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“Questo rapporto parla anche alle istituzioni e alla politica e ci conferma che la situazione non sta migliorando e che, quindi, occorre dedicare tutta l’attenzione possibile alla tutela e ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici agricoli. Non bisogna commettere il grave errore di pensare che siano realtà marginali semplicemente perché non si vedono e lavorano nelle retrovie, lontano dagli occhi. Sono essenziali, come ci hanno dimostrato durante il periodo del lockdown, e meritano di vivere dignitosamente e in libertà con il proprio lavoro”.
È così che Jean-René Bilongo, responsabile dell’Osservatorio Placido Rizzotto, ci racconta in anteprima il quinto rapporto “Agromafie e caporalato” che verrà presentato questa mattina (16 ottobre) al Teatro Ambra Jovinelli di Roma. Una ricerca biennale che torna a fare il punto sulle illegalità diffuse in agricoltura e sulle strade da percorrere per rendere uno dei settori più importanti della nostra economia libero dalla piaga dello sfruttamento. La legge 199 contro il caporalato ha ormai quattro anni. È una buona legge eppure non è bastata. Sul perché Bilongo ha le idee chiarissime.
“Quattro anni dopo l’entrata in vigore di quella legge vanno ancora potenziati alcuni dei suoi pilastri. La norma infatti viaggia su un doppio binario: prevenzione e repressione. Conosciamo tutti la parte repressiva attraverso la cronaca quotidiana che descrive arresti e violazioni scoperti dalle forze dell’ordine e sanzionati dall’autorità giudiziaria, ma è la parte preventiva che stenta a decollare. Un esempio su tutti è la rete agricola del lavoro di qualità. Ogni provincia avrebbe dovuto dotarsi di una sezione territoriale della rete con il compito di affrontare nodi irrisolti come quello dei trasporti, ciò non è avvenuto e, così sebbene la legge sia ottima, dobbiamo continuare a batterci per arrivare alla sua piena attuazione”.
Questa lotta va combattuta in tutto il Paese. E così si scopre ad esempio che è il Veneto una delle realtà territoriali dove il fenomeno è più forte. “Non lo si direbbe – commenta Bilongo - perché un’operazione mentale collega quasi istintivamente il fenomeno dello sfruttamento e del caporalato alle regioni del Mezzogiorno e così c’è chi si stupisce che nel ricco e avanzato Nord Est sia così radicato o che lo sia in Toscana. Invece c’è poco da meravigliarsi. Il caporalato investe tutto il Paese. E le agromafie ormai diffuse ovunque hanno il loro peso. D’altro canto quello agroalimentare è un settore in crescita e alla criminalità fa gola come abbiamo spiegato anche in altri rapporti o come quotidianamente denunciamo con le nostre attività sul territorio. Non è solo la contraffazione a essere redditizia per questo universo illegale ma la stessa gestione di ingenti masse di manodopera a basso costo”.
È qui che il rapporto incrocia anche i decreti Salvini recentemente modificati dal governo con una misura approvata dal Consiglio dei ministri lo scorso 5 ottobre. Contro quei decreti e per la regolarizzazione dei migranti la Cgil e la Flai si erano battute con forza. Ora il rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto fotografa le conseguenze delle misure volute dall’ex ministro degli Interni. “Drammatiche – le definisce Bilongo – perché i decreti Salvini non hanno fatto altro che ingolfare e spingere ai margini i migranti che venivano espulsi dai circuiti di accoglienza in seguito alla cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, uno degli errori più plateali e grossolani; molti di essi si sono riversati in agricoltura in cerca di occasioni di lavoro dovendosi però accontentare di vivere in condizioni disperate. Quei decreti hanno soffocato troppe speranze. Non dimenticheremo mai l’espressione feroce di Salvini che annunciava ‘la pacchia è finita’ mentre noi con il sindacato di strada incontravamo la sofferenza – quella sì infinita – dei ghetti e delle baraccopoli fino anche a farci carico delle vittime dovute ai roghi, agli incidenti sul lavoro o alle aggressioni razziste”.
Se ili superamento dei decreti Salvini era necessario, altrettanto lo è stata la regolarizzazione dei migranti, prosegue Bilongo: "È stata una scelta politica salutare. Certo, si poteva essere più coraggiosi, ma non si può buttare il bambino con l’acqua sporca. Elementi di criticità ci sono stati, proposte migliorative le abbiamo formulate. Purtroppo non sono state recepite. Sembra delineare un corso nuovo sul tema migranti. Dovremo certamente mirare a un traguardo: il superamento della Bossi-Fini, la fonte di troppe iniquità che costringe tanti a subire vessazioni, a partire dai contratti spuri.”
A proposito di ghetti il quinto rapporto su agromafie e caporalato dedica all’argomento un focus che racconta come si sono sviluppati nel corso degli ultimi trent’anni. Ma oggi questa realtà si misura con un’ulteriore emergenza, quella sanitaria. “Vanno superati con un’offerta diversa di accoglienza – spiega Bilongo - È un tema che investe la dignità delle persone e che oggi si confronta con ovvie questioni di salute pubblica. Con un particolare neanche troppo marginale, lavoratrici e lavoratori del settore agricolo hanno garantito e continuano a garantire in questa emergenza la sicurezza alimentare del Paese. È grazie al lavoro svolto nelle nostre campagne da donne e uomini provenienti da ogni dove che abbiamo cibo in tavola sempre. Dovremmo collocarli nel famoso pantheon degli eroi della pandemia e, invece, continuiamo a essere ingrati e a non riconoscere lo straordinario apporto dato da tanti. Tra l’altro in questo nostro rapporto il segretario generale dell’Effat - la European federation of food, agriculture and tourism trade unions - Kristjan Bragason si concentra molto proprio sugli aspetti della salute e della sicurezza di chi lavora in questo settore alla luce della pandemia e illustra una serie di iniziative e proposte europee in materia. Purtroppo sappiamo bene quello che avvenuto nei campi: molti hanno continuato a operare senza neppure avere dispositivi di protezione individuale”.