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Sono tre giorni che alla Tecopress di Dosso, in provincia di Ferrara, lavoratrici e lavoratori incrociano le braccia contro l’intenzione dichiarata di licenziare 72 dipendenti, pari al 45% dell’intera forza lavoro. Nella fonderia che produce componentistica la metà degli addetti rischia di restare a casa. Sembra lontanissimo il 2012, quando questo sito industriale fu uno dei simboli della rinascita post sisma. La decisione dichiarata dall’azienda è una beffa dopo l’impegno comune per superare anche i danni subiti dopo le grandinate del 2023.
Per questo la prima giornata di sciopero, lunedì 29 gennaio, ha fatto registrare un’adesione del 100%, ma la proprietà è rimasta in silenzio, secondo quanto riportava ieri la nota unitaria firmata dalle segreterie provinciali di Fiom, Fim e Uilm e dalle Rsu.
“Respingiamo la dichiarazione dell’azienda – scrivono le sigle – e chiediamo di avviare il tavolo per discutere dell’apertura dei contratti di solidarietà per 24 mesi. Questo ammortizzatore sociale consentirebbe il tempo adeguato per gestire e ridurre l’impatto sociale provocato dalla crisi”.
I sindacati nel corso del presidio che si è tenuto davanti ai cancelli dello stabilimento hanno ribadito “l’importanza del Patto per il Lavoro della Regione Emilia Romagna, firmato dalle associazioni datoriali con la Regione e Cgil Cisl Uil, in cui si definisce che prima di ricorrere ai licenziamenti si debba far ricorso all’utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali disponibili. Tecopress deve aprire un percorso di ammortizzatori sociali idoneo alla gestione della crisi che sta attraversando. E questo percorso – hanno ripetuto i sindacati – si chiama ‘contratti di solidarietà’”.