i corpi di polizia locale accolgono il 36% di donne in divisa, un dato molto più alto rispetto alle altre forze dell'ordine.
Resta da chiedersi quali siano i fattori che incidono maggiormente. E per questo il fenomeno è seguito da un osservatorio nazionale, anche se i correttivi “andrebbero affrontati con maggior coraggio dalle amministrazioni centrali, che invece preferiscono nascondere il problema – dicono i sindacati –. Tra le valutazioni del rischio lavorativo non è infatti compresa quella dello stress correlato – ha affermato Nicola Rossiello, segretario del Silp Cgil Piemonte e coordinatore nazionale sicurezza sul lavoro –. Dobbiamo obbligare le nostre amministrazioni a confrontarsi con la tragicità del fenomeno”. “Discutere apertamente dei rischi psicosociali che affliggono tutti gli operatori di polizia, qualunque sia la loro divisa, è fondamentale”, ha concluso.