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Due giornate ricche, articolate e anche complesse quelle che attendono gli iscritti e le iscritte di Fisac nell’assemblea generale che la categoria ha programmato per il 17 e 18 gennaio a Roma, in vista dell’assemblea organizzativa della Cgil. Punto di arrivo delle discussioni fatte da tutte le strutture del sindacato delle assicurazioni e del credito in questi mesi sugli undici temi proposti, dal tesseramento alla formazione, dalla digitalizzazione alla trasparenza fino alla centralità delle Camere del lavoro. “Riflessioni che hanno avuto due importanti peculiarità – spiega il segretario generale Fisac Nino Baseotto –. Contestualizzare i punti generali, declinandoli con le specificità della categoria e poi arrivare a una sintesi in grado di offrire un contributo coerente ed efficace al dibattito”.
Segretario, quali sono i temi sul tavolo che rispecchiano maggiormente le particolarità la categoria?
Ce ne sono tanti. Ne cito uno per tutti, ma non perché sia il più importante: quello del proselitismo e del tesseramento. In questo campo abbiamo una peculiarità che non è riconducibile ad altre categorie. Da un lato il tasso di sindacalizzazione nei nostri settori è molto alto, gli iscritti ai sindacati rappresentano il 70-80 per cento dei lavoratori, cosa che non lascia grandi spazi per nuove iscrizioni, dall’altro il consolidamento della nostra forza è messo in discussione ed eroso dalla forte riduzione della base occupazionale. Questo ha innescato un fenomeno di concorrenza e competitività tra le sigle sindacali e ci induce a ragionare su come far diventare più attrattiva l’iscrizione alla Fisac. Ragionamento difficile da fare perché non basta a mio avviso promettere la gratuità della dichiarazione dei redditi, offerta che peraltro non ha mai portato grandi risultati.
Quali sono le criticità da affrontare nel 2022?
Come negli anni scorsi e nei prossimi, anche in questo 2022 dovremo affrontare l’impatto dei processi di ristrutturazione e riorganizzazione dei nostri settori, che portano a una drastica riduzione dell’occupazione. Un fenomeno silenzioso, che non ha fatto scalpore perché non ha pesato sulla fiscalità generale, non ha richiesto il ricorso agli ammortizzatori sociali grazie alla presenza di un fondo di solidarietà alimentato dalle banche. Migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici che sono andati in pensione, sono stati accompagnati alla pensione senza essere licenziati. L’incidenza della riduzione del personale è in percentuale più alta rispetto agli altri Paesi europei, noi abbiamo ridotto di più rispetto a Francia e Germania. Sebbene in questi anni abbiamo compensato con accordi che prevedevano l’assunzione di un giovane a fronte dell’uscita di due dipendenti, cosa che ha consentito l’ingresso di nuove energie e nuove competenze, dobbiamo fermare i tagli draconiani all’occupazione: di questo passo il settore non potrà reggere la competizione globale ed europea.
Qual è la sfida più grande per la categoria?
Quella del lavoro agile. I nostri settori sono degli avamposti dei processi di digitalizzazione. Anche al di là e dopo la pandemia, questi processi andranno contrattati. Se il sindacato non li governa e li lascia alla logica del mercato, perderà il suo potere negoziale rispetto all’organizzazione del lavoro, diventando un soggetto più debole su tutti i fronti, anche quello salariale.