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Tutti fermi. I lavoratori della Giuliani Arredamenti a Forlì hanno incrociato le braccia il 14 aprile mattina e oggi, 16 aprile, siamo arrivati al terzo giorno di sciopero. In azienda sono solamente 11 i dipendenti diretti con il contratto di settore, 120 i somministrati. La protesta ha lo scopo di ottenere i diritti fondamentali e condizioni lavorative più dignitose.


Il clima è di rabbia e preoccupazione. In 120 sono precari e chiedono la stabilizzazione visto che svolgono mansioni nel reparto produzione, ma hanno contratti firmati tramite agenzie interinali, il più delle volte rinnovati di mese in mese. “È l’Italia, bellezza”, verrebbe da dire, dipingendo con cinica amarezza un Paese nel quale la Cgil affronta la sfida dei referendum per rimettere al centro il lavoro e il suo valore.
I problemi in fabbrica, tuttavia, non si fermano alla mancanza di prospettive dei tantissimi precari. “I servizi igienico-sanitari – denunciano la Fillea e il Nidil, i sindacati Cgil coinvolti nella battaglia – sono sprovvisti di qualsiasi forma di manutenzione e decoro. Spesso vengono a mancare diversi dispositivi di protezione individuale come guanti e occhiali”. Eccola la salute e la sicurezza offerta agli operai nel 2025.
La denuncia dei sindacati continua con “il mancato riconoscimento del lavoro straordinario, con turni mal organizzati. Per questo chiediamo che partecipino al tavolo anche le agenzie interinali responsabili, affinché si possa trovare la quadra ai problemi sollevati dai lavoratori e finisca il rimpallo di responsabilità tra azienda e agenzie interinali”.
Ana Laura Cisneros, Fillea Cgil Forlì Cesena: “Risparmiano sui lavoratori e fanno un danno enorme al sistema”
“Non è possibile che per mandare avanti una produzione al giorno d’oggi ci vogliano 150 lavoratori precari, che sono di fatto presenti qui oggi, ma con contratti che scadono anche dopo appena 15 giorni, un mese, per anni”, la denuncia della segretaria generale della Fillea Cgil Forlì Cesena, Ana Laura Cisneros. “L’azienda ha trovato il modo di risparmiare sul costo del lavoro perché così non applica il contratto dell’industria che sarebbe quello adeguato a questa attività di produzione. Risparmia e fa un danno enorme al sistema”.
Andrea Merendi, NIdiL Cgil Forlì Cesena: “Chiediamo la stabilizzazione, i lavoratori hanno diritto a non essere precari”
“Se ci sono 150 lavoratori in un’azienda, non si parla più di realtà artigiana, ma di una realtà molto più strutturata e molto più grande, che quindi ha bisogno di una risposta contrattuale adeguata e ha bisogno della stabilizzazione di questi lavoratori che hanno diritto a un lavoro non precario”, ha detto Andrea Merendi, segretario generale NIdiL Cgil Forlì Cesena.
Una vertenza simbolo in questi mesi di campagna referendaria
Nel lungo elenco di richieste, come anticipato dai segretari Cgil, ci sta, per prima cosa, “la corretta applicazione contrattuale, in quanto riteniamo – scrivono i sindacati – che un’azienda con 11 dipendenti diretti non può assumere 120 precari e considerarsi un’azienda artigiana. Per questo motivo chiediamo l’applicazione del contratto dell’Industria, che è molto più remunerativo economicamente per i lavoratori. E per questo chiediamo che vi sia da parte dell’azienda una risposta seria e concreta alle nostre rivendicazioni stabilendo una trattativa che sia da subito efficace”. Una vertenza che rischia di diventare un simbolo, perché, scrivono la Fillea e il Nidil, rivolgendosi alla cittadinanza e alle istituzioni, “non riguarda solo i lavoratori della Giuliani Arredamenti, ma riguarda tutte le persone coinvolte nel settore del mobile”.
Quello che vi abbiamo raccontato finora, però, è solo la punta dell’iceberg. Pesa, “davanti a queste richieste legittime, il silenzio dell’azienda e del noto committente Poltrone e Sofà”, scrivono in una seconda nota tutti i sindacati uniti nella lotta: quelli del mobile di Cgil Cisl Uil, Fillea, Filca, Feneal, e quelli dei precari, Nidil, Felsa, Uiltemp. Ricordando una storia recente che ha lasciato una cicatrice profonda sul territorio. “Come abbiamo visto anche soli pochi mesi fa proprio a Forlì con lo sciopero di via Meucci, che aveva fatto emergere una condizione in cui i lavoratori, attratti dalla promessa di lavoro e alloggio, erano stati lasciati per mesi a dormire al freddo in un capannone, il settore del mobile imbottito resta una realtà a rischio in cui i ricatti sui permessi di soggiorno, la precarietà, la catena degli appalti e la difficoltà per i sindacati di trovare possibilità di dialogo con le aziende, spesso porta a situazioni in cui ci sono pochi diritti e poche tutele per chi lavora”.
“Questa è una battaglia per la dignità delle persone, perché chi lavora ha diritto al giusto contratto, al riconoscimento degli straordinari, alla sicurezza sul lavoro, a norme igieniche adeguate”.
Cgil: solidarietà e vicinanza ai lavoratori in sciopero
“Domani (sabato 19 aprile) porterò la solidarietà e la vicinanza di tutta la Cgil nazionale alle lavoratrici e ai lavoratori della Giuliani Arredamenti di Forlì che da lunedì scorso, 14 aprile, sono in sciopero per cambiare una situazione, che ormai va avanti da anni, di grave precarietà e mancanza di diritti”. Così la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David, che annuncia la sua presenza domani al presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda, organizzato dalle Confederazioni territoriali Cgil, Cisl e Uil insieme alle rispettive categorie degli edili e dei somministrati, in occasione dello sciopero ad oltranza.
“La Giuliani Arredamenti è un esempio plastico di come funziona il sistema Poltronsofà”, denuncia la dirigente sindacale. “L’azienda - spiega - ha trovato l’escamotage per risparmiare sul costo del lavoro: non riconoscendo il contratto dell’Industria riduce salario e diritti ai suoi dipendenti e condanna i lavoratori più ricattabili, i migranti, alla precarietà più estrema con contratti che scadono persino dopo 15 giorni, grazie anche ad una norma del collegato al lavoro, varato a dicembre dal governo”.
“Quella della Giuliani Arredamenti - conclude Re David - è una vertenza di carattere nazionale che in questi mesi di campagna referendaria è diventata anche un simbolo. Il voto dell’8 e 9 giugno diventa un esercizio di democrazia e partecipazione fondamentale per ridare dignità al lavoro”.