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“Nella regione c’è un clima di tensione sociale crescente, le persone si stanno impoverendo. Occorre rispondere, altrimenti la crisi sociale esploderà: è il momento di cambiare modello di sviluppo, rendendolo meno diseguale e un po’ più giusto”. Per il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Michele Azzola il 2021 deve essere davvero l’anno della svolta, segnato “dal ruolo guida del pubblico nella scelta dei settori economici di rilevanza fondamentale, cambiando quella pessima linea liberista che negli ultimi vent’anni ha contraddistinto il nostro Paese e lo ha reso fragile, come si è dimostrato con la pandemia”.
A riprova del progressivo impoverimento dei cittadini della regione c’è la crescita della cassa integrazione, tornata su livelli molto alti. In ottobre le ore autorizzate sono state 20 milioni 778 mila: in giugno erano oltre 24 milioni, cifra scesa in settembre a poco più di 14 milioni. Aumentano tutte le tipologie: le ore di ordinaria superano i 9 milioni e mezzo (in settembre erano 5 milioni 300 mila), la straordinaria arriva a oltre un milione, mentre quella in deroga, i cui destinatari sono per il 93 per cento lavoratrici e lavoratori di imprese con meno di sei dipendenti, supera i 10 milioni di ore (erano 8 milioni in settembre).
“L’incremento delle ore degli ammortizzatori sociali sono il segnale del livello della crisi”, riprende il segretario generale della Cgil Roma e Lazio: “Prolungando la cassa integrazione aumenta proporzionalmente l’incertezza sul futuro dell’azienda, soprattutto per le imprese più piccole. La cassa integrazione, a causa dei tetti, impoverisce il lavoratore e dunque anche l’economia del territorio, innesca problemi sociali e fa aumentare il rischio del ricorso all’usura”. La stessa impennata riguarda anche il Fondo di integrazione salariale, un ammortizzatore destinato per lo più ai servizi: in ottobre le ore autorizzate sono state 19 milioni 600 mila, poco meno del giugno scorso e ben 5 milioni in più di settembre.
E c’è di più. Sono tanti, infatti, i contratti che non sono stati stipulati rispetto alla media degli anni precedenti. Nel primo semestre 2020 si segnala il decremento di 112 mila 700 contratti a termine, di 19 mila 700 a tempo indeterminato, di 14 mila 400 in somministrazione e di oltre 6.700 contratti sia di apprendistato sia stagionali. “Il blocco dei licenziamenti, provvedimento indispensabile in questo contesto, non ha impedito il mancato rinnovo dei contratti a termine e la forte riduzione delle partite Iva e più in generale della parasubordinazione”, commenta Azzola, rimarcando “la desertificazione del centro storico di Roma e l’impoverimento sia delle aree interne sia di quelle di crisi complessa, dovuto appunto all’esteso ricorso agli ammortizzatori sociali”. Una contrazione che determina “una ricaduta negativa anche sui servizi, di cui sono prova la riduzione dei consumi interni e l’ampliamento dei cosiddetti ‘lavoretti’, con contratti brevi e brevissimi, con l’aggravante del ricorso al lavoro nero”.
Che fare, allora? Occorre intanto “sperimentare soluzioni nuove, come ad esempio i territori a disoccupazione zero, che in Europa stanno dando buoni risultati. Non si dovranno riproporre i soliti provvedimenti che non hanno funzionato neanche prima della crisi sanitaria”. E poi, conclude il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Michele Azzola, è necessario realizzare “ingenti investimenti che facciano ripartire il lavoro già nell’immediato: le nostre prime richieste sono la politica dei ’10 mila cantieri’ e un pacchetto di assunzioni straordinarie nella pubblica amministrazione allo scopo di consentirne la digitalizzazione, che è l’unica vera soluzione ai tanti ritardi burocratici”.
Le testimonianze di un rider, di un’operatrice museale e di due dipendenti di Roma Multiservizi e Roma Metropolitane