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Non c’è stato il clima d’attesa che aveva caratterizzato l’ipotesi di ospitare il G7 del 2010 alla Maddalena, con le grandi opere rimaste incompiute in un arcipelago appena liberato da un pezzo di servitù militare. Di quella fase, è rimasta la delusione per l’opportunità sprecata. Poco importa se, a quattordici anni di distanza, un piccolo pezzo dell’evento internazionale si svolge a Cagliari dal 10 al 13 settembre, quello sul Lavoro, con i summit dei sindacalisti e dei ministri dei quattro continenti, in giorni e sessioni separati. Ancora oggi, se in Sardegna dici G7 – o G8, com’era ai tempi – dici La Maddalena, Bertolaso e Berlusconi.
Era stato Prodi a far sognare l’arcipelago al Nord della Sardegna, che aspettava una riscossa in chiave turistica dopo lo smantellamento della base navale americana. Nel 2009 invece, Berlusconi spostò in Abruzzo il vertice dei capi di governo che si sarebbe dovuto svolgere l’anno dopo a La Maddalena. Il G7 del Lavoro in programma a Cagliari, richiama alla memoria quella ferita inferta all’Isola. Al posto della riscossa, La Maddalena incassò l’abbandono dei cantieri per le strutture che avrebbero dovuto ospitare Barack Obama e gli altri.
È rimasta una delle più grandi incompiute nella storia della Sardegna. Sopra quella ferita, ci mise un po’ di sale anche Renzi: sembrava propenso a risarcire l’Isola dalla beffa, ma il G7 del 2017 si svolse in Sicilia. Ancora una volta, la Sardegna ci aveva creduto, ancora una volta era rimasta delusa.
A Cagliari il summit dei ministri del Lavoro e il Labour 7 dei sindacati
Sette anni dopo, la Meloni ha scelto la Puglia per il vertice dei leader di Stato. E l’Isola, terra natìa della ministra Calderone, ospita il summit dei ministri del Lavoro, oltre al Labour 7, che riunisce i sindacati dei sette Paesi, con il segretario generale della Cgil nazionale Maurizio Landini che oggi, 10 settembre, al T-Hotel, svolgerà il suo intervento sul tema della pace e della democrazia.
Le sale conferenze sono al primo dei quindici piani della Torre di cristallo, le vetrate dell’ultimo svettano su una città che stenta a riprendere i ritmi post-agostani. Dietro le quinte dell’hotel c’è il fermento dei grandi eventi: oltre un anno di preparativi nella struttura carbon free da aprile, che al Labour 7 ha riservato 180 delle sue 207 camere, coinvolgendo nell’organizzazione i suoi 120 lavoratori e lavoratrici più qualche rinforzo esterno.
Dal quindicesimo piano si vede l’intero Golfo degli Angeli: il mare del Poetto e il cuore della città vecchia con il Bastione che porta il nome del primo viceré piemontese, San Remy, il terminal crociere e poi il porto canale, il villaggio dei pescatori di Giorgino e, in lontananza, l’area industriale di Macchiareddu. Nella luce che contraddistingue il settembre cagliaritano, si può persino intuire che quei puntini laggiù, sul parco di Molentargius, sono i fenicotteri rosa.
Un orizzonte che racconta economia e lavoro di un’isola che non vuol vivere solo di turismo ma che attrae sempre più visitatori: due milioni 760 mila passeggeri – il 7,6 per cento in più dell’anno scorso – nella stagione estiva non ancora conclusa all’aeroporto di Cagliari-Elmas dove, in queste ore, atterreranno sindacalisti e poi ministri di Stati Uniti, Giappone, Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia.
In venti secondi l’ascensore riporta dal quindicesimo al piano che vedrà riuniti i sindacalisti, oggi e domani, per discutere di pace e democrazia, lavoro e futuro, intelligenza artificiale, cambiamento climatico, welfare e invecchiamento. Dall’11 al 13 settembre si svolgeranno invece, nelle sedi istituzionali, le riunioni del G7 del Lavoro.
“Stipendi più alti e lavoro ai giovani”
“Se potessi, ai ministri chiederei di spendersi per aumentare gli stipendi e garantire ai giovani un lavoro buono e sicuro, anzi, lo chiederei più che altro alla Calderone, che è originaria di Bonorva e lo sa come vanno male le cose in Sardegna”. Enrico Corda, 40 anni – da diciotto barman al T-Hotel per 1.500 euro al mese e un contratto collettivo che la Confindustria si ostina a non rinnovare – in poche parole aggancia le vite quotidiane di migliaia, milioni di lavoratori e lavoratrici, alle discussioni e agli indirizzi che verranno tracciati in questi giorni dai grandi Paesi.
Ai ministri si appelleranno anche gli operai della Portovesme srl, con un presidio a Cagliari per denunciare il tradimento di Glencore che, con l’annunciata chiusura della linea zinco, manda in fumo mille buste paga.
Perché se nella regione che ospita il summit, la disoccupazione giovanile sfiora il 27 per cento e fra gli under 30 nove contratti su dieci sono precari, nel resto del Paese non va tanto meglio: i salari sono i tra i più bassi d’Europa e il lavoro fa tre vittime al giorno. Ma come diceva quel vecchio detto, tutto il mondo è Paese. I salari e la sicurezza sono le ragioni dello sciopero annunciato pochi giorni fa dai lavoratori della raffineria Marathon, nell’ex metropoli industriale Detroit. E sempre negli Stati Uniti, ci sono volute sei settimane consecutive di sciopero prima che Ford, Stellantis e General Motors si piegassero alla firma degli accordi sull’incremento di salario più alto degli ultimi decenni.
Insomma, nella sala colazioni di un hotel cagliaritano come in una catena di montaggio dell’automotive a settemila chilometri di distanza, o fra i cantieri delle opere incompiute nell’arcipelago della Maddalena, c’è una sintonia di pensieri e rivendicazioni nella testa e nel cuore di chi lavora: salario, sicurezza, stabilità. Di queste cose i sindacalisti vorrebbero parlare con i ministri, e invece non è possibile, perché i due eventi, L7 e G7, si sfiorano ma non si incrociano, se non nel pomeriggio di domani, quando la Calderone parteciperà alla conclusione dei lavori del Labour 7.
Eppure, nella tre giorni quei ministri toccheranno questioni che hanno a che fare con i destini di un mondo del lavoro investito dalla quarta rivoluzione industriale. Per dire, chissà quante volte, nella sala conferenze del T-Hotel verrà pronunciata la parola innovazione; chissà quante volte il pensiero andrà alla Volkswagen, che pochi giorni fa ha annunciato la chiusura di uno stabilimento in Germania per la prima volta nella storia proprio perché non ha saputo e voluto innovare. Dentro quello stabilimento, ci sono le teste e i cuori dei lavoratori e delle lavoratrici, sono loro a pagare il prezzo di scelte industriali e politiche sbagliate.
Il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante, che di G7 ne ha vissuti altri quattro quand’era responsabile delle politiche internazionali per la Cgil nazionale, nota le differenze: “Nei G7 a cui ho partecipato in Canada, Giappone e Germania, i sindacati venivano coinvolti attivamente nelle interlocuzioni con i ministri del Lavoro, alle quali partecipavano anche i capi di governo dei Paesi ospitanti”. Un segnale, anche se formale, di rispetto e attenzione per il mondo del lavoro che “qui in Italia non si coglie – aggiunge Durante – e che caratterizza Paesi in cui il sistema di relazioni sindacali e industriali è consolidato secondo uno schema di confronto strutturato”.
Nelle quattro giornate cagliaritane non ci sarà quell’interazione ma nessun ministro potrà ignorare la voce del lavoro che i sindacalisti del Labour 7 e delle organizzazioni sindacali europee e internazionali porteranno nell’Isola del Mediterraneo per farla riecheggiare in ogni continente. In quel coro di voci ci sarà anche quella di Enrico Corda, che in una pausa lavoro fra un caffè e l’altro, alla conterranea Calderone idealmente dirà: “Si ricordi di noi ministra, ce la metta lei una buona parola con la Confindustria”.