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“Dalle 150 ore al diritto universale alla formazione”: questa l’iniziativa organizzata oggi (martedì 7 novembre) a Roma da Fiom Cgil nazionale e Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Una giornata di approfondimento, articolata in due distinti panel, per approfondire il tema delle 150 ore e dell'inquadramento unico operai-impiegati, a distanza di cinquant’anni.
Nel 1973 il contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici, sottoscritto dalla Flm, istituiva per la prima volta le 150 ore retribuite per il diritto allo studio. Furono centinaia di migliaia i lavoratori che, grazie a questo strumento, gestito direttamente dai Consigli di fabbrica, raggiunsero la licenza media o parteciparono ai corsi monografici in sinergia con le università. Il medesimo contratto istituiva anche l’inquadramento unico operai-impiegati, che mirava ad annullare le differenze tra lavoro manuale e lavoro intellettuale in fabbrica.
Dal ccnl del 1973 al ccnl del febbraio 2021 sottoscritto da Fim-Fiom-Uilm e Federmeccanica-Assistal si sono compiuti passi avanti significativi, con una nuova riforma dell'inquadramento unico operai-impiegati e il rafforzamento del diritto soggettivo alla formazione, confermando, con l'esercizio della contrattazione collettiva, la centralità dei lavoratori ai tempi dell'industria 4.0 e dell'intelligenza artificiale.
Fondazione Di Vittorio: lo sviluppo si basa sull’istruzione
L’introduzione del secondo panel, intitolato “Diritto alla formazione, classificazione professionale e organizzazione del lavoro”, è stata affidata al presidente della Fondazione Di Vittorio Francesco Sinopoli. Dopo un puntuale excursus storico del tema, iniziato dal convegno dell’Istituto Gramsci del 1962 sulle tendenze del neocapitalismo, passando per le intuizioni di Bruno Trentin e Vittorio Foa e per il ciclo di lotte che va dal 1969 al 1973, Sinopoli è poi arrivato a illuminare i temi del presente.
“L'intervento del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici – ha detto – ha una portata storica, e mette al centro la qualità del lavoro, le competenze dei lavoratori, la professionalità, e quindi il diritto alla formazione permanente”.
Ma c’è anche un’altra “grande innovazione, strettamente legata al nuovo sistema di classificazione: un avanzato sistema di apprendimento permanente, insieme alla piattaforma nazionale dei servizi per la formazione al dossier digitale basato su blockchain, con ricadute anche in termini di politica attiva del lavoro di fonte negoziale”.
La formazione permanente, ha aggiunto Sinopoli, è dunque “la sfida che abbiamo più volte declamato, anche se meno praticato: siamo chiamati a gettare le basi per una contrattazione della formazione che si appoggia a un contratto collettivo nazionale di lavoro avanzatissimo”.
Tirando le file del ragionamento, il presidente della Fondazione Di Vittorio ha rimarcato che “il Paese, venuta meno la leva svalutativa, avrebbe dovuto scegliere la via di una politica dello sviluppo basato sull’istruzione, sulla scienza, sulla tecnologia, assumendo l'ambiente non come vincolo ma come fattore trainante”.
Ma il cambiamento organizzativo e tecnologico, ha concluso Sinopoli, a un certo punto “rischia di accelerare dentro un declino ancora maggiore della nostra capacità produttiva. La sfida quindi è enorme e chiama in causa tutti, perché il tema delle trasformazioni tecnologiche dell’innovazione della formazione è evidentemente centrale”.
Fiom: garantire il diritto soggettivo alla formazione
Le conclusioni del secondo panel sono state affidate a Michele De Palma. “La formazione si fa in Leonardo, in Fincantieri, insomma in tutte le aziende che hanno alte marginalità e una concentrazione significativa di lavoratrici e lavoratori”, ha detto il segretario generale Fiom Cgil: “Il problema è che abbiamo tutto il resto delle aziende, che magari lavorano anche all'interno del perimetro dell’azienda grande, nelle quali il diritto soggettivo alla formazione non è garantito”.
La questione, allora, è “come quel diritto soggettivo diventa un esercizio collettivo, ossia come quel diritto soggettivo che noi abbiamo dentro il contratto diventa una leva da agire nei confronti delle imprese per esercitarlo collettivamente”. Considerato, allora, che “la nostra struttura industriale è fatta per il 95% di imprese di piccole e medie dimensioni, spetta allo sforzo dell'organizzazione sindacale portare il tema dell'esercizio del diritto soggettivo dentro quel sistema di imprese”.
Guardando al rinnovo del contratto nazionale (entro dicembre la Fiom presenterà la propria piattaforma, in vista della scadenza del ccnl che è fissata al 30 giugno 2024,), De Palma afferma che “se Federmeccanica considererà il tema della formazione come elemento centrale per l'innovazione del futuro, noi avremo il problema di estenderla a un sistema di imprese che, di fatto, oggi non vi accede”.
Il segretario generale Fiom, in conclusione, osserva che le aziende che non fanno formazione, seppur “nel pieno di una fase di transizione del nostro sistema industriale, quindi che non intervengono sulla propria organizzazione del lavoro, la propria capacità produttiva, l’innovazione di processo e di prodotto, non solo non riconoscono le competenze al lavoratore, ma lo condannano: il giorno in cui si decide che lo stabilimento è obsoleto, questo si porta dietro anche il lavoratore”.
I partecipanti all’iniziativa
La giornata ha previsto due panel. Il primo si è intitolato “Le 150 ore e l’inquadramento unico nella prospettiva storica”. Ha introdotto Tommaso Cerusici (Archivio storico Fiom nazionale), sono intervenuti Eloisa Betti (Università di Bologna), Pietro Causarano (Università di Firenze), Monica Dati (Università di Firenze), Edmondo Montali (Fondazione Di Vittorio), Andrea Ranieri (già dirigente Cgil) e Ilaria Romeo (Archivio storico Cgil nazionale).
Il secondo panel, chiamato “Diritto alla formazione, classificazione professionale e organizzazione del lavoro”, è stato introdotto da Francesco Sinopoli (presidente Fondazione Di Vittorio). A seguire gli interventi di Vincenzo Bavaro (Università di Bari), Silvia Ciucciovino (Università di Roma 3), Matteo Gaddi (Fondazione Claudio Sabattini), Francesca Re David (segretaria nazionale Cgil) e Mirco Rota (responsabile Ufficio sindacale Fiom nazionale). Conclude i lavori Michele De Palma (segretario generale Fiom Cgil).