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Il dialogo è avviato, ma per ora atti concreti non ce ne sono. Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp Uil hanno così confermato la manifestazione nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori somministrati proclamata per giovedì 23 settembre a Roma, con un presidio al ministero del Lavoro a partire dalle ore 10.30. A motivare la protesta, il rischio per gli addetti a tempo indeterminato con missione a termine di perdere il posto di lavoro a causa di una norma dello scorso anno, che precluderebbe la loro continuità occupazionale presso l’impresa utilizzatrice.
Nell’incontro che si è tenuto lunedì 20 settembre, a fronte della richiesta sindacale di cambiare la norma in oggetto il ministero ha espresso la volontà di andare in questa direzione, utilizzando i veicoli normativi in approvazione. “Ma in assenza – spiegano Nidil, Felsa e Uiltemp – di atti immediatamente efficaci e di impegni vincolanti, in considerazione della necessità di arrivare a una soluzione urgente, pur apprezzando la volontà abbiamo ritenuto di confermare la manifestazione nazionale”.
Il settore della somministrazione di lavoro impiega oggi oltre 500 mila persone: tra i dipendenti delle Agenzie per il lavoro, uno su cinque è assunto a tempo indeterminato. L’emergenza, più volte denunciata dai sindacati, è il risultato di una norma introdotta nel decreto “Agosto 2020”: a seguito della sua interpretazione testuale, si determina una durata massima di 24 mesi per le missioni a termine di tutti i lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato.
“Se non modificata, questa norma potrebbe comportare la cessazione delle missioni di 100 mila lavoratrici e lavoratori entro il prossimo 31 dicembre”, proseguono le tre categorie di Cgil, Cisl e Uil: “Le precedenti circolari del ministero del Lavoro non prevedevano limiti temporali alla somministrazione a tempo indeterminato, favorendo, correttamente, la continuità occupazionale”.
I sindacati, infine, evidenziano che “la legge impedisce di continuare a lavorare anche agli oltre 350 mila assunti con contratto di lavoro in somministrazione a tempo determinato. La conseguenza è un incentivo al turn over selvaggio su persone che lavorano da anni, senza prevedere in alcun modo percorsi di stabilizzazione da parte delle imprese”.