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Il turismo e la rendita rischiano di sommergere il lavoro e il futuro dei veneziani come e più dell’acqua alta. “Salvare Venezia per salvare tutti. Il rischio è quello di diventare la provincia più povera del nord Italia”. Non è una partita tranquilla quella che da tempo ormai si gioca sulla Laguna. Ne parliamo con Daniele Giordano, 42enne appena eletto segretario generale della Camera del Lavoro della Cgil di Venezia. Mano ferma e idee chiare di fronte a una città complessa da decifrare, il cui ‘salvataggio’ presenta tante incognite.
Qual è il tema dei temi? “Il tema è sicuramente quello del grande lavoro precario che investe il territorio. I dati, da qualsiasi indicatore arrivino, dicono sempre la stessa cosa: le offerte di lavoro sono, nella stragrande maggioranza dei casi, precarie”. Potrebbe sembrare una deformazione professionale quella di fotografare l’attualità in Laguna solo attraverso la lente del lavoro. Non lo è. “Perché il lavoro precario – ci spiega il neo eletto segretario generale della Cgil – produce due effetti: la fuga dei giovani dal territorio, verso le province limitrofe come Padova o verso l’Emilia-Romagna o verso l’estero, dettata non solo da un tema retributivo – pagano troppo poco –, ma, appunto, di prospettiva – sono tutti posti precari –. Insomma, a Venezia non c’è lavoro di qualità né prospettiva per i giovani. Quindi la chiave sta nella qualificazione e nella stabilizzazione del lavoro”.
In questo quadro “è sotto gli occhi di tutti che il territorio metropolitano del Comune di Venezia sia in una fase in cui il turismo rischia di essere l’unico fattore di sviluppo. Il problema allora diventa capire come questo turismo possa essere qualificato e come, accanto al turismo, si possa ricostruire un tessuto di offerte di lavoro alternative. È essenziale farlo e farlo subito perché noi stiamo perdendo anche l’occasione del Pnrr”.
Al turismo mordi e fuggi si lega anche la ricerca della rendita finanziaria che allontana i cittadini da Venezia. “Se noi a lavoratori e pensionati – ci spiega Daniele Giordano – diamo l’idea che il modello di sviluppo si possa fondare sugli affitti per turisti, il risultato è che un cittadino che possiede un appartamento a Venezia lo affitta affinché diventi la sua fonte di reddito con cui vivere in terra ferma. Così si svuota la città e si sostituisce la rendita al lavoro, in una logica di monocultura turistica. Il turismo è fondamentale, è un fattore di sviluppo che crea occupazione differenziata, ma dobbiamo avere lavori adeguatamente pagati, regolati nel rispetto dei contratti nazionali. L’alternativa è capire come investire su un’area industriale così grande e importante, che vanta settori diversi, dalla manifattura alla logistica portuale, e come rilanciarla. Quindi la risposta diventa: differenziazione del lavoro e qualificazione del nostro territorio. Trovando un rapporto costruttivo con i territori limitrofi come Padova e Treviso e con i soggetti della città quale l’università. Non può essere che Eni, per fare un esempio importante, a Porto Marghera non proponga un’alternativa di prospettiva, che guardi alla sostenibilità della produzione”.
In questo quadro come può il sindacato recuperare un rapporto con i giovani? “Mettendo in discussione il nostro modello di presenza sul territorio. Aprire spazi, luoghi di incontro, che aggreghino e avvicinino anche coloro che il lavoro non ce l’hanno. Aiutare i giovani a trovare la loro strada, in questa logica aprire le Camere del Lavoro alle associazioni giovanili interessate ai temi di ambito sociale e culturale. Dialogare con le scuole sui temi della memoria e del lavoro, rafforzare il nostro rapporto con gli studenti, portando il sindacato fuori e dentro le scuole. Fare battaglie per le giovani generazioni. Dobbiamo essere un soggetto sociale che cammina al fianco dei giovani”.
Come deve essere la Cgil di Venezia? “Deve essere un soggetto di cambiamento sociale. Occuparsi di chi lavora, dei pensionati, certo. Ma occuparsi anche dei temi della casa e dell’ambiente”.