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A leggere le bozze del provvedimento portato in Consiglio dei ministri dalla ministra del Lavoro Calderoni c’è da rimanere sorpresi. Nulla, ma davvero nulla sembra aver suscitato l’ennesima tragedia, che non è una fatalità, consumatasi nel cantiere di Esselunga a Firenze. La già consulente del lavoro sembra non essersi accorta che le cause delle ennesime cinque morti sono, purtroppo, assai chiare. Catena infinita di subappalti, lavoro irregolare, imprese già protagoniste di incidenti analoghi per fortuna non mortali, impunemente presenti in cantiere. E potremmo continuare, insomma la vita umana immolata sull’altare del massimo profitto a ogni costo.
Un decreto preconfezionato
Sembra scritto prima di Firenze: decise a tavolino misure che non “disturbano” chi fa, ma che possa essere utilizzato per una delle attività più care all’esecutivo Meloni: la propaganda. Già, perché al di là dei mazzi di fiori portati sul luogo delle morti, delle parole di contrizione e di cordoglio, i provvedimenti che compongono il decreto sembrano scritti “a prescindere”. E soprattutto nessuna delle richieste e delle proposte più volte avanzate dai sindacati sembrano essere state prese in considerazione. Non è un caso che le parti sociali siano state convocate a poche ore dal Consiglio dei ministri non per un confronto ma per presa d’atto di ciò che, appunto, era stato già deciso.
Propaganda è bello
Tanti ispettori in più, aumenti dei controlli del 40%. Peccato che gli ispettori in più che entrano in servizio siano quelli reclutati durante il governo Draghi dall’allora direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro Bruno Giordano e che diventano operativi ora, dopo il necessario e previsto periodo di formazione specifica. L’aumento dei controlli sarà conseguenza di questo. Di nuovo, ci sarebbero altri 766 ispettori, 466 assunzioni che saranno sbloccate (sulla base di un vecchio concorso) e di 300 nuove assunzioni: 250 di tutti questi dovrebbero essere destinati sulla sicurezza e sulla salute sul lavoro, 50 sono carabinieri in forza alle strutture ispettive. Infine si ipotizza lo sblocco anche delle assunzioni degli ispettori Inps e Inail, i cui ruoli non saranno più ad esaurimento.
La beffa della patente a punti
La patente a punti arriva, ma sarà in vigore solo dal primo ottobre e solo per il settore edile. Ma come, si dirà, subito dopo Firenze è morto un lavoratore all’ex Ilva di Taranto, dipendeva da una ditta in appalto che gestiva e gestisce la manutenzione nell’acciaieria. Non era mica un edile, perché limitarla solo alle costruzioni? In ogni caso il Decreto prevede che sia rilasciata dall’Ispettorato nazionale del lavoro, l’azienda dovrà avere il Durc, il Documento di valutazione dei rischi e il documento unico di regolarità fiscale e dovrà essere iscritta alla camera di commercio. Verificato che tutto sia in regola, l’Inl assegnerà 30 crediti all’impresa – per lavorare è necessario averne 15 – In caso di incidente mortale viene decurtata di 20 crediti e di 15 punti se l'incidente determina un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale. In caso di inabilità temporanea assoluta che comporti l'astensione dal lavoro per più di quaranta giorni, saranno invece tagliati dieci crediti. I crediti decurtati possono essere reintegrati a seguito della frequenza di corsi.
Una vergogna la definisce Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil in una intervista al quotidiano La Repubblica: “Non c’entra nulla con quella prevista dal Testo Unico sulla sicurezza, lì i punti si perdevano e basta, qui anche col morto, basta un corso di formazione e si continua a lavorare e a partecipare a bandi pubblici”. Per di più le aziende con certificazione Soa non avranno bisogno della patente a punti per poter lavorare. Peccato che la certificazione Soa valuta solo “la capacità economica e tecnica di un’impresa di qualificarsi per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori di importo maggiore a 150.000 euro”, ma non verifica affatto il rispetto delle norme su salute e sicurezza.
Resta il subappalto a cascata
Non si equiparano quelli privati a quelli pubblici, quindi rimane il subappalto a cascata. L’unica nota positiva è che viene introdotta la clausola sociale che prevede anche per i subappalti l'applicazione del contratto più usato nel settore, ma vale solo per la retribuzione, non per la parte normativa come gli obblighi alla formazione, l’orario di lavoro, eccetera. Ed è bene ricordare che i contratti di settore più usati non sempre corrispondono a quelli sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Ma ovviamente guai a parlare di legge sulla rappresentanza.
Sanatorie e condoni
Lotta senza quartiere al lavoro sommerso e alla illecita somministrazione di manodopera. Così Calderone racconta il suo decreto. Peccato che a fianco alla reintroduzione delle sanzioni penali per somministrazione illecita di manodopera attraverso i meccanismi del distacco e dell'appalto di servizi tolti nel 2016, e questo è certamente un provvedimento positivo, peccato, dicevamo, sia accompagnato da un meccanismo di riduzione delle sanzioni civili: se trovati a violare le leggi basta mettersi in regola. Non solo, tutte quelle aziende che ad una verifica dell’Inl verranno trovate in regola, verrà rilasciato un attestato e iscritto (previo assenso) il datore di lavoro in un apposito elenco informatico consultabile pubblicamente e denominato “Lista di conformità Inl”. I datori di lavoro, cui è stato rilasciato l'attestato, non saranno sottoposti per dodici mesi ad ulteriori verifiche nelle materie oggetto degli accertamenti, fatte salve quelle in materia di salute e sicurezza, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla procura della Repubblica, e ci mancherebbe altro.
Conclusione amara
Non una parola sull’istituzione della procura nazionale del lavoro, così come nulla si dice sull’abolizione della legge Bossi-Fini. Nulla sull’estensione del certificato di congruità della manodopera e dei tempi di realizzazione in tutti i cantieri e in tutti i settori, nulla sulle assunzioni anche nei servizi di medicina del lavoro territoriali.
La verità è che anche in materia di lavoro si prosegue nella manomissione della Costituzione antifascista, che all’articolo 1 recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.