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Sciopero di otto ore venerdì 20 ottobre in tutto il gruppo, con manifestazione nazionale a Roma, presso la sede del governo a Palazzo Chigi. Questa la decisione presa dal Coordinamento nazionale di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil di Acciaierie d’Italia (ex Ilva), che si è tenuto lunedì 9 ottobre a Roma, sotto la sede del ministero delle Imprese.
I sindacati sollecitano anche un’audizione presso le Commissioni parlamentari Attività produttive di Camera e Senato, per richiedere la costituzione di “una commissione d’inchiesta che verifichi eventuali responsabilità sulla ‘mala gestio’ dell’azienda pubblica-privata” e “un’analisi approfondita, con esperti, per la verifica dei bilanci e l’uso delle finanze”.
Lunedì 16 ottobre, inoltre, si terranno iniziative presso le prefetture di tutte le province interessate dai siti produttivi di Acciaierie d’Italia, al fine d’incontrare i prefetti e le autorità locali competenti per “denunciare i gravi problemi di salute e sicurezza presenti nei siti e sollecitare il governo ad assumere le decisioni indicate dalle organizzazioni sindacali”.
Il comunicato finale
I metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil scrivono che “le gravi criticità e i problemi irrisolti dal management di Acciaierie d’Italia continuano a essere le motivazioni delle iniziative di mobilitazioni, denunce, sollecitazioni, appelli e richieste d’intervento alle istituzioni e ai governi”.
Per Fiom, Fim e Uilm è “inconcepibile e inaccettabile che, a distanza di dieci anni dallo scoppio della vertenza dell’ex Ilva, la stessa non sia stata ancora risolta: il più grande gruppo siderurgico italiano, da cui dipendono l’economia di diversi territori italiani, il destino di oltre 20 mila lavoratori e la fornitura di un prodotto essenziale per l’industria manufatturiera italiana, versa in condizioni critiche e gravi sotto l’aspetto industriale e occupazionale”.
I sindacati rilevano che “la reale condizione e lo stato di declino del gruppo ex Ilva è ormai cosa risaputa: la maggior parte degli impianti sono fermi o a marcia ridotta, i luoghi di lavoro sono insicuri, la situazione debitoria è insostenibile, la cassa integrazione viene utilizzata per la riduzione dei costi e i livelli produttivi e l’ambientalizzazione sono estremamente distanti dagli obiettivi previsti dall’accordo del 2018. Questa è la ‘reale’ fotografia che smentisce la ‘falsa’ narrazione del management di Acciaierie d’Italia emersa - in ultimo - durante lo Steel Committment”.
Riguardo il governo, le tre sigle evidenziano che all’esecutivo “è stata avanzata, fin dal suo insediamento, la richiesta di intervenire e definire una diversa governance con il passaggio in maggioranza dello Stato (passaggio ipotizzato dall’attuale ministro delle Imprese nell’ultimo anno), di realizzare il previsto piano industriale e ambientale del 2018 e il riavvio di Afo5, di non prevedere uso di ammortizzatori sociali, di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro in tutti i siti”.
Nell’incontro del 27 settembre scorso presso la presidenza del Consiglio dei ministri “siamo stati informati di un’ennesima trattativa in corso tra governo e ArcelorMittal per stabilire dei nuovi patti parasociali”. I sindacati “respingono quest’ennesimo tentativo di escludere il sindacato e la rappresentanza dei lavoratori” e ribadiscono che “se si vuole dare un futuro all’ex Ilva e salvare migliaia di posti di lavoro, salvare l’ambiente e continuare a creare ricchezza per tanti territori interessati, la scelta obbligata è quella di un immediato cambio di governance e di gestione dell’intero gruppo e realizzare il piano industriale e ambientale”.
Fiom Cgil, governo e azienda irresponsabili
“Siamo qui oggi per ottenere quello che finora ci è stato negato: negato dalla proprietà e negato dalle istituzioni. Noi abbiamo fatto un accordo nel 2018, di cui sono inadempienti la proprietà e lo Stato”, ha detto il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma, intervenendo al Coordinamento nazionale.
“Oggi il rischio di cui hanno responsabilità il governo, il commissario e la proprietà, è che l’assenza di manutenzione ordinaria e straordinaria non soltanto mette a rischio le condizioni ambientali ma anche, in tutti gli impianti, l’occupazione, la salute e la sicurezza dei lavoratori”, ha proseguito il leader sindacale.
‘‘Siamo qui oggi – ha aggiunto – non solo per rivendicare il piano industriale di cui abbiamo la necessità per raggiungere gli obiettivi che erano stati individuati in termini di produzione d’acciaio, ma anche per affrontare tutto il tema della transizione ecologica e per garantire i livelli occupazionali, a partire dal mettere in sicurezza persone e impianti’”.
De Palma ha così proseguito: “Governo e azienda sono degli irresponsabili perché nell’ex Ilva sono state messe moltissime risorse pubbliche. E lo sono perché non si stanno assumendo la responsabilità del fatto che abbiamo la più grande acciaieria di Europa, e sentir dire che in questi quattro anni le cose sono andate meglio degli anni precedenti, vuol dire assistere a una specie di teatro dell’assurdo cui partecipa purtroppo anche il governo”.
Serve dunque, ha concluso De Palma, “aprire una trattativa vera anche perché deve essere chiaro al governo che Fiom, Fim e Uilm non hanno intenzione di negoziare dopo che hanno fatto accordi fra di loro: noi vogliamo negoziare a partire da oggi, prima che si avvii il negoziato, per mettere in sicurezza gli impianti e le persone”.
Cgil, nostre richieste ancora disattese
“La vertenza di Acciaierie d’Italia (ex-Ilva) è emblematica di come il governo non si curi delle politiche industriali”, dichiara Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil: “Dopo la recente convocazione a Palazzo Chigi permangono ancora le annose problematiche di assenza di investimenti, sicurezza degli impianti, manutenzione e tutela ambientale. Ciò non è accettabile ed è necessario un intervento dello Stato a tutela dei lavoratori e di una produzione strategica come quella dell’acciaio, materiale indispensabile ai numerosi settori produttivi del nostro Paese”.
Per l’esponente Cgil, le richieste sindacali “che arrivano da tutti i territori in cui opera Acciaierie d’Italia sono ancora disattese: chiediamo che si ascoltino le istanze dei territori e delle categorie che rappresentano i lavoratori di Acciaierie d’Italia, e che sono in coordinamento unitario sotto il ministero delle Imprese”.
Gesmundo evidenzia che “la programmazione non è più rinviabile. Il governo faccia pace con se stesso e la smetta con i conflitti interni e le divergenze strategiche se vuole sostenere davvero l’industria italiana e i lavoratori siderurgici”. Per il segretario confederale “occorre partire dall’intervento in prima persona dello Stato per risolvere una vertenza che rischia di deflagrare”.
Quanto alla manifestazione di lunedì 9 ottobre a Taranto, organizzata dalle imprese dell'indotto, “chiediamo alle aziende che i comportamenti siano sempre coerenti a sostegno del buon lavoro e del futuro del siderurgico e non siano invece determinati solo dalle situazioni di amore e odio nei confronti di Acciaierie Italia che, come denunciano la Fiom e la Cgil di Taranto, danno l’impressione di voler strumentalizzare le condizioni di disagio e i lavoratori stessi”.