PHOTO
Mercoledì 6 novembre stata siglata un’intesa separata tra alcune sigle sindacali e Aran sul rinnovo del ccnl per il 2022-2024 per i lavoratori e le lavoratrici delle Funzioni centrali. Sigle sindacali che superano di pochissimo il 50 per cento della rappresentanza si sono arrogate il diritto di firmare un contratto con una maggioranza appena superiore al minimo necessario previsto dalla legge.
Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi, lo hanno detto subito, non condividono il testo sottoscritto e le ragioni sono evidenti: nel triennio di copertura contrattuale l’inflazione ha sfiorato il 17 per cento, mentre l’intesa sottoscritta prevede un aumento salariale che sancisce una perdita del potere d’acquisto delle buste paga di oltre il 10 per cento.
I lavoratori e le lavoratrici hanno il diritto di esprimere il proprio parere, per questo Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi hanno deciso di restituire agli oltre 190 mila dipendenti delle Funzioni centrali il diritto a un autentico esercizio di democrazia partecipativa sul testo dell’accordo.
Da lunedì 16 dicembre (alle 17,30) e fino a sabato 21 (alle 16), le lavoratrici e i lavoratori del comparto, tutte e tutti a prescindere dalla propria appartenenza sindacale, potranno votare online collegandosi al sito votofc.org oppure inquadrando il qr code presente su tutti i materiali informativi, per esprimere liberamente e nella massima riservatezza la propria opinione. È una scelta di democrazia diretta e uno strumento di prosecuzione della vertenza.
“Ci troviamo davanti a una situazione kafkiana”, spiega la segretaria generale Fp Cgil Serena Sorrentino: “Un ccnl che riduce il salario reale con l’avallo di alcune organizzazioni sindacali. Un paradosso che viene accettato dai firmatari dell’intesa separata come un dato di fatto cui non è possibile avere alcuna reazione perché così ha deciso il datore di lavoro, che per noi è il governo. Sindacati che dicono sì a un governo che non ha mai fatto alcuna trattativa né un confronto (né prima di avviare il tavolo in Aran né durante) e che, a un certo punto, per esigenze politiche, ha assecondato la rottura”.
Nei settori privati, continua Sorrentino,i firmatari “dell’intesa che taglia dieci punti di recupero dell’inflazione per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni hanno scioperato e manifestato, arrivando ad accordi ben superiori al 6 per cento, che le stesse giudicano accettabile per le Funzioni centrali. Se non avessero firmato la pre-intesa il 6 novembre, con il Parlamento che sta ancora discutendo la manovra e il governo che può ancora intervenire, le risorse per migliorare il contratto si potevano ancora trovare”.
Aderendo alla “chiamata”, conclude la dirigente sindacale, hanno “impedito che si potessero recuperare altre risorse dando l’alibi al governo di avere il 53 per cento, ed è per questo che chiediamo ai dipendenti delle Funzioni centrali di esprimersi. Preoccupa che ci sia qualche sigla, che si definisce ‘sindacale’, che ritiene inutile il pronunciamento di lavoratrici e lavoratori. Arrendersi senza neanche lottare rafforza le scelte unilaterali della controparte”.
Per il segretario generale Uil Pa Sandro Colombi “quando la politica invade il campo della contrattazione avvengono cose come quelle che si sono verificate all’Aran il 6 novembre scorso. Eravamo stati convocati per proseguire la trattativa sul rinnovo del ccnl Funzioni centrali e ci siamo trovati con le spalle al muro, davanti a un testo ‘prendere o lasciare’ che aveva l’appoggio del 53 per cento del tavolo sindacale”.
Una maggioranza risicata messa insieme solo per raggiungere un duplice obiettivo politico: contenere i costi dei rinnovi contrattuali e abbassare il livello della contrattazione nel settore pubblico. "Non condividiamo nulla di tutto questo. Il 6 novembre è stato firmato un contratto al ribasso, per questo pensiamo che sia giusto e necessario chiedere ai lavoratori cosa ne pensano”.
Il segretario Uil Pa è convinto che “ci siano ancora ampi margini per restituire alla contrattazione il suo vero ruolo, trovando risorse alternative per finanziare gli aumenti ben oltre il misero 5,78 per cento offerto dal governo grazie alle proposte che abbiamo fatto all’Aran e che erano contenute anche nella piattaforma consegnata a Zangrillo. Una piattaforma che, è bene non dimenticarlo, a suo tempo era stata firmata unitariamente da Cgil, Cisl e Uil”.
“La trattativa per il rinnovo è stata sin dall’inizio incanalata verso un contratto a perdere”, aggiunge Daniela Mencarelli (Usb Pubblico impiego): “Per questo, dopo aver tentato durante la contrattazione di porre il tema dell’inadeguatezza delle risorse stanziate per gli aumenti contrattuali, senza trovare riscontro da parte dell’Aran, l’8 ottobre abbiamo deciso di abbandonare il tavolo di trattativa. Un gesto forte, che voleva lanciare un segnale al governo, costringendolo a mettere nella disponibilità della trattativa il tema delle risorse, per restituire dignità a una contrattazione svuotata di contenuto”.
Il governo, conclude Mencarelli, non ha voluto ascoltare “né le nostre richieste né la voce delle lavoratrici e dei lavoratori scesi in piazza durante lo sciopero del 31 ottobre. La decisione di non sottoscrivere la pre-intesa il 6 novembre è stata l’inevitabile conseguenza di questo atteggiamento di netta chiusura. Oggi diamo voce ai lavoratori e alle lavoratrici per esprimere la loro valutazione su un rinnovo contrattuale che determina la perdita netta di oltre il 10 per cento del potere di acquisto dei salari. Un grande momento di democrazia che, siamo certi, non verrà compromesso dai tentativi di boicottaggio messi in atto dalle organizzazioni sindacali firmatarie”.