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Sono circa 9 milioni i lavoratori dei settori privati che attendono il rinnovo del contratto. Una cifra ragguardevole e che certamente desta qualche preoccupazione. In una fase di crisi come quella attuale – e che certamente non si esaurirà immediatamente se e quando auspicabilmente il virus smetterà di colpire – alle classiche difficoltà di una contrattazione alle prese con una classe imprenditoriale non sempre pronta a riconoscere il giusto ai lavoratori, si aggiungerà il peso di una ricaduta economica indubbiamente oggettiva ma che rischia di diventare un alibi dietro cui nascondersi per molte aziende. Di qui il compito strategico che spetta al sindacato.
Industria alimentare: niente crisi
Uno dei settori che presumibilmente è e sarà tra i meno toccati dalla crisi – pur in presenza di un alo dei consumi – è quello dell’industria alimentare. Fai Cisl, Flai Cgil e Uila hanno proclamato per il 9 maggio la ripresa di tutte le iniziative di mobilitazione e di lotta (blocco degli straordinari e delle flessibilità) sospese lo scorso 10 marzo per l’emergenza covid. “In un momento in cui le lavoratrici e i lavoratori del settore hanno consentito e garantito, grazie ai propri sacrifici e al proprio impegno, che non ci fosse carenza di prodotti alimentari”, i sindacati “ritengono ancora più urgente e fondamentale il rinnovo del contratto nazionale di lavoro con il quale rafforzare diritti e tutele, innovare le relazioni sindacali decisive in questa fase e rilanciare il settore oltre l’emergenza attuale”.
Negli ultimi giorni un pezzo della controparte datoriale ha dato segnali di apertura. Ancit, Assobirra e Unionfood hanno manifestato la volontà di riprendere le trattative e ipotizzano un aumento salariale a copertura del 2020. I sindacati sperano che questo atteggiamento possa riuscire in qualche modo a smuovere Federalimentare.
Metalmeccanici: tutto fermo per il virus
La contingenza attuale ha di fatto bloccato anche la trattativa – non facile – per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici che interessa un milione e mezzo di addetti. “È partito l’Osservatorio congiunto insieme a Federmeccanica, uno strumento importante per monitorare la situazione. Per quanto riguarda il contratto siamo a dove ci siamo fermati”, fanno sapere in Fiom.
L’ultimo incontro c’è stato il 19 febbraio: Federmeccanica aveva esordito dicendo che non ci sono pregiudiziali a discutere di tutto, compreso il salario, ma sui contenuti specifici non c’era stata alcun apertura, a partire dal salario che per i sindacati è questione dirimente e rispetto al quale le organizzazioni dei lavoratori chiedono incrementi dell’8% sui minimi tabellari e miglioramenti per reperibilità e trasferte. Nessuna disponibilità neache sulla richiesta di dare maggiore stabilità ai rapporti di lavoro, sull’introduzione di clausole sociali per i lavoratori degli appalti e sul rinnovamento degli inquadramenti.
Trasporti: fermi molti settori
Tra i settori invece più colpiti dalla crisi epidemica c’è quello dei trasporti. E qui le prospettive contrattuali sembrano davvero allarmanti. Prima dell’emergenza erano stati chiusi i rinnovi per Anas, Concessioni autostradali e autonoleggio. Poi, naturalmente, è cambiato tutto. Il quadro ce lo fa Stefano Malorgio, della segreteria nazionale della Filt Cgil: “Eravamo molto vicini al rinnovo dei contratti dei portuali e dei marittimi e c’erano buone speranze per una chiusura positiva anche per le attività ferroviarie, mentre erano in stato molto embrionale le trattative per il trasposto pubblico locale, merci e logistica. Quanto al trasporto aereo, avevamo chiuso la parte generale e quella per i gestori aeroportuali”.
Per il dirigente sindacale, non sarà facile parlare di contratti in settori dove si è fermato praticamente tutto, come il trasporto aereo (50.000 addetti), il tpl (116.000 addetti) e le ferrovie (60.000 addetti): “Naturalmente noi non molliamo, andiamo avanti, ma la situazione è davvero complessa”. Il paradosso, poi, è che nei comparti in cui nonostante tutto si è continuato a lavorare, come i porti (20.000 addetti) e la logistica (500.000 addetti), “le controparti hanno posizioni di totale chiusura”. “Menzione” speciale per il trasporto aereo che incrocia, come se non bastasse, la variabile fondamentale legata alla vicenda dell’Alitalia.
Legno-arredo: una trattativa difficile
Tavolo difficile anche quello del legno-arredo, 150.000 lavoratori impiegati in molte delle aziende più importanti del made in Italy, come Natuzzi e Ferretti. Tanto è che non si è neanche riusciti a firmare un protocollo per il lavoro in sicurezza nell’emergenza Covid. Il contratto è scaduto addirittura il 31 marzo del 2019 e il 21 febbraio c’è stato un riuscitissimo sciopero generale del settore dopo l’abbandono delle trattative da parte di Federlegno che puntava con il rinnovo ad avere mano libera sulla stagionalità e sulla percentuale di contratti a tempo determinato. La richiesta di aumento dei sindacati sembra comunque ragionevole: 60 euro più due diversi incrementi successivi da determinare con un particolare sistema di calcolo.
La notizia di queste ore però è che il 12 maggio è stato fissato un nuovo incontro: “Solo in questa sede potremo capire se la trattativa può ripartire”, commenta Tatiana Fazi, della segreteria nazionale Fillea Cgil. “Si tratta di un settore colpito in maniera sostanziosa dalla pandemia – aggiunge la sindacalista –, soprattutto rispetto all’export, quindi qualche preoccupazione in più ce l’abbiamo, anche se forse proprio in questa situazione le aziende potrebbero essere interessate a trattare su capitoli importanti anche per loro come lo smart working”.