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La strada dei 40 licenziamenti sembra ormai senza ritorno. Per oggi (mercoledì 11 settembre) è previsto un nuovo vertice ad Arzignano (Vicenza) tra Marelli Motori e Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, ma la decisione del management appare irreversibile. L’azienda metalmeccanica, specializzata nella progettazione e produzione di motori elettrici e generatori, di proprietà dal 2013 del fondo americano di private equity Carlyle, nel maggio scorso è stata acquistata dalla holding d’investimento inglese Langley.
La Marelli Motori ha 128 anni di storia e due stabilimenti: quello storico di Arzignano (526 addetti), mentre il secondo è stato aperto nel 2014 a Shah Alam, in Malesia. La società ha chiuso il 2017 con 149,1 milioni di fatturato, 7 milioni di ebidta (ossia il margine operativo lordo) e 8,8 milioni di perdita. A fine luglio la nuova proprietà ha comunicato l’intenzione di procedere a 40 allontanamenti, che si dovrebbero concentrare soprattutto tra gli impiegati, avviando la procedura lunedì 26 agosto scorso. L’attuale procedura per la mobilità segue a distanza di un anno quella del 2018, che ha visto l’allontanamento di un centinaio di dipendenti.
“Al momento non c'è un piano industriale: il nostro timore è che dopo i tagli di 100 posti l’anno scorso e adesso di altri 40, si vada incontro a ulteriori sacrifici futuri”, spiega il segretario generale della Fiom Cgil di Vicenza Morgan Prebianca. Ritornando all’ultimo incontro con la proprietà, risalente al 2 settembre scorso, l’esponente sindacale sottolinea che “la Marelli Motori ci ha consegnato un programma di quattro pagine sulle attività previste per il prossimo anno. Un testo assolutamente non soddisfacente: non si parla di investimenti, e restano molti interrogativi sulle produzioni da potenziare. Infine si confermano i 40 licenziamenti, tutti ad Arzignano”.
L’azienda, inoltre, avrebbe dichiarato di voler accelerare la procedura di licenziamento collettivo, limitando a un solo mese il tempo per trovare un accordo sulla gestione degli esuberi, riservandosi poi di procedere di propria iniziativa. Una forzatura che i sindacati giudicano inaccettabile. “Non si può acquisire un’azienda e per prima cosa pensare a licenziare”, conclude Prebianca: “Un’azienda storica peraltro, che ha dato e sta dando tanto al territorio. È assolutamente necessario un piano industriale concreto che rilanci l’impresa e rimetta in moto la produzione”.