Senza diritti, senza tutele. Malattia, maternità, infortuni i lavoratori sportivi non sanno neppure cosa siano, perché il loro contratto di collaborazione, in genere una stretta di mano e una firma in calce a due righe, non li prevede. E così, le atlete e le istruttrici vanno in campo col pancione, e le rivedi poi con in braccio il loro piccolo appena nato. Allenatori e dirigenti non si "concedono" di rimanere a casa quando sono malati. Come Luca Farenga, da venti anni nel mondo della collaborazione sportiva, allenatore di ginnastica artistica in una struttura e dirigente in un'altra a Roma, e delegato Nidil Cgil.
"Faccio due lavori in due impianti diversi, solo in questo modo riesco a portare a casa un reddito minimo che mi consente di campare - racconta Luca -. Tutti gli sportivi si trovano nella mia medesima situazione di precarietà, anche quelli ad alti livelli, a parte i calciatori professionisti. La riforma del settore? Entrerà in vigore dal primo luglio, la aspettiamo tutti nutrendo grandi speranze perché dovrebbe darci finalmente un inquadramento".