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Sostenibilità e le persone al centro. Peccato che questo slogan caro a Ikea valga per tutti tranne che per le lavoratrici e lavoratori, soprattutto se nuovi assunti. Non solo per loro non vale la possibilità di reintegra in caso di licenziamento illegittimo ed è anche per loro che bisogna andare a votare per i referendum sul lavoro il prossimo 8 e 9 giugno, ma per i primi due anni di contratto le maggiorazioni per i festivi ed altri incentivi del contratto integrativo non valgono. Per questo, nonostante sia scaduto dal 2018, il contratto integrativo non si riesce a rinnovare e lavoratori e lavoratrici sabato 15 marzo saranno in sciopero nazionale. Quelli dell’online appenderanno al chiodo le cuffie lunedì 17. Lo sciopero riguarda i 7500 dipendenti circa su tutto il territorio nazionale, il 20% circa a tempo determinato, quasi tutti part-time.
Le ragioni dello sciopero
“Incrociamo le braccia soprattutto per quei ragazzi e ragazze assunti da meno di due anni che probabilmente rimarranno nei negozi perché con meno diritti di noi, non è giusto che ci siano queste differenze”. A parlare è Emanuela, dipendente da quasi 25 anni dell’azienda di produzione e vendita di mobili, si occupa di progettare cucine nella sede di Anagnina a Roma. A lei il suo lavoro piace, è quello per il quale ha studiato: “Vengo fuori da un istituto d’arte, ho il diploma di arredatrice di interni e designer architettonica, mi manca la laurea, posso disegnare come un architetto, ma non posso firmare”.
Una trattativa lunga anni
Era il 2018 l’anno in cui cominciò la trattativa per il rinnovo del contratto integrativo aziendale, poi è arrivato il Covid e tutto si è fermato. Da 18 mesi il confronto è ripreso ma l’azienda si è dimostrata sorda e indisponibile. “Lo sciopero arriva dopo una trattativa molto lunga sul contratto integrativo, prosegue da anni”, spiega Roberto Brambilla della Filcams nazionale: “Negli ultimi mesi ci sono stati una serie di incontri, anche assai frequenti, ma si è arrivati alla rottura per un’indisponibilità aziendale su alcune tematiche per noi fondamentali”.
Io sciopero perché
Obbligo del lavoro festivo, per altro tentativo diffuso in tutta la grande distribuzione organizzata, tempi lunghi per raggiungere livelli superiori così si abbassano professionalità e retribuzioni. E non finisce qui. È arrabbiato Gianluca, un operatore del customer service online della sede di Napoli: “Nonostante l’azienda abbia da anni bilanci in attivo continua a dire che deve ottimizzare gli investimenti e l’ottimizzazione è un è un continuo non riconoscimento della nostra professionalità, volendo addirittura peggiorare il nuovo contratto integrativo rispetto a quello scaduto. Ci stavamo anche accordando per un 5% di maggiorazioni festive e domenicali però abbiamo chiesto che almeno venisse eliminata la
differenziazione tra nuovi assunti e vecchi assunti e la azienda ha rifiutato”.E il paradosso lo ricorda Brambilla che spiega come sono proprio i nuovi assunti che più lavorano di domenica e nei festivi. “Insomma, sono quelli che più si fanno carico dei momenti complessi, ma non vedono neppure conosciuto un avanzamento a livello economico”.
Risparmi sulla pelle di chi produce
Durante la pandemia Ikea ha visto aumentare moltissimo fatturato e profitti, poi è arrivato il bonus case e anche questo ha contribuito a buoni risultati, certo da qualche anno il mercato si è stabilizzato ma comunque un anno sull’altro si continua a registrare un aumento tra il 4e il 5%. Per questo aggiunge il sindacalista: “In un'azienda di questo tipo ci deve essere una redistribuzione di questi profitti, non l’istituzione di una sorta di salario di ingresso”.
I dipendenti sono un numero
È davvero molto amareggiata Emanuela. “Almeno – rivendica – siamo riusciti a conquistare di passare da 16 a 20 ore settimanali, ma per noi non valgono straordinario ne nulla per far aumentare le nostre buste paga. E per di più siamo considerati numeri e anche onerosi. Avendo un’anzianità di 25 anni io costo di più di un neo assunto a cui toccano 2 anni di contratti a tempo che si rinnovano di 6 mesi in sei mesi, se poi vengono stabilizzati hanno altri due anni di cosiddetto salario di ingresso”.
Lavorare da remoto
Mentre chi opera in negozia incrocia le braccia oggi 15 marzo, gli operatori e le operatrici da remoto si asterranno dall’attività lunedì 17. Anche Lucia è una lavoratrice anziana, è assunta part-time dal 2016 e si occupa di assistenza clienti da remoto. L’amarezza, ma anche la rabbia, traspare dalle sue parole. Il lavoro che fa le piace, “sicuramente è stimolante perché non si tratta di una pura e semplice assistenza clienti, ma si fanno varie attività, anche di concetto. Di contro c’è la l’organizzazione del lavoro, la realtà lavorativa che sta sempre più decadendo, e l’ambiente è poco sereno”. Lucia lavora a Carugate e di fronte alla sua sede lunedì ci sarà “un flash mob e giocheremo con il linguaggio Ikea per ricordare che contratto integrativo aziendale firmato regala sonni tranquilli”.
Ecco i sei principi che garantiscono alle lavoratrici e ai lavoratori un buon sonno:
• Comfort: Un Cia firmato è una base solida che garantisce il giusto sostegno economico a tutte le lavoratrici e i lavoratori, nuovi e storici.
• Ordine: Sapere con chiarezza il proprio ruolo e avere il giusto inquadramento contrattuale è essenziale per un’organizzazione aziendale efficiente.
• Temperatura: Un premio aziendale equo, legato agli obiettivi di Unit, evita tensioni e riconosce concretamente lo sforzo dei Cws.
• Suono: Un accordo sullo smart working discusso con i sindacati elimina voci di corridoio e previene soprusi aziendali, creando un ambiente di lavoro sereno.
• Qualità dell’aria In città sempre più inquinate, il lavoro da remoto nei giorni critici non è solo un beneficio per i dipendenti, ma un’azione concreta per il clima. Ikea, la sostenibilità non si predica, si pratica.