Fine luglio dell’estate più torrida che le serie storiche abbiano mai registrato. Mentre in tanti si preparano alle ferie, migliaia di invisibili nei campi di tutto lo Stivale continuano a lavorare sotto a un sole insopportabile per pochi euro, spesso costretti in condizioni di vita indecenti.

Alloggi fatiscenti, igiene che non possiamo immaginare, ritmi da schiavi. Noi di qua a stappare le bottiglie di vino che allietano le nostre cene, o a preparare frutta e verdura, dimentichiamo la sofferenza e lo sfruttamento che si nasconde sempre più spesso dietro al prodotto finale che caratterizza la loro vita, di là.

Ci arriva sui lanci di agenzia per gli addetti ai lavori e via via che si allunga la filiera dell’informazione la notizia atterra sulle pagine dei giornali sempre più breve e sbiadita, un riflesso di quei blitz e di quelle indagini che pure spesso, all’inizio della stagione estiva, si intensificano. Il Paese si è indignato per la storia di Satnam Singh, come si indignò per la morte di Paola Clemente, ma sono stati solo attimi nella misurazione surreale del tempo mediatico, nel circo che tutto consuma e poi lascia che scorra fino al prossimo granello di notizia. 

In questo sistema di attenzione flebile e intermittente resta costante l’impegno della Flai Cgil, la federazione che difende, tra gli altri, i braccianti. Che proprio adesso, mentre mezza Italia è in coda sull’A1 per andare al mare o in montagna, ha spedito le sue donne e i suoi uomini sotto il solleone a cercare i migranti che raccolgono frutta e verdura per portare loro l’acqua e l’altra risorsa fondamentale, la consapevolezza dei diritti.

In un sistema di sfruttamento che si muove sull’ignoranza, la paura, la ricattabilità diventata principio cardine del circolo vizioso grazie alla legge Bossi-Fini – che ha resistito persino ai suoi firmatari tanto conviene a tutti - il sindacato che fu di Giuseppe Di Vittorio ogni giorno, anche a fine luglio, da Foggia a Cuneo, dalla Sicilia al Piemonte, gira per i campi con furgoni e scorte d’acqua, volantini tradotti e lo strumento più importante del mestiere, la parola, la capacità di comunicare solidarietà, assistenza, aiuto, di dare quello che spesso resta il messaggio più importante e rivoluzionario per le donne e gli uomini sfruttati dal caporalato: “Non siete soli, ci siamo noi qui con voi”.